Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 27-04-2011, n. 16551 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 16/7/2010 il G.I.P. del Tribunale di Torino convalidava l’arresto in flagranza di G.M. in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, (T.U.) per cessione di una dose di cocaina in favore di F.R.E. (acc. in (OMISSIS)) ed emetteva a suo carico la misura della custodia cautelare in carcere.

Con ordinanza del 28/6/2010 il Tribunale del Riesame di Torino, confermava la misura cautelare.

Osservava il Tribunale che il ricorrente era stato visto salire sull’auto del F. e sedersi sul sedile posteriore; all’arrivo di altri due giovani era sceso ed aveva loro consegnato qualcosa estraendolo dalla bocca; risalito nuovamente sull’auto, aveva scambiato qualcosa con il conducente del veicolo; successivamente l’auto era ripartita ed il G. era disceso dopo un poco.

Intervenuti, i militari fermavano il conducente del veicolo, identificato per il F.; mentre il G. si dava alla fuga gettando in terra del danaro. Poco dopo veniva anch’esso fermato.

Nell’immediatezza dei fatti il F., trovato in possesso di una dose di cocaina, riferiva di averla acquistata poco prima dal G..

Su tali basi indiziarie il Tribunale, rilevata la sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, confermava l’ordinanza cautelare.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, lamentando la violazione di legge ed in particolare dell’art. 63 c.p.p., comma 2 per avere dato il giudice di merito valenza probatoria alle dichiarazioni di una persona, il F., che fin dall’inizio doveva essere ritenuto indagato in concorso con il G. e pertanto non poteva essere ascoltato senza l’assistenza di un difensore.
Motivi della decisione

3. La doglianza formulata è infondata ed il ricorso deve, quindi, essere rigettato. Questa Corte di legittimità, in relazione alla applicazione dell’art. 63 c.p.p. ha di recente statuito che "In tema di prova dichiarativa, allorchè venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali (come l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato), l’attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 15208 del 25/02/2010 Ud. (dep. 21/04/2010), Mills, Rv. 246584).

Nel caso di specie, il Tribunale, con diffusa motivazione, ha evidenziato come dalla dinamica dei fatti, caduta sotto la percezione visiva del verbalizzante maresciallo C., si evinceva che gli acquirenti di sostanza stupefacente si erano avvicinati solo al G., manifestando di conoscere e trattare solo con lui, quindi nulla deponeva per ritenere che il F. fosse suo complice; tale ipotesi, adombrata dalla difesa, era una mera congettura.

Sulla base di tali valutazioni il giudice di merito ha ritenuto la piena utilizzabilità delle dichiarazioni del F., non essendosi maturata alcuna violazione dell’art. 63 c.p.p..

La motivazione del Tribunale, sulla qualità di persona informata dei fatti e non di indagato del F., diffusa, coerente e non manifestamente illogica, è insindacabile in questa sede di legittimità.

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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