Cass. pen., sez. II 27-04-2009 (15-04-2009), n. 17821 REATI CONTRO IL PATRIMONIO – Accordo tra acquirente e cedente

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con sentenza del 26 maggio 2005, la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della medesima città il 24 settembre 2002, con la quale F.L. era stato assolto dai reati di introduzione nello Stato di prodotti con segni falsi (art. 110, 474 c.p., capo 1) e di tentata ricettazione (artt. 56 e 648 c.p., capo 2), accogliendo la impugnazione proposta dal procuratore generale, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del predetto imputato in ordine al reato di cui all’art. 474 c.p. per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione ed ha condannato il F. per il reato di ricettazione consumata – così riqualificata la originaria imputazione di cui al capo 2) – alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 344,00 di multa.
Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Censura anzitutto il ricorrente la riqualificazione del fatto di ricettazione nella ipotesi consumata, osservando che il reato – contrariamente all’assunto dei giudici a quibus – si consuma con il possesso della cosa di provenienza delittuosa. Si lamenta, poi, la coerenza della motivazione nella parte in cui è stata esclusa la applicabilità della ipotesi attenuata di cui al capoverso dell’art. 648 c.p., contestando, in linea gradata, il mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, nonchè, infine, gli argomenti in forza dei quali non si è ritenuto di poter applicare il beneficio della sospensione condizionale della pena, deducendosi, al riguardo, numerose emergenze di fatto che avrebbero legittimato – secondo il ricorrente – il riconoscimento del beneficio in questione.
Il primo motivo di ricorso propone una tematica che ha dato luogo, specie in passato, a talune oscillazioni in giurisprudenza. Nella più recente pronuncia che si registra sul tema della individuazione del momento consumativo del delitto di ricettazione, si è infatti affermato il principio secondo il quale tale momento deve individuarsi in quello nel quale l’agente ottiene il possesso della cosa, non rilevando il mero accordo fra le parti. Più in particolare, si è ritenuto che, "avendo il reato di ricettazione carattere istantaneo, per individuare il momento consumativo occorre fare riferimento al momento in cui l’agente ottiene il possesso della cosa … Ne, ai fini della consumazione – ha puntualizzato la pronuncia che qui si esamina – assume alcun rilievo la nozione civilistica di perfezionamento dell’acquisto con l’incontro dei consensi; ed invero, all’accordo tra le parti può anche non seguire la traditìo della res, ed in tal caso, ricorrendo gli ulteriori presupposti, il soggetto risponderà, proprio in considerazione del principio che solo la consegna della cosa segna il momento consumativo del reato, di delitto tentato e non di delitto consumato" (Cass., Sez. 2^, 8 aprile 2008, Di Gabriele).
A tale orientamento, in linea con precedenti massime, anche se risalenti (Cass., Sez. 2^, 1 ottobre 1981, Borin; Cass., Sez. 2^, 7 luglio 1981, Diana; Cass., sez. 1^, 19 marzo 1979, Demetrio), se ne oppone invece altro, secondo il quale il delitto di ricettazione, nella ipotesi di acquisto, si consuma al momento dell’accordo fra cedente ed acquirente sulla cosa proveniente da delitto e sul prezzo (Cass., Sez. 2^, 6 luglio 1984, Ricardi; Cass., Sez. 6^, 18 gennaio 1982, Carta; Cass., Sez. 2^, 8 ottobre 1976, Messuti; Cass., Sez. 2^, 28 febbraio 1972, Cinturino).
A quest’ultima tesi questo Collegio ritiene di dover aderire. Se, da un lato, è infatti vero che le nozioni civilistiche non possono ritenersi di per sè vincolanti ai fini della ricostruzione degli istituti di diritto penale sostanziale che facciano ricorso a categorie, concetti o termini evocativi di istituti disciplinati da altri settori dell’ordinamento giuridico, dovendosi aver riguardo alle specifiche finalità ed alla positiva struttura delle norme in cui quegli istituti si trovano ad essere collocati, è pur sempre vero che, ove la norma penale non presenti peculiarità che valgano a connotare in termini diversi quella determinata nozione rispetto al significato che ad essa è attribuito da altro settore del diritto, una lettura "diversa" della stessa risulterebbe abritraria, prima ancora che eccentrica. Ove, dunque, l’"acquisto", che integra la condotta materiale del delitto di ricettazione, si sia realizzato, come nella specie, attraverso un contratto con effetti reali, non v’è ragione alcuna per la quale ritenere che, anche agli effetti penali, non debba trovare applicazione la disposizione dettata dall’art. 1376 c.c., in virtù della quale la proprietà o il diritto trasferito o costituito "si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato". Contrariamente all’assunto della pronuncia innanzi citata, dunque, la traditio della res, nella quale può ravvisarsi null’altro che un momento che pertiene all’adempimento del contratto, già perfezionato ed efficace (e che quindi ha già prodotto le sue conseguenze sul pano giuridico, con evidente compromissione degli interessi protetti dall’art. 648 c.p. che vuole impedire la circolazione, non soltanto materiale, ma anche giuridica, della cosa di origine delittuosa), non può ritenersi imposta dalla norma penale come elemento strutturale della fattispecie, al punto da contrassegnarne – sempre e comunque – la consumazione. Ciò è, d’altra parte, svelato, sullo stesso piano testuale, dal raccordo – evidentemente alternativo – che lega fra loro i termini "acquista" e "riceve" che compaiono nel primo comma dell’art. 648 c.p., ove il secondo sta appunto a denotare (a differenza del primo) il passaggio materiale del bene proveniente da delitto, a prescindere dal relativo titolo giuridico. D’altra parte, non è senza significato la circostanza che in tema di stupefacenti (ove, a norma del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, è ugualmente punita la condotta di chi "acquista" o "riceve" tali sostanze), la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che per la consumazione del delitto non occorre che la droga sia materialmente consegnata all’acquirente, ma è sufficiente che si sia formato il consenso delle parti contraenti sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo della stessa (Cass., Sez. 1^, 23 marzo 2007, confr. comp. in proc. Di Liberto; Cass., Sez. 4^, 9 marzo 2006, Sirica; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2003, Bajtrami).
I restanti motivi di ricorso sono, invece, palesemente destituiti di fondamento giuridico. I giudici del merito, infatti, hanno congruamente evidenziato le ragioni per le quali non hanno ritenuto di ravvisare i presupposti per riconoscere la diminuente del fatto di lieve entità, di cui al secondo comma dell’art. 648 c.p., e quella prevista dall’art. 62 c.p., n. 4, avuto riguardo al valore degli oggetti contraffatti.
Allo stesso modo non censurabile si rivela l’apprezzamento relativo alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, considerato che le doglianze espresse sul punto dal ricorrente evocano esclusivamente profili di fatto, sottratti al sindacato di legittimità riservato a questa Corte.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese in favore delle parti civili Rolex Italia S.p.A. e Rolex S.A. (già Montres Rolex S.A.) che liquida per ciascuna in Euro 1.800,00, di cui Euro 1.600,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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