T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 27-04-2011, n. 635 Prodotti agricoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le Aziende agricole ricorrenti, quali produttrici di latte vaccino, sono assegnatarie di una quota di produzione nell’ambito del regime delle c.d. "quote latte" – disciplinato in sede europea dai regolamenti CE n. 1788/2003 e n. 595/2004, e a livello nazionale dal D.L. 49/2003 conv. in L. 119/2003 – il quale si prefigge l’obiettivo di contenere la produzione entro determinati limiti quantitativi. A tal fine, a ciascuno Stato membro è assegnata a livello di Comunità europea una quota complessiva di produzione (Q.G.G., ovvero "quantitativo globale garantito"), ripartita a sua volta fra i produttori di quello Stato, ognuno dei quali dispone di una quota individuale (Q.R.I., ovvero "quantitativo di riferimento individuale"). L’eccedenza produttiva rispetto al Q.R.I. viene disincentivata attraverso l’obbligo di pagare una data somma, detta "prelievo supplementare", che è di importo tale da rendere antieconomica la produzione in esubero.

Le esponenti ripercorrono brevemente l’evoluzione storica del regime delle quote, lamentando che lo Stato italiano non ha mai dato corretta attuazione al sistema comunitario di commercializzazione del latte, ed evidenziando che la Commissione governativa di indagine istituita nel 1997 ha accertato fenomeni truffaldini nella gestione delle quotelatte.

In punto di fatto osserva il Collegio che il Q.R.I. di ciascun produttore può entro certi limiti essere incrementato acquistando le quote di pertinenza di altri produttori, come espressamente consentito dagli artt. 10 e ss. della L. 119/2003 e dal regolamento di attuazione approvato con D.M. 31/7/2003. In tal modo, l’operatore il quale preveda di superare la produzione consentitagli può legalmente evitare di versare il prelievo supplementare, acquistando una quota pari all’eccedenza da altro produttore che, per lo stesso periodo, soggiace ad un quantitativo inferiore o nullo rispetto a quello assegnato in precedenza. Ai sensi dell’art. 17 comma 1 del citato regolamento, però, la cessione di quote latte da un’Azienda all’altra non può avvenire in modo incontrollato: è previsto che "i contratti di vendita della quota… devono essere stipulati entro e non oltre il 15 dicembre di ogni anno e devono essere trasmessi entro e non oltre i quindici giorni successivi alla data di stipula a cura del rilevante alla Regione", ovvero all’Ente locale minore subdelegato, che nel caso della Lombardia è la Provincia competente per territorio. Sempre ai sensi dell’art. 17 comma 1 in esame, l’Ente in parola compie la cd. validazione, ovvero "autorizza il trasferimento di quota a valere per il periodo di commercializzazione successivo".

Ciò premesso, le Aziende ricorrenti:

o hanno tutte stipulato un contratto di affitto di quote latte di produzione, cedute da aziende attive nel territorio della Gran Bretagna;

o hanno provveduto alla registrazione del contratto stesso e lo hanno inoltrato alla Provincia di Bergamo per la validazione;

o hanno ricevuto un diniego motivato con un richiamo alla nota sfavorevole della Commissione Europea 7/8/2006 e con i seguenti rilievi: "l’art. 1 del reg. CE 1788/03 istituisce… un prelievo, nel settore del latte vaccino, relativamente ai quantitativi di latte che superano i quantitativi di riferimento nazionali stabiliti nell’allegato 1; il suddetto allegato 1 definisce per ogni Stato membro i quantitativi di riferimento in base ai quali viene conteggiato l’eventuale esubero produttivo di ogni nazione e conseguentemente viene imputato il prelievo. E’ di tutta evidenza che contratti di cessione/affitto di quote tra produttori di Stati diversi andrebbero a modificare i quantitativi di riferimento nazionali approvati con regolamento comunitario. Inoltre, l’art. 18 paragrafo 1 del reg. 1788/03, che definisce tra le altre cose le modalità per il trasferimento definitivo dei quantitativi di riferimento senza corrispondente trasferimento di terre, al paragrafo 2 prevede espressamente che "le disposizioni di cui al paragrafo 1 possono essere applicate a livello nazionale, al livello territoriale appropriato…", non prevedendo l’estensione di tali disposizioni a nazioni diverse".

Avverso tale diniego, propongono impugnazione le Aziende in epigrafe, con ricorso fondato su un unico articolato motivo, ossia sulla violazione della disciplina europea delle quote latte, la quale andrebbe interpretata nel senso della loro libera commerciabilità – secondo le regole della concorrenza – anche nei rapporti fra imprese agricole di diversi Stati membri dell’Unione. Puntualizzano le ricorrenti che il regime del prelievo supplementare è elastico, prevedendosi la possibilità di trasferire una quantità delle quote prodotte con locazione, vendita o trasmissione ereditaria, anche senza il trasferimento di terra. Una volta rimosso il vincolo alla cessione unitamente alla terra, le quote (veri e propri diritti soggettivi) sono trasferibili secondo i principi che regolano la libera circolazione delle merci nella Comunità, e in base al Trattato.

