Cons. Stato Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2463 Amministrazioni autonome

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con la deliberazione n. 248 del 29 dicembre 2004, l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas ha modificato la precedente delibera n. 195 del 2002, riguardante il meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale ai clienti finali del mercato vincolato.

In particolare, l’Autorità:

– con riferimento alla componente della materia prima, ha reso obbligatoria (art. 1.2.) l’introduzione nei contratti di compravendita al dettaglio di una "clausola di salvaguardia’, che limita al 75% l’aumento dei prezzi, qualora il costo dei prodotti petroliferi superi una soglia di riferimento (2035 dollari al barile, calcolato secondo il prezzo del Brent);

– ha stabilito che tale meccanismo di applichi anche ai contratti di compravendita all’ingrosso del gas che non prevedano clausole di aggiornamento o di revisione prezzi in caso di modifica della disciplina di aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura;

– con effetto dal 1° ottobre 2005, ha disposto la revisione del corrispettivo variabile relativo alla commercializzazione all’ingrosso, con aggiornamento delle condizioni economiche di fornitura del gas naturale per il trimestre gennaiomarzo 2005.

2. Col ricorso di primo grado, proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, la società W. s.a. ha impugnato il provvedimento dell’Autorità, di cui ha chiesto l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere.

Con la sentenza n. 3726 del 2005, il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso ed ha annullato l’atto impugnato per insussistenza del potere esercitato dalla Autorità, nonché per carenza di istruttoria del procedimento amministrativo.

Il giudice ha respinto la domanda di risarcimento dei danni ed ha compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

3. Con l’appello n. 171 del 2006, l’Autorità ha appellato la sentenza ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia respinto, perché infondato.

Nessuna delle parti intimate si è costituita in questo giudizio di appello.

4. All’udienza del 1° marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità della deliberazione n. 248 del 29 dicembre 2004, con cui l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas ha modificato il meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale, già disciplinato con la propria precedente delibera 29 novembre 2002, n. 195.

Con la sentenza impugnata, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha accolto il ricorso di primo grado, proposto dalla società qui appellata (che rivende il gas naturale a clienti intermedi quali imprese di vendita, che poi riforniscono tra l’altro i clienti finali con consumi ridotti "civili’), ed ha annullato la delibera per insussistenza del potere esercitato dalla Autorità, nonché per carenza di istruttoria.

6. Col primo motivo, l’Autorità deduce che – contrariamente a quanto rilevato dal primo giudice – sussiste il suo potere di regolare le attività liberalizzate dall’art. 1, lettera a) del comma 2, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (e, dunque, la domanda nel settore della vendita del gas naturale), per realizzare la finalità di tutelare l’utenza nella fase di transizione.

Per la comprensione di tale censura, va premesso che:

– il decretolegge 2 settembre 2002, n. 193, convertito dalla legge 23 ottobre 2002, n. 238, ha disposto la revisione del meccanismo di indicizzazione delle tariffe per la fornitura del gas naturale ai clienti finali del mercato vincolato, al fine di evitare che il passaggio al mercato libero, prevista dal 1° gennaio 2003, determinasse spinte inflazionistiche;

– l’Autorità ha stabilito che le condizioni di fornitura – praticate dagli esercenti ai clienti finali alla data del 31 dicembre 2002 – continuassero a trovare applicazione fino all’accettazione di una nuova offerta contrattuale da parte dei clienti finali (con la delibera n. 207 del 2002) ed ha ridefinito i criteri che gli esercenti avrebbero dovuto conseguentemente applicare per la determinazione delle condizioni economiche di fornitura (con la delibera n. 138 del 2003);

– la legge n. 239 del 2004 ha liberalizzato le attività previste dall’art. 1, comma 2, lett. a) e, in particolare, l’attività di vendita del gas (così consentendo l’attività di commercializzazione del gas all’ingrosso e di vendita agli utenti finali anche a imprese che – in passato – non potevano svolgerla per la mancata disponibilità di reti di trasporto e di distribuzione);

– dopo tale entrata in vigore, l’Autorità – rilevati l’andamento del mercato internazionale del gas e al fine di evitare indebite sovraremunerazioni in danno dei consumatori e a favore delle imprese che si approvvigionano del gas all’estero – ha istituito un meccanismo che comporta la traslazione del costo aggiuntivo della materia prima sugli operatori "a montè del segmento di mercato (in base all’andamento dei prezzi dei prodotti petroliferi), per evitare che sui clienti finali gravino costi in realtà non sopportati dal grossista (così agevolando il contenimento dell’incremento delle tariffe applicabili all’utenza);

– con la gravata sentenza, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che i poteri di regolazione, ancora sussistenti dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 e della legge 238 del 2002, sono stati soppressi dalla legge n. 239 del 2004 in relazione alle attività liberalizzate.

7. Ciò premesso, ritiene la Sezione che le doglianze dell’appellante Autorità siano fondate e vadano accolte, similmente a come già ritenuto da questa Sezione (decisione 5 giugno 2006, n. 3352) su un ricorso della stessa Autorità vertente sulla medesima delibera n. 248 del 29 dicembre 2004 e riguardante le medesime questioni di diritto.

