T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 27-04-2011, n. 2364 Silenzio della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente si è avvalso delle facoltà di cui all’art. 1 ter del d.l. n°78 dell’1.7.2009, introdotto dalla legge di conversione n°102/2009 e, per l’effetto, in data 27.8.2010 ha sottoscritto un contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

In pari data ha inoltrato richiesta di rilascio del permesso di soggiorno, confermando la suddetta istanza presso gli uffici della Questura di Napoli, dove, in data 13.9.2010, veniva sottoposto al rilievo delle impronte digitali.

Ciò nondimeno, la Questura di Napoli non riscontrava la predetta istanza né assumeva determinazioni a seguito della notifica, in data 18 novembre 2010, di un atto di diffida, con la quale il ricorrente invitava il predetto organo a concludere il procedimento.

A fronte della perdurante inerzia dell’Amministrazione adita, il ricorrente ha azionato il rimedio oggi disciplinato dall’art. 117 del d. lgs. 104/2010, all’uopo deducendo:

1) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n°241/1990, nella parte in cui fa carico alla Pubblica Amministrazione di concludere un procedimento amministrativo iniziato in seguito ad un’istanza con l’adozione di un provvedimento espresso.

2) la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 comma IX del d. lgs. 286/1998, nonché difetto di istruttoria, disparità di trattamento, violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa.

L’Amministrazione intimata, in vista dell’udienza di discussione, ha depositato, in data 5.4.2011, una nota interlocutoria, nella quale si evidenzia che l’istanza de qua è tuttora in fase istruttoria.

Segnatamente, la Questura di Napoli rappresenta che l’emersione di precedenti di polizia per i reati di cui agli artt. 474, 648 c.p. e 171 ter della legge n°633/1941 ha reso necessario verificare se il procedimento penale pendente a carico del ricorrente (presso il Tribunale di Salerno) si era, nel frattempo, concluso e con quale esito.

All’udienza del 6.4.2011, non opponendosi la difesa di parte ricorrente, cui comunque veniva assicurata la possibilità di controdedurre, il ricorso veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di quanto di seguito indicato.

Com’è noto, in virtù di consolidati orientamenti giurisprudenziali, i cui principi di fondo risultano oggi recepiti a livello normativo, la tutela generale di legittimità azionabile dinanzi al Giudice amministrativo non risulta circoscritta alla verifica della rispondenza degli atti adottati dalle Autorità amministrative agli schemi provvedimentale tipici enucleabili nel sistema normativo, ma si estende anche alla cognizione delle ipotesi di inerzia serbata dall’Amministrazione che non esercita la funzione attribuitale in vista del perseguimento di finalità di interesse pubblico.

Ciò, peraltro, in piena aderenza al principio di rango costituzionale ( artt. 103, 113 Cost.) della pienezza della tutela giurisdizionale degli interessi legittimi.

Invero, l’Amministrazione, in via tendenziale, non è legittimata a decidere liberamente l’an della sua azione, atteso che il riconoscimento di una potestas agendi è direttamente correlato alla funzione strumentale del potere medesimo rispetto alla cura dell’interesse pubblico, la cui rilevanza sul piano dell’ordinamento generale rende doverosa l’azione amministrativa.

Tanto premesso, appare evidente come non ogni atteggiamento omissivo può essere sottoposto al giudizio delibativo del Giudice Amministrativo, ma solo quelli che, interferendo con posizioni legittimanti dei privati, recano di per se stessi una lesione giuridicamente apprezzabile e, dunque, radicano un interesse concreto ed attuale all’instaurazione di un giudizio cognitivo.

Tale principio, già conosciuto dalla giurisprudenza, risulta positivamente espresso dall’art. 2 co 1 della 7.8.1990 n. 241, secondo cui, ove il procedimento amministrativo consegua obbligatoriamente ad un’istanza di parte, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la Pubblica Amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Vale aggiungere, avuto riguardo al tipo di procedimento in esame, che, ai sensi dell’art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 286/1998, il legislatore espressamente fa carico all’Autorità amministrativa di definire i procedimenti di rilascio, rinnovo e conversione del permesso di soggiorno in venti giorni, fissando la relativa decorrenza dalla data di presentazione della domanda.