Ad avviso delle ricorrenti ciò che importa è il quantitativo globale garantito a livello comunitario, per cui eventuali scambi di quota tra produttori aventi sede in diversi paesi membri non potrebbero modificare l’efficacia del sistema, ma comporterebbero semplicemente una rideterminazione nella ripartizione del detto quantitativo tra i vari Stati senza modificare l’ammontare complessivo. Considerare immutabile la situazione fotografata altererebbe il principio di proporzionalità della misura, poiché neppure gli atti comunitari possono superare i limiti di idoneità per il conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa dell’Unione Europea.

Qualora l’impostazione non fosse condivisa le Aziende chiedono la disapplicazione delle norme interne in quanto contrarie agli artt. 23, 28, 29, 33 e 34 del Trattato per indebita compressione della libertà di iniziativa economica, ovvero la remissione alla Corte di Giustizia.

Si sono costituite in giudizio la Provincia di Bergamo, la Regione Lombardia e l’A.G.E.A., formulando la prima eccezioni in rito e chiedendo tutte nel merito la reiezione del gravame.

Alla pubblica udienza del 13/4/2011 il gravame veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Le ricorrenti censurano le note emanate dalla Provincia di Bergamo, che ha negato la validazione dei contratti di affitto di quote latte stipulati con operatori della Gran Bretagna.

1. Nel merito, la normativa in materia di quote latte all’epoca dei fatti era costituita a livello comunitario dal regolamento C.E. 29/9/2003 n. 1788 e a livello nazionale dalla L. 30/5/2003 n. 119 e dal relativo regolamento di attuazione approvato con D.M. 31/7/2003: essa contemplava in modo espresso la cessione della titolarità o del godimento delle quote fra operatori di uno stesso Stato membro, mentre non regolava in modo esplicito le cessioni intracomunitarie. La questione si risolve quindi nell’interpretazione del silenzio del legislatore.

2. Il Collegio non ha ragione di discostarsi dalle puntuali statuizioni racchiuse nella pronuncia di questo Tribunale in data 5/6/2006 n. 679, la quale ha aderito alle conclusioni cui è pervenuta la Corte di Giustizia europea che si è occupata del problema con la sentenza della V sezione 14/7/1994 in causa C351/92 (Manfred Graff v. Hauptzollamt KolnRheinau): il sistema delle quote latte assicura il rispetto da parte di ciascuno Stato membro del quantitativo globale di produzione ad esso assegnato in sede comunitaria, mentre il meccanismo di calcolo sarebbe falsato se al singolo Stato si chiedesse di tener conto di quantitativi spettanti ai produttori nazionali di altri Stati membri (cfr. punto 23 sentenza).

3. Questo Tribunale ha poi affermato che "In proposito, occorre tener conto della logica complessiva del sistema delle quote latte, che, come messo in rilievo dalla migliore dottrina, non è quella di limitare la concorrenza, ma quella di costituire uno stadio intermedio fra una situazione di partenza, di mercato sussidiato, ed un obiettivo finale, di concorrenza libera. L’affermazione si giustifica osservando che al momento presente la produzione lattiera negli Stati comunitari fruisce di sussidi economici, in ragione di una certa somma per ogni unità di prodotto. Il sistema delle quote di produzione è stato istituito proprio per limitare l’entità di tali sussidi, e renderne sopportabile il peso per le finanze comunitarie, ponendo il principio per cui, superata una certa produzione, non si ha più titolo a percepire il sussidio stesso, ed anzi si subisce un disincentivo: in tal modo, le eccedenze di capacità produttiva dovrebbero gradualmente scomparire e consentire quindi il libero mercato del prodotto in questione….. le quote di produzione non riflettono una scelta contraria al mercato, ma costituiscono una via del tutto transitoria per il ritorno al medesimo. Si è poi aggiunto che "In tali termini, è agevole confutare l’assunto della ricorrente, per cui ogni restrizione alla circolazione delle quote latte sarebbe contraria ai principi di concorrenza e libera circolazione delle merci: alla luce di quanto spiegato, vero è il contrario, ovvero che ogni aspetto del regime delle quote latte che consente, come la cessione delle stesse, di aumentare la produzione dei singoli operatori va contro lo scopo complessivo del sistema, che è regolamentare la produzione stessa per consentire il passaggio al libero mercato, e deve quindi ritenersi di stretta interpretazione. In tali termini, la cessione intracomunitaria delle quote, non prevista dalle norme, a differenza della cessione nell’ambito del Paese membro, deve ritenersi vietata".

4. In buona sostanza l’Unione Europea ha delineato un sistema nel quale la suddivisione dei quantitativi tra i vari paesi membri è un dato qualificante, e non è configurabile l’affitto o la vendita di quote tra Stati anche per l’assenza di meccanismi di correzione sovranazionali. Nella stessa nota della Commissione Europea pervenuta il 9/8/2006 del resto si sottolinea che il regolamento CE 1788/2003 è strutturato in modo tale che ciascuno Stato membro sia responsabile della propria quota nazionale di riferimento, sicchè il regime del prelievo non può avere altro ambito di applicazione che il territorio dello Stato membro.

5. Le riflessioni sin qui svolte rendono manifestamente infondata la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

In conclusione il gravame è infondato e deve essere respinto.

L’obiettiva natura controversa della questione giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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