L’Autorità è titolare di poteri di regolazione anche nei settori liberalizzati, affinché siano salvaguardate le dinamiche concorrenziali, a tutela dell’utenza.

Infatti, la liberalizzazione di un mercato non comporta automaticamente il passaggio ad una situazione di concorrenza, la cui promozione rientra tra le competenze dell’Autorità, fin quando essa ritenga che il mercato non sia idoneo alla formazione corretta dei prezzi in una reale competizione.

I poteri di regolazione finalizzati a favorire la concorrenza:

– sono stati previsti dalla generale legge 14 novembre 1995, n. 481;

– nel settore in questione, sono stati ribaditi dall’art. 28, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;

– consentono all’Autorità di regolare ogni segmento della filiera delle attività dei settori energetici;

– possono essere esercitati indipendentemente dal regime giuridico che caratterizza tali attività e anche quando esse siano liberalizzate;

– non coincidono con quelli tariffari, poiché comprendono anche il potere di determinare i comportamenti tali da consentire un’effettiva concorrenza (col conseguente contenimento dei prezzi), a tutela degli utenti e dei consumatori.

Contrariamente a quanto ha ritenuto la sentenza appellata, i poteri regolatori attribuiti all’Autorità – desumibili dalla legge n. 481 del 1995 e dal decreto legislativo n. 164 del 2000 – non sono stati "implicitamentè incisi, in senso riduttivo, dall’art. 1, comma 2, della legge n. 239 del 2004.

Una normativa di liberalizzazione non è di per sé incompatibile con quella previgente di carattere generale che miri a salvaguardare la concorrenza e gli interessi dell’utenza.

Anzi, proprio nella fase iniziale del processo complessivo di liberalizzazione è consono al sistema che l’Autorità vigili sull’andamento del mercato e indichi ex ante quali siano le regole in assenza delle quali possano verificarsi (o aggravarsi) effetti distorsivi.

In altri termini, la volontà legislativa di liberalizzare un settore:

– non consente di considerare tacitamente abrogate per incompatibilità le leggi finalizzate alla salvaguardia della dinamica concorrenziale (tanto più che, nella specie, i poteri di regolazione soano stati previsti da una legge di attuazione di una direttiva comunitaria, il decreto legislativo n. 164 del 2000);

– al contrario, implica il potere dell’Autorità di disporre le misure volte a favorire l’affermazione di un mercato caratterizzato da effettiva concorrenza, anche nell’interesse dell’utenza, non solo con azioni repressive, ma anche imponendo comportamenti volti a rimuovere o prevenire effetti distorsivi.

Dallo stesso testo dell’art. 1, comma 2, della legge n. 239 del 2004, del resto, non emergono elementi tali da indurre a ritenere tacitamente o implicitamente abrogati i poteri in precedenza attribuiti all’Autorità.

Il comma 2 ha previsto che:

– "sono libere…, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente’, "le attività di produzione, importazione, esportazione, stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di energià (lett. a);

– sono attività "di interesse pubblicò quelle di trasporto e di dispacciamento del gas naturale a rete e la gestione di infrastrutture di approvvigionamento di energia (lett. b);

– sono "servizi pubblici’, soggetti a concessione, la distribuzione a rete del gas naturale, l’esplorazione, la coltivazione e lo stoccaggio sotterraneo di idrocarburi (lett. c).

Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza appellata, le previsioni dell’art. 1, comma 2 – oltre a non aver abrogato la precedente legge sui poteri di regolazione dell’Autorità – non hanno neppure inciso sull’ambito di applicabilità dei successivi commi 11 e 12 dello stesso art. 1, che hanno ribadito la loro sussistenza in relazione ai servizi "di pubblica utilità’.

Con tale espressione (corrispondente a quelle adoperate nel titolo e nel testo della legge n. 481 del 1995), la legge si riferisce ad ogni attività che interessi gli utenti e i consumatori, poco importando se svolta in base ad un titolo abilitativo o se liberalizzata.

Va pertanto riformato il capo della sentenza che ravvisa l’insussistenza del potere dell’Autorità di disporre le misure di regolazione di un’attività liberalizzata.

8.Con le restanti censure, l’Autorità ha contestato la statuizione con cui il Tribunale amministrativo ha ritenuto che l’atto impugnato sarebbe affetto da eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Ad avviso del primo giudice, l’Autorità (dopo che con la delibera n. 188 del 2004 aveva chiesto agli operatori gli elementi conoscitivi in ordine ai contratti da loro stipulati, per acquisire elementi per valutare le modalità di aggiornamento della componente materia prima) ha illegittimamente tenuto conto delle risposte di soli trenta operatori (e di una "campionatura di mercato inferiore a quella da essa ritenuta necessaria’), alcune delle quali contenenti solo elementi descrittivi, giungendo all’irragionevole conclusione (che ha determinato le contestate misure) secondo cui gli "operatori più efficientì seguono la prassi di prevedere – nei propri contratti – clausole di salvaguardia che limitino l’incidenza dell’aumento dei prodotti petroliferi, qualora l’aumento non rientri in un intervallo predeterminato.

