T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 27-04-2011, n. 1083 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

t. 60 cod. proc. amm.;
Svolgimento del processo

Gli esponenti sono, rispettivamente, l’aspirante datore di lavoro e l’aspirante lavoratore destinatario, quest’ultimo, della domanda di nulla osta al lavoro subordinato, inoltrata dalla ditta "S.A.D. di A.E.H.T.S.", nell’ambito della procedura disciplinata dagli artt. 22 e ss. del d.lgs. n.286/1998, avviata, quanto ai "Flussi 2007", dal d.P.C.M. 30.10.2007.

In relazione ad essa, si ricava dagli atti di causa che:

– in data 24/4/2009 lo Sportello Unico Immigrazioni della Prefettura di Milano ha provveduto al rilascio del nullaosta al lavoro subordinato prot. n. PMI/L/Q/2007/110667, all’uopo trasmesso alla competente Rappresentanza Diplomatico – Consolare in Egitto, individuata nell’Ambasciata italiana al Cairo;

– in data 19/7/2009 il sig. Ragab Hashem ha conseguito presso gli uffici dell’Ambasciata da ultimo citata il visto di ingresso per l’Italia n. I 14861953, con cui ha successivamente varcato i confini dello Stato italiano.

A questo punto, secondo quanto documentato da parte resistente, nel corso delle operazioni preordinate al perfezionamento dell’iter volto al rilascio del permesso di soggiorno, a seguito dei rilievi dattiloscopici eseguiti il giorno 12.03.2010 (cfr. elenco precedenti dattiloscopici AFIS agli atti), è emerso che lo stesso Ragab Hashem, con diverse generalità, era stato destinatario di un provvedimento di espulsione emesso dalla Prefettura di Milano in data 4.10.2005 (data erroneamente trascritta nel provvedimento qui gravato), recante contestuale divieto di reingresso per il periodo di anni 10 dalla data dell’effettivo allontanamento, con allegato il verbale di notifica all’interessato in pari data.

In conseguenza di ciò, la Prefettura di Milano ha adottato il decreto in epigrafe specificato, con cui ha annullato il nullaosta al lavoro subordinato n. PMI/L/Q/2007/110667 sopra citato.

Contro il suddetto decreto sono insorti gli istanti, affidando il gravame ai motivi di seguito sintetizzati:

1) Eccesso di potere per insussistenza di presupposto e difetto di istruttoria.

2) Violazione dell’art. 5, co. 5 del d. lgs. n. 286/1998; eccesso di potere per violazione dei principi generali in materia di autotutela e per difetto di motivazione.

3) Violazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990 ed eccesso di potere per violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale.

Si è costituita l’intimata Amministrazione con comparsa "di stile".

Alla Camera di Consiglio del 10.02.2011 il Collegio ha disposto incombenti istruttori a cura della parte resistente, debitamente ottemperati con la documentazione depositata in data 11/03/2011.

Con motivi aggiunti presentati alla notifica il 23 marzo 2011 e depositati nella stessa data, sono state prospettate nuove censure in relazione al provvedimento impugnato col ricorso introduttivo, che fanno, essenzialmente, leva:

4) sulla violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 e del divieto di integrazione postuma della motivazione.

Alla Camera di Consiglio del 21.4.2011 il Collegio, valutata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per comodità espositiva, devono essere disattesi, con conseguente reiezione dell’odierno gravame.

Dalla documentazione versata in atti da parte resistente risulta, in modo inequivocabile, sia l’esistenza che la notificazione al diretto interessato di un decreto di espulsione emesso a carico del ricorrente sig. Ragab Hashem.

Tale circostanza indubbiamente concreta una causa di illegittimità del nullaosta all’assunzione a suo tempo rilasciato dalla competente Prefettura, per violazione del combinato disposto degli artt. 4, co. 6° e 13, co. 13° del d.lgs. n.286/1998, rendendo lo stesso annullabile.

Detto nulla osta, infatti, è risultato privo di un presupposto richiesto dal cit. T.U. del "98 per l’ingresso nel territorio nazionale, consistente nell’assenza di un divieto di reingresso derivante da un’espulsione tutt’ora efficace.

