Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 26-01-2011) 27-04-2011, n. 16549 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 21/5/2009 il Giudice di Pace di Lanciano condannava F.X. per il delitto di cui all’art. 590 c.p., aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, per lesioni colpose in danno di L.M.. All’imputato veniva irrogata la pena di Euro 800 di multa, concesse le attenuanti generiche prevalenti; veniva altresì condannato, in solido con il responsabile civile "Vittoria Ass.ni" s.p.a. al risarcimento del danno in favore della parte civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 50.000=.

Il F. veniva ritenuto responsabile di un sinistro, in quanto alla guida della sua auto Honda Civic, percorrendo la S.S. (OMISSIS) verso sud, giunto alla intersezione con la strada che conduce alla Stazione Ferroviaria di (OMISSIS), effettuava una manovra di svolta a sinistra per immettersi in detta strada omettendo di dare la precedenza alla moto Yamaha condotta dal L. e che percorreva la statale in senso inverso. La manovra dell’auto induceva il conducente della moto ad una brusca frenata, con conseguente perdita di controllo del mezzo e la caduta a terra del conducente che andava ad impattare con il suo corpo contro la fiancata laterale sinistra dell’auto riportando gravi lesioni (acc. in (OMISSIS) – querela del 2/9/2005).

2. Con sentenza del 21/5/2009 il Tribunale di Lanciano, decidendo sull’appello principale dell’imputato e del responsabile civile e su quello incidentale della parte civile, confermava la condanna;

inoltre, valutati i gravissimi danni riportati dal L. (paraplegia completa), riconosciuto in motivazione un concorso della vittima quantificato nel 15-20%, in accoglimento dell’appello incidentale della parte civile aumentava l’entità della provvisionale ad Euro 500.000=. 3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato e del responsabile civile, lamentando:

3.1. l’imputato : a) la violazione e falsa applicazione della legge laddove il Tribunale non aveva dichiarato la improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela. Infatti il L. era stato ricoverato in ospedale in stato di coma e, uscito dal coma, aveva palesato disturbi nEurologici, pertanto non era certamente in grado di autodeterminarsi al momento della proposizione della querela, b) La violazione di legge e la illogicità della motivazione, laddove il giudice di merito non aveva tenuto conto che dall’istruttoria svolta emergeva che l’auto dell’imputato, al momento dell’impatto era già ferma nello slargo sito sulla destra rispetto alla via di marcia della moto; pertanto il sinistro era avvenuto per esclusiva negligenza nella guida del L.. In ogni caso, una velocità di circolazione più moderata da parte del motociclista avrebbe evitato l’evento; c) La mancata assunzione di una prova decisiva quale una perizia tecnica per ricostruire la dinamica del sinistro, senza affidarsi alla C.T. del P.M. carente ed errata, d) La violazione di legge laddove il tribunale, in dubbio sulla ricostruzione del sinistro, aveva fatto mal governo del principio che la condanna può essere pronunciata solo "al di là di ogni ragionevole dubbio". 3.2. il Responsabile Civile: a) la violazione di legge per non avere il giudice di merito dichiarato la improcedibilità dell’azione penale per difetto di una valida querela. Infatti, alla data della sua proposizione, la parte lesa era incapace di ricordare gli eventi e pertanto di avanzare istanza di punizione del colpevole; b) La violazione di legge ed il difetto di motivazione laddove il Tribunale aveva ritenuto certo che l’auto dell’imputato non fosse già ferma nello slargo prima del sopraggiungere della moto. La sbandata e l’urto con la fiancata dell’auto potevano essere stati determinati anche da circostanze non riconducibili a condotte dell’imputato, come un malore. Peraltro in senso contrario non deponeva la testimonianza del pedone T. il quale non aveva dichiarato di non aver "visto" l’auto, ma solo di non averla "notata". Pertanto non poteva affermarsi con certezza che al momento del suo passaggio l’auto non fosse in loco. Ma anche a dar per vera questa circostanza, il pedone al momento del fatto era lontano dal teatro del sinistro circa 35 mt., pertanto mentre percorreva quel tratto di strada, ben avrebbe potuto l’auto giungere in loco e fermarsi nello slargo fuori della carreggiata, prima dell’arrivo della moto. Pertanto la condotta del F. non aveva avuto alcuna incidenza causale nel sinistro.