Tanto premesso, mette conto evidenziare che non può essere revocata in dubbio la predicabilità dell’obbligo dell’Amministrazione di pronunciarsi espressamente in relazione all’istanza del ricorrente, attesa la posizione differenziata in cui versa quest’ultimo, titolare di un interesse qualificato rinveniente dall’attivazione del procedimento in argomento, tuttora pendente.

Inoltre, è abbondantemente decorso il termine prescritto dalla disciplina di settore (cfr art. 5, comma 9, del d.lgs. n. 286/1998) per provvedere, senza che sia maturato il termine annuale di decadenza per l’impugnazione di cui all’art. 31, comma 2, del d. lgs. 104/2010.

Né assumono rilievo esimente le argomentazioni difensive svolte dall’Amministrazione intimata nella nota interlocutoria depositata (tardivamente) in data 5.4.2011, nella quale si evidenzia che l’istanza de qua è tuttora in fase istruttoria, occorrendo procedere ad ulteriori indefettibili accertamenti.

Sul punto, è sufficiente richiamare un orientamento giurisprudenziale, tuttora condiviso dalla Sezione, secondo cui la formazione del silenzio rifiuto non è preclusa dalla presenza di atti endoprocedimentali meramente preparatori, dovendosi escludere che questi ultimi facciano venire meno l’inerzia a provvedere sulla domanda (cfr. Tar Campania, Napoli, II Sezione, n. 19811/08 Reg. Sent, n. 6670 dell’11.7.2007; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 10 maggio 2001, n. 2012).

Sussistono, dunque, in ragione delle considerazioni suesposte, le condizioni per la pronunzia dell’obbligo gravante sull’Amministrazione intimata di pronunciarsi sull’istanza attorea nel termine di trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte della presente sentenza, ferma restando la pienezza della delibazione di merito che l’Amministrazione è chiamata a svolgere.

Ove l’Amministrazione intimata dovesse rimanere inadempiente, oltre il termine, si provvederà, su richiesta della parte, alla nomina di un commissario "ad acta" che provvederà in sostituzione della stessa.

Non può essere, invece, ritenuta ammissibile domanda di accertamento della fondatezza dell’istanza al rilascio del permesso di soggiorno in favore del ricorrente.

A tal riguardo, è opportuno osservare che, già nella vigenza dell’ art. 21bis della l. n. 1034/1971, la giurisprudenza aveva evidenziato come il giudizio fosse essenzialmente volto a censurare il mero comportamento omissivo mantenuto dalla P.A., con una pronuncia che, nelle ipotesi di attività discrezionale, non poteva, comunque, spingersi fino alla valutazione della fondatezza della pretesa sostanziale avanzata dagli interessati (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 17 febbraio 2010, n. 2304). In sintesi, il potere del giudice di provvedere direttamente sull’oggetto del giudizio, sostituendosi alla P.A. inadempiente, veniva ritenuto ammissibile nei soli casi in cui l’inerzia avesse riguardato un’attività vincolata oppure in presenza di un comportamento processuale della P.A. di non contestazione della pretesa del ricorrente.

La suddetta impostazione trova, oggi, una decisa conferma nel disposto di cui all’art. 31 del d. lgs. 104/2001, secondo cui "Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione".

La sussistenza di evidenti profili di discrezionalità nel procedimento di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno (C.d.S., Sez. VI, 28 aprile 2010, n. 2435; T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 22 giugno 2010, n. 2030), connessi al giudizio di pericolosità che l’Autorità di P.S. è chiamata a svolgere – nelle ipotesi in cui non sussistano cause preclusive in assoluto al rilascio del titolo richiesto (ex art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1993), la cui sussistenza va accertata con adeguata attività istruttoria – inibisce, in apicibus, la predicabilità della pretesa azionata in giudizio di un accertamento diretto sulla fondatezza dell’istanza in argomento.

In definitiva, pertanto, il ricorso deve essere accolto, limitatamente alle domande di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla Questura di Napoli sull’istanza del ricorrente di rilascio del permesso di soggiorno.

S’impone, viceversa, una declaratoria di inammissibilità della residua domanda spiegata dal ricorrente per l’accertamento della fondatezza della suindicata istanza.

Quanto al governo delle spese di giudizio, la parziale soccombenza delle pretese attoree induce a privilegiare la soluzione della compensazione tra le parti dei relativi oneri.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei sensi e nei limiti indicati in parte motiva e, per l’effetto, ordina al Questore di Napoli, o suo delegato, di provvedere sulla richiesta del ricorrente entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte della presente sentenza.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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