Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-07-2011, n. 16621 Licenziamento per riduzione del personale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ncidentale.
Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Milano, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di P.A., proposta nei confronti della società Maglificio Todesco Paola, avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento collettivo, intimatole, in data 26 luglio 2005, dalla predetta società, la cui procedura era stata avviata con comunicazione del 1 luglio 2005.

La Corte del merito, dopo aver rilevato che la società aveva avviato la procedura per riduzione di sei dipendenti in ragione della necessità, e di dismettere l’attività del reparto stiro cui erano addetti quattro lavoratori, e di ridimensionare il reparto rammendo che presentava due esuberi, sottolineava che risultava dal verbale di accordo, in esito all’esame congiunto tra le parti, la riduzione a cinque degli esuberi con applicazione dei criteri di scelta di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 5, e la manifesta non opposizione alla risoluzione del rapporto. Osservava, poi, la Corte territoriale che la società aveva proceduto al licenziamento di soli quattro dipendenti non indicando quanto prescritto dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9. Del resto, aggiungeva la Corte del merito, nonostante la richiesta della P., la società non aveva, anche nel corso del giudizio di primo grado,comunicato le modalità con le quali aveva applicato i criteri di scelta per la individuazione dei lavoratori da licenziare. Nè tali criteri, precisava, la Corte milanese, erano stati comunicati alla Regione Lombardia ed alla commissione per le politiche del lavoro dell’INPS. Solo in appello, rimarcava la Corte del merito, la società aveva dedotto che la dipendente T. non era stata licenziata in quanto si era dimessa a seguito d’incentivazione e dopo aver fruito di un congedo straordinario di 24 mesi. Tali allegazioni, però, secondo la Corte di appello, erano tardive e i relativi documenti non potevano essere presi in considerazione e comunque si trattava di dichiarazioni poco attendibili in quanto provenienti dalla stessa lavoratrice addetta al reparto stiro – esclusa dal licenziamento collettivo. L’inosservanza, concludeva la Corte territoriale, "anche di una sola delle fasi procedurali disciplinate dalla legge si ripercuote sul provvedimento finale adottato nei confronti del singolo lavoratore determinandone l’inefficacia".

Avverso tale sentenza la società ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la P. la quale propone impugnazione incidentale assistita da un unico motivo.
Motivi della decisione

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale la società, deducendo violazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4 e 5, nonchè degli artt. 436 e 437 c.p.c., pone, ex art. 366 bis c.p.c., i seguenti quesiti di diritto: 1. "E’ legittimo il licenziamento collettivo adottato dal datore di lavoro al termine del procedimento L. n. 223 del 1991, ex artt. 4 – 24, per soppressione del reparto e nei confronti di addetto allo specifico reparto, allorchè nei confronti di un altro soltanto, dei quattro lavoratori addetti al reparto dichiarato soppresso, anzichè procedere al licenziamento sia stata preventivamente concordata una sospensione della prestazione per congedo straordinario con risoluzione al termine del congedo?"; 2. "Tale condotta può affermarsi in violazione dei criteri di scelta L. n. 223 del 1992, ex art. 5?"; 3. "E’ ammissibile la allegazione di nuovi documenti in sede di appello con la memoria ex art. 436 c.p.c., allorchè detta allegazione sia stata resa necessaria in replica ed a smentita di circostanze dedotte dall’appellante per la prima volta in appello?".

Con il secondo motivo, articolato in via subordinata, la società, denunzia omessa statuizione in ordine all’aliunde perceptum eccepito sin dal giudizio di primo grado.

Con il ricorso incidentale la P., denunciando violazione dell’art. 91 c.p.c., allega che la Corte del merito ha disposto la compensazione delle spese del giudizio senza alcuna motivazione.

E’ preliminare l’esame del ricorso principale.

Il primo motivo del richiamato ricorso è infondato.

Invero la ratio decidendi, posta a base della impugnata sentenza, movendo dal presupposto che non tutte le lavoratrici del reparto stiro erano state licenziate – ma solo tre su quattro essendo la T. alla data della scadenza dei 120 giorni fissato per la conclusione della procedura ancora alle dipendenze della società- la società non aveva comunicato, alla stregua di quanto stabilito dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, "l’elenco con l’indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello d’inquadramento,dell’ età, del carico di famiglia, nonchè con puntuale comunicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta".

Siffatta comunicazione, aggiunge la Corte del merito, ha la finalità di consentire ai lavoratori interessati, alle OO SS e agli organi amministrativi il controllo delle procedure e la corrispondenza degli accordfcfce, a nulla rilevando che la predeterminazione dei criteri renda pressochè automatica la selezione, essendovi la necessità di controllare che tutti i dipendenti in possesso dei requisiti previsti siano stati considerati, nonchè la corretta valutazione comparativa dei dipendenti inseriti.

Pertanto, conclude la Corte milanese, "l’inosservanza anche di una sola delle fasi procedurali disciplinate dalla legge si ripercuote sul provvedimento finale adottato nei confronti del singolo lavoratore determinandone l’inefficacia".

Orbene la critica che la società ricorrente muove alla sentenza impugnata, con la censura in esame,prescinde del tutto da siffatta ratio decidendi rendendo in tal modo intangibile l’accertamento secondo il quale non sono state effettuate le comunicazioni di cui alla citata L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9, e la conseguente affermata inefficacia del licenziamento intimato al lavoratore in assenza delle predette comunicazioni.

La censura in esame infatti devolve a questa Corte tutt’altra questione che, nell’economia della sentenza impugnata, è solo rafforzativa della rilevata "poca trasparenza della procedura di licenziamento nella fase di applicazione e comunicazione dei criteri di scelta".

Il secondo motivo del ricorso principale è fondato.

In effetti la Corte omette qualsiasi pronuncia in ordine alla questione dell’aliunde perceptum pur proposta.

Conseguentemente la sentenza, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, va cassata rimanendo assorbito l’esame del ricorso incidentale.

La Corte del rinvio, che si designa in dispositivo, provvederà anche alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale,cassa in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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