Positiva prova di quanto detto, era il perfetto allineamento dei danni sulla fiancata dell’auto, a dimostrazione del fatto che il veicolo era già fermo al momento dell’impatto del corpo del L.. Pertanto la condanna era stata pronunciata in violazione del principio del "oltre ogni ragionevole dubbio"; c) La mancata ammissione di una prova decisiva e cioè una perizia tecnica onde ricostruire in modo oggettivo la dinamica del sinistro, in presenza di una consulenza del P.M. carente ed erronea, d) La violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla quantificazione del concorso di colpa della vittima. Invero, il giudice di merito non aveva tenuto nel debito conto la velocità tenuta dal mezzo condotto dal L., notevolmente superiore ai limiti consentiti, e che non vi era stato impatto tra i mezzi, ma era stata la parte lesa a perdere il controllo del motoveicolo in ragione della velocità tenuta. Pertanto la determinazione del concorso del L., ai fini risarcitori, non poteva non essere superiore al 50%; e) Chiedeva infine, ai sensi dell’art. 612 c.p.p. la sospensione della provvisoria esecutorietà della provvisionale o quantomeno la sua riduzione, in presenza dei requisiti del "fumus boni iuris" e del "periculum". f) con motivi aggiunti depositati il 10/l/2011, il Responsabile civile, nel ribadire le doglianza illustrate nel ricorso, chiedeva dichiararsi la revoca della costituzione di parte civile, ai sensi dell’art. 82 c.p.p., comma 2 per avere il L. intrapreso la medesima azione in sede civile, con autonomo atto di citazione notificato il 8/1/2009, avente medesime parti, medesimo petitum e causa petendi.

3.3. Con memoria depositata il 10/1/2011 la Parte civile ha chiesto dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.
Motivi della decisione

4.1 ricorsi devono essere rigettati.

4.1. Le censure relative alla validità della querela sono infondate.

Questa Corte con consolidata giurisprudenza, ha statuito che "E’ valida la querela presentata in proprio dall’infermo di mente, non dichiarato interdetto nè inabilitato, in quanto la nomina di un curatore speciale, su istanza del P.M., è necessaria solo nel caso in cui la persona offesa non possa proporre querela a causa della propria infermità" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 42480 del 04/11/2010 Ud. (dep. 01/12/2010) Rv. 248758; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27044 del 12/05/2010 Ud. (dep. 13/07/2010) Rv. 248065).

Ne consegue che è irrilevante la questione relativa alla presunta incapacità di intendere e di volere del querelante.

Invero, soltanto nel caso in cui la persona offesa dal reato non abbia potuto proporre querela a causa della propria infermità è necessaria la nomina di un curatore speciale, su istanza del P.M., a norma del combinato disposto dell’art. 121 c.p. e art. 338 c.p.p..

Quando, invece, l’interessato, anche se infermo di mente, abbia presentato la querela non occorre la nomina di un curatore speciale, neanche per la ratifica dell’atto.

Pertanto, la tutela apprestata dall’ordinamento alla persona eventualmente sprovvista delle qualità necessarie per gestire direttamente i propri diritti e facoltà (minore, interdetto, inabilitato, incapace naturale) è duplice: essa ha il diritto di proporre personalmente la querela (e, in tal caso, la sua volontà è valida si da non consentire a chi è destinato eventualmente a sostituire o a integrare la sua volontà, di porre nel nulla l’atto già posto in essere); invece, se essa non è in grado di manifestare la sua volontà, può essere espressa da un soggetto terzo, legislativamente abilitato.

Nella specie, pertanto, non sussiste alcuna causa di invalidità o inefficacia della querela sporta dal L. il quale, peraltro, alla data del (OMISSIS) era uscito dal coma e non si trovava in una situazione di totale incapacità, ma solo di disturbo della memoria.

