Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-01-2011) 27-04-2011, n. 16423

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 21 maggio 2008, C.L., imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 59 (fatto accertato in (OMISSIS)), veniva ritenuto colpevole del detto reato come riformulato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137 e condannato alla pena di Euro 2.000,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali.

Avverso la detta sentenza ha proposto appello (poi convertito in ricorso) l’imputato a mezzo del proprio difensore deducendo anzitutto l’estraneità al reato.

Contestava poi – con il secondo motivo – che la condotta contestata fosse quella dello scarico in assenza di autorizzazione delle acque reflue derivanti dal lavaggio dei prodotti, asserendo invece che le acque reflue industriali utilizzate nel ciclo produttivo per il lavaggio dei prodotti ortofrutticoli erano riversate sul suolo per esigenze di irrigazione dei fondi nei quali quei prodotti venivano coltivati: in altre parole si trattava di scarico assoggettato alla disciplina transitoria di adeguamento, con possibilità, per il titolare, di munirsi di autorizzazione fino al 31 dicembre 2004, termine prorogato rispetto a quello originario triennale previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 11; conseguentemente, alla data dell’accertamento era ancora vigente il regime di proroga per il conseguimento dell’autorizzazione amministrativa.

Con altro motivo il ricorrente denunciava carenza dell’elemento psicologico del reato per errore determinato dal confusione conseguente le varie norme succedutesi nel tempo.

Chiedeva ancora la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per procedere ad escussione di un teste (già sentito in istruzione).erronea applicazione della legge penale (in particolare del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269) e carenza o illogicità della motivazione.

Le doglianze mosse dal ricorrente sono palesemente destituite di fondamento.

La sentenza impugnata ha correttamente qualificato lo scarico dell’imputato come scarico nuovo e comunque – se già esistente – non autorizzato e, come tale, sottratto al regime transitorio di adeguamento (entro il 13 giugno 2002), precisando che erano possibili due opzioni che prevedevano comunque diversi termini di adeguamento (tre anni rispetto alla data di entrata in vigore della nuova normativa) ovvero quattro anni dal 13 giugno 1999 così come previsto dal D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 62, comma 11.

In sentenza si afferma ancora che per effetto della L. n. 200 del 2003 il termine triennale prevedeva la possibilità di un ulteriore differimento di un anno all’art. 10 bis per gli scarichi esistenti "ancorchè non autorizzati".

In sentenza viene privilegiata la tesi secondo la quale il legislatore avrebbe differito i termini di adeguamento oltre che per gli scarichi esistenti ed autorizzati, anche per quelli in esercizio nel giugno 1999 e non autorizzati in quanto la legge dell’epoca non prevedeva la preventiva autorizzazione, in aderenza ad un principio giurisprudenziale assolutamente consolidato (Cass. Sez. 3, 6.4.2004) in virtù del quale gli scarichi materialmente esistenti alla data del 13 giugno 1999 ma privi di autorizzazione debbono ritenersi esclusi dalla disciplina di favore.

Orbene di fronte a tali argomentazioni il ricorrente muove doglianze in punto di fatto come tali inammissibili in sede di legittimità, anche perchè le stesse mirano ad una ricostruzione in via alternativa, per di più sulla base di una richiesta di parziale rinnovazione dell’istruzione, anche questa del tutto inammissibile in questa sede.

Anche per ciò che riguarda il profilo soggettivo del reato si tratta di doglianze in tutto identiche anche sotto il profilo argomentativo a quelle esaminate a suo tempo dal Tribunale che le ha, in modo del tutto esaustivo ed esente da vizi di tipo logico, disattese.

Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè – trovandosi lo stesso in colpa per aver dato causa all’inammissibilità – il versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa per le Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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