Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 27-04-2011, n. 16552 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erto che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 11/6/2010 il G.I.P. del Tribunale di Taranto rigettava la richiesta di misura cautelare avanzata dal P.M. nei confronti di M.O. per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, (T.U.) per la detenzione per fini di uso non esclusivamente personale di circa gr. 600 di hashish (acc. in (OMISSIS)).

Avverso il provvedimento, ai sensi dell’art. 310 c.p.p., proponeva appello cautelare il P.M..

Con ordinanza del 16/7/2010 il Tribunale del Riesame, rilevato il difetto di motivazione del provvedimento del GIP e di contro la presenza di gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari, disponeva la misura della custodia cautelare in carcere a carico dell’indagato.

Osservava il Tribunale che durante una perquisizione nella abitazione del M., in una cassaforte, erano stati rinvenuti 600 gr. di hashish; inoltre erano presenti in casa 6 dosi confezionate della medesima sostanza, un coltello annerito e intriso di hashish ed un bilancino di precisione. Da tali circostanze emergeva la destinazione alla cessione della sostanza e la pericolosità sociale del M. che avrebbe potuto reiterare le condotte criminose.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, lamentando la erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione del provvedimento del riesame laddove era stato affermata, in difetto di prove, la destinazione alla cessione della droga detenuta, tenuto conto che nessuna attività di spaccio era stata riscontrata e l’incensuratezza del M. non deponeva per il suo inserimento in circuiti criminali.

Inoltre l’affermazione della presenza delle esigenze cautelari era apodittica ed in ogni caso il Tribunale non aveva spiegato perchè non era possibile soddisfare dette esigenze con una misura meno gravosa.
Motivi della decisione

3. Le doglianze formulate sono infondate ed il ricorso deve, quindi, essere rigettato.

3.1. Preliminarmente va ricordato quali siano i limiti del sindacato della Corte di Cassazione in materia cautelare. In particolare è stato più volte ribadito che "l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento" (Cass. 4, n. 2050/96, imp. Marseglia, rv. 206104).

Orbene, quanto ai gravi indizi della destinazione alla cessione della sostanza detenuta, il Tribunale ha fornito una congrua motivazione elencando gli elementi acquisiti utili a sostenere tale circostanza :

in primo luogo la quantità rilevante dell’hashish detenuto, incompatibile con una destinazione ad uso esclusivamente personale;

la presenza di sostanza già confezionata in dosi; il possesso di strumenti atti al confezionamento, quali un bilancino di precisione ed un coltello annerito ed intriso di hashish.

3.2. In ordine alla valutazione delle esigenze cautelari il Tribunale ha evidenziato come la quantità della sostanza detenuta lasciava trasparire l’inserimento del M. in ambienti criminali e quindi il pericolo della reiterazione delle condotte delittuose, così da ritenere che la misura della custodia in carcere era l’unica idonea a garantire le esigenze di prevenzione sociale.

Va ricordato in proposito che quando il giudice ritenga la custodia in carcere come unica esclusiva misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari, assolve, per ciò stesso, all’obbligo di cui all’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c-bis, rappresentando la formula prescelta dal legislatore in tale comma la corrispondente valutazione in negativo rispetto alla gamma delle misure cautelari personali meno afflittive (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4724 del 06/07/1999 Cc. (dep. 13/09/1999), De Leonardo, Rv. 214102; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6237 del 06/11/1997 Cc. (dep. 28/01/1998), Ligato, Rv. 209519).

Tali argomentazioni del giudice di merito in ordine alla scelta della misura, coerenti e non manifestamente illogiche, rendono incensurabile in questa sede il provvedimento impugnato.

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al competente Tribunale distrettuale del riesame, perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 92 disp. att. c.p.p..

Manda alla cancelleria per gli immediati adempimenti a mezzo fax.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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