Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-03-2011) 27-04-2011, n. 16441

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Brescia confermava la sentenza emessa il 17 novembre 2008 dal Tribunale di Brescia e con la quale F.A. veniva condannato per il reato di cui alla L. n. 157 del 1992, art. 30, lett. b) per l’abbattimento di alcuni volatili appartenenti a specie particolarmente protette.

Avverso tale decisione il F. proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo di ricorso, deduceva la violazione della L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. b) asserendo che i fatti contestatigli avrebbero dovuto essere inquadrati nell’ipotesi contravvenzionale di cui alla lett. h) della richiamata disposizione.

Osservava, a tale proposito, che erroneamente la Corte territoriale ed il giudice di prime cure avevano ritenuto che gli animali cacciati rientrassero tra le specie particolarmente protette a rischio di sopravvivenza e di estinzione e menzionate dalla L. n. 157 del 1992, art. 2. Ciò in quanto tutte le specie richiamate dall’allegato 2 della Convenzione di Berna sarebbero ritenute oggetto di particolare tutela perchè minacciate di estinzione mentre, a suo dire, il predetto allegato contemplava invero specie soggette a specifica tutela ma non per il rischio di estinzione quanto, piuttosto, per la loro maggiore vulnerabilità, tanto è vero che le disposizioni della menzionata Convenzione prevedono la possibilità di forme particolare di prelievo della fauna, circostanza, questa, ritenuta incompatibile con il paventato rischio di estinzione.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. b) sanziona, con pena alternativa, l’abbattimento la cattura e la detenzione di mammiferi ed uccelli appartenenti alle specie particolarmente protette dettagliatamente elencate nell’art. 2.

Tale ultima disposizione, che individua l’oggetto della tutela assicurato dalla legge alla fauna selvatica, della quale fanno parte le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale, elenca alcune specie ritenute meritevoli, anche sotto il profilo sanzionatorio, di particolare protezione (art. 2, comma 1, lett. a) e b)).

Oltre all’elencazione specifica delle singole specie, la disposizione in esame indica, tra le specie particolarmente protette, alla lett. c), tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione.

Tra le convenzioni internazionali rientra la Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa del 19 settembre 1979, detta anche Convenzione di Berna, ratificata dall’Italia con la L. 5 agosto 1981, n. 503.

La convenzione, come specificato nell’art. 1, ha per scopo quello di assicurare la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali con particolare attenzione alle specie, comprese quelle migratrici, minacciate di estinzione e vulnerabili.

L’art. 6 impegna le parti contraenti ad adottare specifiche disposizioni normative finalizzate alla salvaguardia delle specie indicate nell’Allegato 2 (specie di fauna rigorosamente protette) prevedendo specifici divieti puntualmente enumerati tra i quali, alla lett. a), quello relativo a qualsiasi forma di cattura intenzionale, di detenzione e di uccisione intenzionale.

Analogamente, l’art. 7 prevede l’adozione di opportuni presidi normativi per la protezione delle specie di fauna selvatica enumerate nell’Allegato 3 (specie di fauna protette) con specifica indicazione, al comma 2, di una necessaria regolamentazione di qualsiasi sfruttamento di tali specie in modo da non comprometterne la sopravvivenza, nonchè di altre specifiche misure al comma terzo.

L’art. 9 stabilisce, a determinate condizioni, la possibilità di deroga ad alcune disposizioni, ivi comprese quelle indicate nei menzionati artt. 6 e 7, nonchè al divieto di ricorso a mezzi non selettivi di cattura e di uccisione di cui tratta l’art. 8.

Lo scopo dichiarato della menzionata Convenzione è, dunque, quello della conservazione della flora e della fauna, come chiaramente indicato anche nelle disposizioni generali, ove il riferimento alla particolare attenzione che gli Stati contraenti dovranno dedicare alle specie minacciate di estinzione e vulnerabili costituisce una indicazione generica, volta a richiamare l’attenzione sulle specifiche esigenze di tutela delle specie maggiormente esposte a tale rischio.

E’ infatti di tutta evidenza che se la convenzione ha come finalità specifica quella della conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali, è implicito l’intento di scongiurarne l’estinzione.