4.2. Quanto alla ricostruzione della dinamica del sinistro ha osservato il Tribunale che la responsabilità nel fatto dell’imputato emergeva in modo non equivoco dalla istruttoria dibattimentale svolta. In particolare:

– sebbene il punto d’urto tra il corpo del L. e l’auto dell’imputato non fosse stato accertato con sicurezza, doveva ritenersi che l’ingombro della carreggiata da parte del veicolo del F. certamente si era verificato, altrimenti non si sarebbe giustificata la repentina frenata operata dal L., il quale aveva dovuto necessariamente percepire il pericolo di un ostacolo;

– il teste T., sebbene non avesse assistito all’incidente e fosse intervenuto solo dopo avere sentito l’urto, aveva riferito che era passato poco prima sulla strada nel punto ove, successivamente, era stata rinvenuta ferma l’auto dell’imputato, dichiarando che non aveva "notato" la presenza dell’auto sul margine della carreggiata nello slargo ivi esistente. Da ciò trovava smentita la versione offerta della difesa dell’imputato che, al momento della perdita di controllo della moto, l’auto del F. fosse già ferma nello slargo e non in movimento; trovando di contro conferma che il F. aveva tagliato la strada alla moto, per poi fermarsi nel detto slargo dopo l’incidente e cioè pochi attimi dopo il passaggio del teste T. che, sentito il rumore dell’urto, era accorso per prestare i primi soccorsi alla vittima. Ha osservato inoltre il tribunale che l’eventuale concorso di colpa della vittima, per avere tenuto una velocità superiore al limite consentito ed alla prudenza, non escludeva la responsabilità dell’imputato. Pertanto il tribunale stesso è giunto alla conferma della sentenza, con una precisa opzione nella ricostruzione del fatto, senza palesare alcun dubbio e quindi senza violare il disposto dell’art. 533 c.p.p., comma 1. Sul punto, le censure mosse dalla difesa dei ricorrenti alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di incoerenza o macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

4.3. Quanto al lamentato vizio di omessa assunzione di una prova decisiva (perizia tecnica sulla dinamica dell’incidente), va ricordato che per prova decisiva sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti determinante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia" (ex plurimis, Cass. 2, 16354/06, Maio); questa Corte ha anche precisato che "non sussiste il vizio di mancata ammissione di prova decisiva quando si tratti di prova che debba essere valutata unitamente agli altri elementi di prova processualmente acquisiti, non per eliderne l’efficacia probatoria, ma per effettuare un confronto dialettico che in ipotesi potrebbe condurre a diverse conclusioni argomentative" (Cass. 2, 2827/05, Russo).

In particolare, con riferimento alla perizia, essa "per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionarle ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione" (Cass. 4, 14130/07, Pastorelli).

Nel caso di specie il giudice di merito, nel negare ingresso alla perizia, ha evidenziato come dagli atti già acquisiti emergesse la penale responsabilità dell’imputato, la quale trovava fondamento nella ricostruzione dei fatti svolta già in dibattimento e di cui ha dato conto con esaustiva motivazione.

4.4. Infondate sono anche le censura relative all’affermato concorso di colpa ed alla sua percentualizzazione in motivazione.

Va premesso che il giudice di secondo grado ha valutato la sussistenza di un concorso di colpa della vittima, nella causazione dell’incidente, indicato come "non superiore al 15-20%". La difesa dell’imputato ha lamentato che la negligente condotta di guida del L. era stata l’unica causa determinante dell’incidente; la difesa del responsabile civile ha lamentato che ai fini risarcitori la quantificazione del concorso di colpa era stata eccessivamente bassa.

