Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 20-01-2011) 27-04-2011, n. 16424 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.V. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Firenze confermava quella del tribunale della medesima città che in data 4 marzo 2009 lo aveva condannato alla pena di giustizia, in uno con il ristoro dei danni in favore della parte civile, per il reato agli artt. 81, 609 bis e 609 ter c.p. in danno del figlio D., all’epoca minore, per fatti commessi dall’anno (OMISSIS); con recidiva specifica ed infraquinquennale.

Deduce in questa sede il ricorrente:

1) la violazione dell’art. 192 in relazione alla individuazione dei criteri di attendibilità e di credibilità dei testimoni e formula contestualmente richiesta di disporre nell’eventuale giudizio di rinvio integrazione di perizia psichiatrica sulla parte offesa, rigettata in primo grado e sulla quale – si sostiene – la corte di appello, benchè investita di specifico motivo, non si è pronunciata.

Quanto ai testi F. e P. si rileva che la prima è l’unico vero teste di accusa avendo raccolto le dichiarazioni del minore e che ha avuto un ruolo fondamentale di sostegno al minore per la denuncia partecipando attivamente anche all’esame del medesimo nel corso dell’incidente probatorio denotando costante ostilità nei confronti dell’imputato nonchè raccontando episodi non confermati e talora smentiti dalle risultanze processuali. Il secondo, fratello di D., è, invece, teste de relato di quanto appreso dalla F. e sarebbe stato sentito soprattutto sui pretesi abusi subiti dal padre, laddove sarebbero stati ignorate, invece, le affermazioni relative all’esistenza di buoni rapporti con il padre medesimo.

Quanto alla parte offesa D. non si sarebbe tenuto conto del deficit intellettivo evidenziato anche dai suoi insegnanti. Si contestano inoltre le conclusioni cui sono pervenuti i consulenti del PM ed il perito nominato dal GIP sulla capacità a testimoniare del minore ed al metodo dell’esame valutativo condotto in assenza di spirito critico. Si rileva infine che la corte di appello avrebbe inopinatamente escluso la necessità di integrazione della perizia omettendo di esaminare le problematiche sollevate. Si formulano infine specifici rilievi alla perizia del GIP. 2) la violazione dell’art. 498 c.p.p. non avendo la corte di merito considerato che la F. (familiare del minore) ed il consulente del PM (esperta in psicologia infantile) non erano intervenuti nel corso dell’esame di D. in alternativa ma congiuntamente; che tali interventi si erano in realtà risolti in una sostanziale assunzione di un ruolo inquisitorio e che erroneamente i giudici di appello avevano richiamato l’art. 609 decies, comma 2 del codice relativo all’assistenza psicologica del minore per giustificare l’accaduto.

3) vizio di motivazione sul rilievo della utilizzazione di prove irregolari e sulla mancata integrazione di esse. Si formula, quindi, richiesta di nuovo esame della parte offesa, con confronto con l’imputato, in sede di rinvio. Si ritiene illogica l’omessa valutazione delle considerazioni formulate dal consulente della difesa e si ritiene in contrasto con i dettami della Carta di Noto la perizia d’ufficio.

4) Violazione di legge e vizio della motivazione sulla esclusione della ipotesi della minore gravità in relazione alle modalità del fatto ed alla personalità dell’autore del reato.

5) violazione di legge con riferimento alla ritenuta recidiva dovendosi ritenere sussistente invece l’unicità del disegno criminoso tra gli episodi contestati.
Motivi della decisione

Il ricorso appare fondato unicamente in relazione al quarto motivo dedotto in relazione al quale si impone l’annullamento con rinvio della sentenza per le ragioni di seguito indicate.

Prive di fondamento sono invece le rimanenti doglianze. Ed, invero:

in relazione al primo motivo occorre anzitutto prendere atto che la declaratoria di responsabilità si articola su un più ampio contesto valutativo rispetto a quello indicato dal ricorrente che tiene conto tra l’altro anche delle circostanze che hanno portato alla denuncia del minore dopo la denuncia di altra violenza subita da parte di un’amica del figlio del ricorrente – anch’essa minorenne -. Sono tuttavia indubbiamente le dichiarazioni di D. ad assumere valenza decisiva nell’impianto motivazionale. Al riguardo la decisione di appello correttamente si fa carico di confutare la tesi sostenuta dal consulente della difesa evidenziando sulla base degli accertamenti peritali disposti la inesistenza di disturbi clinici di rilievo che possano avere inciso sulla capacità del minore di percepire adeguatamente la realtà o la formazione dei ricordi pur riconoscendo la personalità debole dello stesso. Esamina inoltre la corte specificamente quelle che sono state le doglianze della consulenza difensiva offrendo logica risposta su tutti i rilievi compresi quelli relativi alle modalità dell’accertamento peritale.

Ed è di immediata percezione che avendo i giudici di merito ritenuto inutile qualsiasi approfondimento sul punto deve ritenersi assolutamente giustificato anche il mancato accoglimento della richiesta di approfondimenti peritali. Appare poi attentamente e correttamente scrutinata l’attendibilità delle dichiarazioni rese e vengono partitamente confutati i rilievi del ricorrente al riguardo con motivazione certamente esente da censure in questa sede spiegando anche la ragione di talune incertezze o inesattezze del racconto.

