Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-07-2011, n. 16583 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 7/2 – 18/2/08 la Corte d’Appello di Milano, pronunziando sull’impugnazione proposta dalla S.p.a. Autostrade concessioni e costruzioni avverso la sentenza n. 1904/05 del giudice del lavoro del Tribunale di Milano che aveva accertato che tra tale società e T.M. era intercorso un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ed a tempo pieno a decorrere dal 1 maggio 1991, condannandola al riconoscimento della relativa anzianità lavorativa, riformò la sentenza e rigettò le domande di cui al primo grado con compensazione delle spese dei due giudizi.

La Corte territoriale, dopo aver precisato che l’appellato era stato assunto a tempo indeterminato in data 1/12/96 a seguito di numerosi contratti a termine conclusi nei periodo compreso tra il 16/6/89 e l’1/3/96, spiegò che nella fattispecie la domanda svolta, in conseguenza dell’accertamento dell’unicità del rapporto a tempo indeterminato, era quella di condanna della convenuta società al riconoscimento dell’anzianità di servizio e di tutte le retribuzioni perdute dalla data del contratto ritenuto illegittimo o da quella diversa ritenuta di giustizia, ma che tuttavia tale domanda era stata proposta ben oltre il termine di prescrizione quinquennale dei crediti concernenti le retribuzioni maturate, vale a dire circa sei anni e mezzo dalla scadenza dell’ultimo contratto a termine, indice inequivocabile, questo, della volontà del lavoratore, convergente sul punto con quella già espressa dalla controparte, di ritenere risolto l’intercorso rapporto, per cui poteva considerarsi fondata l’eccezione di intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro per muto consenso, così come riproposta dalla difesa della società autostradale. Nè poteva assumere rilievo determinante, secondo il giudice d’appello, il fatto che le parti avevano stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato senza soluzione di continuità con l’ultimo contratto a termine del 1 marzo 1996, epoca, questa, a partire dalla quale era stata riconosciuta l’anzianità di servizio, atteso che si trattava di rapporto assistito dalla garanzia della stabilità, la qual cosa rendeva irrilevante la presunzione di una situazione psicologica di "metus" del dipendente nei confronti del datore di lavoro nel corso del rapporto.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso T.M. affidando l’impugnazione ad un solo articolato motivo di censura.

Resiste con controricorso la società Autostrade per l’Italia s.p.a. la quale deposita anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Col presente ricorso viene denunziata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. e segg. e dell’art. 100 c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte ( art. 360 c.p.c., n. 3 e 5).

Si deduce, in sostanza, che la domanda aveva per oggetto il riconoscimento dell’anzianità di servizio, in conseguenza della richiesta di accertamento di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato per effetto dell’illegittimità dell’apposizione del termine ai vari contratti succedutisi nel tempo, oltre che il recupero delle retribuzioni perdute dalla data del contratto ritenuto illegittimo, per cui l’oggetto principale era rappresentato dal diritto di vedersi ricostruita la carriera, di per sè imprescrittibile, non essendo la stessa un autonomo diritto, ma semplicemente la dimensione temporale del rapporto di lavoro nel cui ambito integrava il presupposto di fatto di specifici diritti, che nella specie erano anche gli scatti di anzianità ed il loro riflesso sul TFR; invece, il diritto al riconoscimento delle retribuzioni costituiva solo una conseguenza economica della richiesta principale, per cui mai poteva ritenersi configurata nella fattispecie una risoluzione per mutuo consenso per il solo fatto del lasso di tempo trascorso tra l’ultimo contratto a termine e l’introduzione del giudizio. A conforto della tesi della ininfluenza della prescrizione del diritto alle retribuzioni sul diritto al riconoscimento dell’anzianità di servizio il ricorrente osserva che anche il primo giudice, il quale aveva escluso l’ipotesi della intervenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso, aveva precisato che si era prescritto esclusivamente il diritto alle retribuzioni. Il motivo è fondato.

Si osserva, infatti, che la ritenuta risoluzione del rapporto per mutuo consenso, così come individuata dal giudice d’appello, riposa solo sul concetto della prescrizione maturata nell’arco temporale compreso tra l’ultimo rapporto a termine (1/3/96) e la prima lettera interruttiva del legale del lavoratore (ricevuta il 23/1/03), prescrizione che non può ritenersi, tuttavia, da sola sufficiente per la configurazione della suddetta causa estintiva del rapporto, tanto più che la stessa è riferita ad un diritto consequenziale a quello costituente l’oggetto principale della domanda che è rappresentato, oltre che dalla richiesta di accertamento della illegittimità del termine apposto ai vari contratti succedutisi nel periodo compreso tra il 16/6/89 e l’1/3/96, anche dal diritto alla ricostruzione della carriera, implicante il riconoscimento dell’anzianità di servizio, mentre le differenze economiche correlate, ritenute dal giudicante prescritte, ne rappresentano solo una conseguenza.