Orbene va osservato che il tribunale, dopo avere dato atto che la moto guidata dal L. al momento del sinistro circolava ad una velocità prossima ai 70 km/h e quindi non particolarmente superiore ai limite di 50 e che la causa principale dell’incidente era stata la repentina svolta a sinistra dell’auto dell’imputato – il quale aveva tagliato la strada alla moto, costringendo il conducente ad una brusca frenata ed allo sbandamento – con coerente e logica motivazione, insindacabile in questa sede, ha riconosciuto nella condotta negligente del L. una concausa del sinistro (concorso di colpa), ma non un’efficienza causale esclusiva. Quanto alla percentualizzazione del danno, della cui esiguità si è lamentato il responsabile civile, essa non vincola il giudice civile nella quantificazione del risarcimento, perchè la valutazione del tribunale è stata meramente orientativa, tanto vero che la determinazione della percentuale di concorso è stata indicata in modo approssimativo ("15-20%") e non è stata riportata nel dispositivo. Va ricordato che questa Corte, ha statuito in passato il principio, che deve ritenersi tuttora valido e quindi ribadito, "Quando vi sia costituzione di parte civile, il giudice che ritenga sussistente il concorso di colpa della vittima e tenuto ad indicare nel dispositivo e non soltanto nella motivazione, la misura di tale concorso, e tale indicazione deve fare non in modo generico mediante aggettivazione (notevole, grande, lieve, ecc) ma in percentuale (Cass. Sez. Un. Sez. U, Sentenza n. 1 del 29/02/1964 Ud. (dep. 10/08/1964), Della Torre, Rv. 099248).

4.5. Infondata è, inoltre, la richiesta formulata dal responsabile civile, di dichiarare la revoca della costituzione di parte civile, ai sensi dell’art. 82 c.p.p., comma 2 per avere il L. intrapreso la medesima azione in sede civile, con autonomo atto di citazione notificato l’8/1/2009.

Infatti, come già statuito da questa Corte di legittimità, la costituzione di parte civile non può ritenersi tacitamente revocata se la parte propone davanti al giudice civile domanda per la quantificazione del danno che gli sia stato riconosciuto in sede penale anche se con decisione non irrevocabile, nel qual caso il giudizio civile resta sospeso (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23809 del 06/05/2009 Ud. (dep. 09/06/2009), Vattiata, Rv. 243800).

E’ quindi principio consolidato che la previsione dell’art. 82 c.p.p., comma 2 (secondo cui la costituzione si intende revocata se la parte civile promuove l’azione davanti al giudice civile) non riguarda l’ipotesi in cui il danneggiato dal reato, esercitata in sede penale l’azione civile e, ivi ottenuto accoglimento della domanda risarcitoria per l’an, proponga poi davanti al giudice civile domanda per il quantum. In tale ipotesi, infatti, non si ha doppio esercizio della stessa azione, ma esercizio di altra azione fondata sulla prima. Ed è irrilevante, ai fini della permanenza della parte civile nel processo penale, che la statuizione adottata in sede penale non sia ancora passata in giudicato, comportando ciò solo la conseguenza della sospensione del giudizio civile (Sez. 5, n. 12744 del 07/10/1998, Faraon; Sez. 4, n. 3452 del 22/09/2000, Papiri; Sez. 4, n. 32762 del 14/06/2006, Millia; Sez. 4, n. 43374 del 24/05/2007, Cassone).

Nel caso di specie l’azione esercitata in sede civile non è sovrapponibile a quella esercitata in sede penale, in quanto nella prima si è richiesta la quantificazione di danni patrimoniali e non patrimoniali ed il giudice istruttore ha già provveduto a sospendere il giudizio in attesa della definizione del processo penale.

4.6. Infine, quanto alla richiesta della sospensiva della provvisoria esecutorietà della provvisionale riconosciuta, ai sensi dell’art. 612 c.p.p., la sentenza definitiva non è la sede per la concessione dell’invocato provvedimento. In ogni caso mette conto sottolineare che la gravità ed irreparabilità del danno non può rinvenirsi nei confronti di una Compagnia Assicuratrice, in relazione ad una somma di non rilevante entità (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 27886 del 24/06/2009 Cc. (dep. 07/07/2009), Maggio, Rv. 244438).

Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, in solido, delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè in solido alla rifusione delle spese a favore della parte civile per questo giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 3.500=, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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