I testi F. e P.A. vengono citati quale elemento di riscontro in relazione a specifiche affermazioni del minore solo dopo essere stata motivatamente esclusa la possibilità di accordo preventivo sul contenuto delle dichiarazioni rese. Appartengono al merito le considerazioni circa l’asserito interesse della F. a danneggiare l’imputato e, comunque, non possono in alcun modo scalfire il dato della obiettiva coincidenza delle dichiarazioni del minore e della teste. Quanto all’asserito mancato rispetto della procedura della Carta di Noto ricorda correttamente la corte di merito l’orientamento espresso in precedenti decisioni da questa Sezione secondo cui i principi posti, in tema di esame testimoniale dei minorenni parti offese nei reati di natura sessuale, dalla cosiddetta "Carta di Noto", lungi dall’avere valore normativo, si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso, come illustrato nelle premesse della Carta medesima. (Sez. 3, n. 20568 del 10/04/2008 Rv. 239879).

Quanto al terzo motivo va rilevato che questa Corte ha già affermato che in tema di assunzione ed utilizzazione delle prove, non da luogo alla sanzione di inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 c.p.p., la violazione delle regole per l’esame fissate dall’art. 498 c.p.p., comma 1, e art. 499 c.p.p., poichè non si tratta di prove assunte in violazione di divieti posti dalla legge, bensì di prove assunte con modalità diverse da quelle prescritte. Deve essere, del pari, esclusa la ricorrenza di nullità, atteso il principio di tassatività vigente in materia e posto che l’inosservanza delle norme indicate non è riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 c.p.p. (Sez. 1, n. 39996 del 14/07/2005 Rv.

232941).

In relazione al secondo motivo la corte di merito si sofferma adeguatamente sulla correttezza delle modalità di espletamento dell’incidente probatorio, confutando le tesi del ruolo preponderante tenuto dalla F. e dell’esperto in psicologia familiare.

Per quanto riguarda la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale si rileva che la stessa risulta motivatamente esclusa dai giudici di merito. Va peraltro ribadito che ai fini della valutazione dell’istanza di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, mediante l’assunzione della testimonianza di un minore vittima d’abusi sessuali già sentito in dibattimento o in sede d’incidente probatorio, è necessario che nell’atto d’appello siano indicate specificamente le circostanze su cui dovrebbe vertere l’esame ai sensi dell’art. 190 bis c.p.p., non essendo sufficiente evidenziare genericamente l’utilità di assumerne la testimonianza (Sez. 3, n. 19728 del 03/04/2008 Rv. 240041).

Quanto alle doglianze sul mancato rispetto delle procedure indicate dalla Carta di Noto si richiamano le considerazioni in precedenza svolte.

Infondato è anche il quarto motivo di ricorso in relazione ai reiterati pronunciamenti di questa Corte, avendo correttamente valutato i giudici di merito per l’esclusione dell’ipotesi lieve la reiterazione della condotta e la gravità degli episodi correttamente desunta dalle modalità dei fatti e dalle conseguenze traumatiche sul minore.

E’ fondato, invece, l’ultimo motivo di ricorso.

In primo grado è stata ritenuto per il principio del favor rei facoltativo l’aumento di pena per la recidiva.

Il ricorrente assume essere contraria al favor rei la scissione degli episodi contestati nel procedimento in esame con riferimento al tempus commissi delicti essendo stato considerato, ai fini della recidiva, l’episodio del (OMISSIS) scindendolo dal contesto di riferimento la cui fase iniziale, per effetto della ritenuta continuazione, decorre dal 2000 e, cioè, tre anni prima dell’altra condanna – divenuta definitiva nel 2003 -.

Ora premesso che sul piano dei principi le S.U. della Corte sono giunte anche a riconoscere la possibilità di applicare contestualmente gli istituti della continuazione e della recidiva, si rende evidente che la questione sollevata dal ricorrente va in realtà risolta esaminando le motivazioni con le quali il giudice di merito giustifica l’aumento di pena per la recidiva facoltativa.

Ed in proposito non si può non rilevare nella specie l’esistenza di un palese vuoto di motivazione essendovi in atti unicamente il riferimento ad altra condanna.

Al riguardo si deve ricordare come questa Corte, richiamando le indicazioni contenute in decisioni della Corte Costituzionale, abbia più volte affermato che nel caso in cui l’aumento per la recidiva sia facoltativo, l’aumento di pena richiede di per sè un giudizio a contenuto discrezionale, con conseguente adeguata motivazione, in ordine alla significatività della reiterazione dei reati in relazione al fatto-reato commesso ed alla personalità del reo (Sez. 4, n. 21523 del 23/04/2009 Rv. 244010).

In assenza di ciò la decisione deve essere necessariamente annullata sul punto con rinvio ai giudici di appello.

Il rigetto del ricorso per motivi diversi dal trattamento sanzionatorio determina la necessità di provvedere alla liquidazione delle spese sostenute dalla parte civile che si liquidano in complessivi Euro 1315, oltre Iva ed accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta sussistenza della recidiva con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Firenze per nuove esame;

rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 1315, oltre Iva ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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