Invero, si è già avuto modo di statuire (Cass. sez. lav. n. 5887 dell’11/3/2011) che "in tema di risoluzione del rapporto di lavoro subordinato per mutuo consenso tacito ed al fine della dimostrazione della chiara e certa comune volontà delle parti di porre fine ad ogni rapporto lavorativo, non è di perse sufficiente ia mera inerzia del lavoratore dopo l’impugnazione del licenziamento, o il semplice ritardo nell’esercizio del diritto e, in ogni caso, la valutazione del significato e della portata del complesso degli elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto".

Si è, altresì precisato, per quel che concerne nello specifico la materia dei contratti a termine, (Cass. sez. lav. n. 23057 del 15/11/2010) che "nel rapporto di lavoro a tempo determinato, la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo dovendosi, peraltro, considerare che l’azione diretta a far valere la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, per violazione delle disposizioni che individuano le ipotesi in cui è consentita l’assunzione a tempo determinato, si configura come azione di nullità parziale del contratto per contrasto con norme imperative ex art. 1418 c.c. e ex art. 1419 c.c., comma 2, di natura imprescrittibile pur essendo soggetti a prescrizione i diritti che discendono dal rapporto a tempo indeterminato risultante dalla conversione "ex lege" del rapporto a tempo determinato cui era stato apposto illegittimamente il termine.

(Nella specie, relativa ad una pluralità di contratti a tempo determinato conclusi tra un aiuto arredatore e la RAI S.p.a., la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio ha ritenuto che correttamente la Corte di merito avesse dichiarato la nullità del termine apposto, restando priva di rilievo la mera inerzia tenuta dal lavoratore per oltre un anno e mezzo, dalla scadenza del termine dell’ultimo dei cinque contratti intervenuti)".

Anzi, da un punto di vista logico, nella fattispecie il comportamento tenuto dalle parti successivamente alla conclusione dell’ultimo contratto a termine induce a ritenere una chiara e comune volontà delle stesse di significato contrario a quello supposto dal giudice d’appello, in quanto i contraenti hanno dato poi vita, nel corso dello stesso anno dell’ultimo contratto a termine, ad un rapporto a tempo indeterminato.

Tra l’altro è orientamento giurisprudenziale consolidato quello per il quale l’anzianità di servizio del lavoratore subordinato, configura un mero fatto giuridico, insuscettibile di autonoma prescrizione, e, pertanto, può sempre costituire oggetto di accertamento giudiziale, purchè sussista nel ricorrente l’interesse ad agire, da valutare in riferimento alla azionabilità dei diritti dei quali essa costituisce presupposto, e che, quindi, può essere esclusa soltanto dalla eventuale prescrizione di siffatti diritti, (ex plurimis v. Cass. sez. lav. n. 9060 del 12/5/2004, Cass. sez. lav. n. 12756 dell’1/9/2003, Cass. sez. lav. n. 8228 del 23/5/2003).

Quindi, la circostanza per la quale alcuni diritti di natura economica si erano già prescritti all’atto della proposizione della domanda non impediva il permanere dell’interesse del lavoratore, in conseguenza della sua richiesta di accertamento della nullità dell’apposizione del termine ai vari contratti di lavoro conclusi nel tempo, a vedersi ricostruita la carriera e riconosciuta l’anzianità di servizio per tutto ciò che era fuori della prescrizione, anche con riferimento agli scatti di anzianità ed ai loro riflessi sul calcolo del trattamento di fine rapporto, tanto più che il suo rapporto di lavoro era ripreso nella forma dell’assunzione a tempo indeterminato dopo l’ultimo contratto a termine.

Infatti, si è giustamente affermato (Cass. sez. lav. n. 4076 del 27/2/2004) che "l’anzianità del lavoratore, presupposto per il conseguimento di determinati diritti, come quello al computo dell’indennità di fine rapporto o agli scatti di anzianità, configura un mero fatto giuridico insuscettibile di prescrizione, con la conseguenza che, nel caso in cui il lavoratore, prescrittosi un primo scatto di retribuzione, agisca tempestivamente per ottenere l’attribuzione di scatti successivi, questi debbono essere liquidati nella misura ad essi corrispondente, e cioè come se quello precedente, maturato ma non più dovuto per effetto della prescrizione, fosse stato corrisposto".

Pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata e rinviata per il giudizio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, la quale si atterrà ai suddetti principi e si pronunzierà anche per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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