Tale esigenza risulta particolarmente avvertita con riferimento alle specie indicate negli allegati 2 e 3, che assicurano differenti livelli di protezione ad esemplari specificamente indicati.

Del resto, la stessa relazione illustrativa che accompagna la Convenzione evidenzia la necessità di predisporre un testo che tenga conto della diversa densità di presenza delle singole specie nei diversi paesi d’Europa fornendo, nel contempo, un valido strumento per un’azione congiunta che consenta, nel perseguimento si uno scopo comune, una certa flessibilità d’azione.

Con specifico riferimento alle specie indicate nell’Allegato 2, la menzionata relazione illustrativa evidenzia (punto 76) che si tratta di un elenco redatto tenendo conto delle liste di mammiferi, uccelli, anfibi e rettili minacciati di estinzione in Europa redatto dal Comitato Europeo per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali ed oggetto di varie risoluzioni adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa: Risoluzione (77) 7 sulla tutela dei mammiferi minacciati in Europa; Risoluzione (73) 31 sugli uccelli che necessitano di protezione speciale in Europa; Risoluzione (78) 22 sugli anfibi e rettili minacciati in Europa.

L’inserimento di altre specie nell’Allegato 3 è, invece, giustificata dalla necessità di assicurarne la protezione prevedendo una possibilità di sfruttamento quando il livello di popolamento in una determinata zona lo consente.

Va poi osservato che l’esigenza di scongiurare il rischio di estinzione delle specie menzionate dalla Convenzione non si pone in contraddizione con la previsione delle deroghe indicate dall’art. 9 della Convenzione medesima.

Invero, lo stesso articolo specifica che le deroghe sono consentite esclusivamente nel caso in cui non vi siano altre alternative e a condizione che la deroga non sia dannosa per la sopravvivenza delle specie.

E’ inoltre chiaramente precisato che le deroghe possono essere adottate esclusivamente nell’interesse della protezione della flora e della fauna; per prevenire importanti danni a colture, bestiame, zone boschive, riserve di pesca, acque ed altre forme di proprietà;

nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica, della sicurezza aerea o di altri interessi pubblici prioritari; per fini di ricerca e educativi, per il ripopolamento, per la reintroduzione e per il necessario allevamento; per consentire, sotto stretto controllo, su base selettiva ed entro limiti precisati, la cattura, la detenzione o altro sfruttamento giudizioso di taluni animali e piante selvatiche in pochi esemplari.

Si tratta, pertanto, di evenienze particolari rigorosamente disciplinate che non contrastano con le esigenze di tutela e conservazione di cui all’art. 2 come specificato anche nella già citata relazione illustrativa (punto 40).

Alla luce delle considerazioni sopra esposte deve dunque affermarsi il principio secondo il quale l’abbattimento di fauna appartenente alle specie elencate nell’Allegato 2 della Convenzione di Berna del 19 settembre 1979, relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, ratificata dall’Italia con la L. 5 agosto 1981, n. 503, configura il reato di cui alla L. 157 del 1992, art. 30, lett. b), in quanto trattasi di esemplari rientranti tra le specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione menzionate dalla L. n. 157 del 1992, art. 2, comma 1, lett. c).

Va peraltro aggiunto che già in precedenza questa Corte, trattando un’ipotesi di attività di caccia in deroga alla disciplina nazionale e comunitaria, ha ritenuto configurabile la violazione della L. n. 157 del 1992, art. 30, lett. b) per l’abbattimento di un esemplare di frosone in quanto rientrante tra le specie incluse nel menzionato Allegato 2 della Convenzione di Berna (Sez. 3 n. 23931, 22 giugno 2010).

Da ciò consegue che deve riconoscersi la correttezza delle conclusioni cui e giunta la Corte territoriale nella decisione impugnata col riconoscere la valuta de 1 opzione ermeneutica operata dal primo giudice e concernente l’applicabilità, nella fattispecie, della sanzione prevista dalla L. n. 157 del 1992, art. 30, comma 1, lett. b) per essere il pettirosso, la passera scopaiola e la capinera contemplati dall’Allegato 2 della Convenzione di Berna e, pertanto, da considerarsi a rischio di estinzione.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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