Ad avviso del Tribunale amministrativo, inoltre, il vizio sarebbe altresì evidenziato dal fatto che l’Autorità – procedendo quando l’anno termico era già cominciato e quando già si era verificato l’aumento dei prezzi – si era riservata di riesaminare successivamente le questioni (per esonerare singoli operatori dall’applicazione delle contestate misure) e non è stato sanato da successivi accertamenti, perché altrimenti vi sarebbe "un inammissibile tentativo di motivazione postuma’.

9. Ritiene la Sezione che sono fondate le censure secondo cui non sussistono i lamentati profili di eccesso di potere.

La valutazione della rilevanza della "clausola di salvaguardià rientra nell’ambito dei poteri tecnicodiscrezionali dell’Autorità, che ha motivatamente evidenziato come l’efficienza del settore – con benefici per l’utenza – sia incentivata dall’introduzione obbligatoria nella contrattualistica della "clausola di salvaguardia’.

Le conclusioni sulla esistenza e sulla rilevanza di tale prassi sono adeguatamente basate sull’indagine preliminare (che ha dato luogo al "documento per la consultazionè del 30 novembre 2004) e sulla documentazione acquisita a seguito della consentita partecipazione (e in base alla quale è stata anche redatta la relazione tecnica di accompagnamento).

In particolare, il "documento per la consultazionè aveva già analiticamente rappresentato le circostanze del mercato, considerate rilevanti dall’Autorità per l’ipotesi di introduzione della clausola di salvaguardia, sottoposta alle osservazioni degli operatori.

Non rileva, sotto tale aspetto, che non tutti gli operatori del settore abbiano collaborato con l’Autorità: la mancata trasmissione dei loro contratti (di per sé valutabile per corroborare la sussistenza della prassi o quanto meno per considerare corretta l’analisi del mercato) non ha paralizzato l’esercizio dei poteri di regolazione.

Neppure risultano sussistenti i dedotti profili di inadeguata istruttoria e contraddittorietà, secondo cui l’Autorità avrebbe dapprima attribuito "grande rilievo all’acquisizione delle informazioni e dei documenti richiestì con la delibera n. 188 del 2004 e poi si sarebbe basata su un numero limitato di informazioni e di documenti.

Infatti, la delibera n. 248 del 2004 ha individuato le realtà del mercato non ex novo e in base ai soli elementi acquisiti in esecuzione della precedente delibera n. 188, ma sulla base di una valutazione articolata e unitaria degli accertamenti posti a base del "documento di consultazionè e di quelli in seguito acquisiti (che hanno corroborato quanto già in precedenza era stato posto a base della richiesta istruttoria).

Contrariamente a quanto ha rilevato l’appellata, l’attivazione di procedimenti sanzionatori – nei confronti delle società inottemperanti alla richiesta istruttoria – non porta a ritenere che le informazioni non rese fossero essenziali per il compiuto esame finale dell’Autorità.

Infatti, l’attivazione è di per sé irrilevante per le questioni controverse in questa sede, nel senso che i procedimenti sanzionatori si giustificano in ragione della stessa inottemperanza e non vanno qualificati come elementi tali da far ravvisare la indefettibilità delle medesime informazioni.

Inoltre, con riferimento all’attività successiva all’emanazione della delibera n. 248 del 2004:

– le ulteriori indagini, di cui si è dato l’esito nel corso del giudizio, non hanno comportato una motivazione ex post dell’atto e non incidono sulla valutazione della sua legittimità (anche se è significativo come esse abbiano rimarcato l’effettiva sussistenza della prassi, già in precedenza riscontrata quale presupposto di fatto per l’esercizio del potere di regolazione);

– la riserva di un eventuale riesame delle questioni non ha indebolito la motivazione dell’atto, poiché il riesame è stato subordinato all’eventuale e documentata prospettazione – da parte degli operatori – di circostanze sopravvenute, tali da far apparire opportuna una riconsiderazione del caso.

Quanto all’incidenza delle condizioni contrattuali ad anno termico avviato, risulta ragionevole la determinazione dell’Autorità di disporre senz’altro l’applicabilità delle misure, sia perché nel segmento all’ingrosso del mercato si è anche diffusa una prassi di concludere i contratti di approvviggionamento con decorrenze differenziate (non coincidenti con la decorrenza dell’anno termico), sia perché in tal modo, con la rapidità coerente con le esigenze di tutela dei consumatori, sono state introdotte – con decorrenza dal successivo anno solare – regole di comportamento volte a evitare immediatamente ulteriori sovraremunerazioni rispetto a costi effettivamente non sopportati (e cioè finalizzate ad evitare ulteriori conseguenze degli effetti distorsivi già verificatisi).

10. Per le ragioni che precedono, l’appello dell’Autorità è fondato e va accolto e, in ragione della infondatezza delle censure originarie, il ricorso di primo grado va respinto.

Sussistono giusti motivi, per la complessità delle questioni di diritto trattate, per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 171 del 2006, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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