Il mancato tempestivo rilevamento di tale carenza di requisito (negativo) necessario per il perfezionamento dell’iter procedimentale di cui agli artt. 22 e ss. d. lgs. n. 286/1990, non può, a ben vedere, essere addebitato a colpa dell’amministrazione, ove si consideri che la stessa è stata indotta in errore a causa del comportamento dell’interessato, che ha ripetutamente fornito false generalità all’Autorità di p.s. (circostanza, questa, che chiaramente emerge dall’elenco degli "alias" associati ai dattiloscopici AFIS in precedenza citati), così rendendo impossibile per la stessa autorità a ciò preposta la verifica della precedente espulsione, anteriormente al rilascio del nullaosta, trattandosi, come già detto, di espulsione emessa sotto nominativo diverso da quello fornito in occasione della domanda di nullaosta.

In tali evenienze, come ripetutamente affermato dal Supremo Consesso Amministrativo, "Nessun legittimo affidamento può essere riconosciuto a chi ha fornito false generalità all’autorità di p.s. ed è rimasto o rientrato in Italia in violazione di un provvedimento espulsivo" (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI^, 16.12.2010 n. 9029; id. 18.11.2010 n. 8101; id. 29.09.2010 n. 7202).

Quanto alla dedotta violazione delle norme in materia di procedimenti di autotutela, è utile riportare l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, nelle sentenze da ultimo citate, ove si afferma espressamente che:

"Non risultano violate le regole in tema di autotutela amministrativa ove si consideri (Cons. St., sez. VI, n. 4003/2010 cit.):

a) l’obbligatorietà, ex lege, della revoca del permesso di soggiorno se si accerta la mancanza originaria o sopravvenuta dei presupposti per il suo rilascio, sancita dall’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998 per l’ordinario permesso di soggiorno… che rendono attuale e concreto l’interesse pubblico all’autotutela;

b) l’obbligatorietà della revoca del permesso di soggiorno in caso di mancanza originaria dei suoi presupposti comporta che la disciplina dell’autotutela in relazione ai permessi di soggiorno è "speciale" rispetto alla disciplina generale dell’autotutela di cui all’art. 21nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241; infatti l’autotutela speciale è doverosa e non discrezionale, prescinde da limiti temporali, comporta una valutazione ex lege dell’attualità dell’interesse pubblico,…consente di tener conto solo di sopravvenienza di nuovi elementi che consentono il rilascio attuale del titolo, e dei legami familiari, non di altri elementi personali;

c) nella specie non è stata dimostrata la sopravvenienza di nuovi elementi che consentissero il rilascio del titolo, in quanto il decreto di espulsione, del 2000, comportava il divieto di reingresso in Italia per cinque anni dalla data di effettiva uscita dal territorio italiano, salva speciale autorizzazione, e nella specie non risulta dimostrata l’effettiva uscita dal territorio Italiano, e per converso risulta provata la presenza in Italia, nel 2003, in violazione del divieto;

d) neppure è stata dimostrata la sussistenza di legami familiari in Italia;

e) la mancata considerazione dell’esistenza del decreto di espulsione alla data del rilascio del permesso di soggiorno non è imputabile alla p.a. ma alla circostanza delle false generalità fornite in sede di decreto di espulsione rispetto a quelle veritiere fornite in sede di rilascio del permesso di soggiorno;…" (cfr. altresì Cons. Stato n. 9029/2010 cit.).

Considerazioni analoghe valgono, quindi, in relazione al caso che qui occupa, atteso che – in assenza di sopravvenienze rilevanti ai sensi dell’art. 5, co. 5 cit. ("dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell’articolo 29", nel qual caso "si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonchè, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale", anche alla luce dell’applicazione estensiva che della succitata norma ha fornito il Consiglio di Stato in ossequio all’art. 8 della C.E.D.U., ad es. con le ordinanze, Sez. VI^, 30.03.2010 n.1480, 31.03.2010, n. 1469, 10.02.2010 n. 691), non addotte dagli esponenti – non è possibile adottare un provvedimento diverso dall’annullamento del nullaosta in precedenza illegittimamente rilasciato.

Non si può, in altri termini, ritenere che siano sopraggiunte circostanze tali da consentire oggi il rilascio del titolo di soggiorno, atteso che, risulta tutt’ora valido ed efficace il decreto di espulsione adottato dalla Prefettura nel 2005 che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 e 13 T.U. "98 cit., preclude ancora oggi la possibilità di rilascio del titolo in questione.

Con specifico riguardo, poi, alla censura che fa leva sulla violazione degli artt. 7 e ss. della l. n. 241/1990, per la mancata comunicazione di avvio del procedimento di autotutela, giova osservare come, in linea generale, in mancanza della revoca di un precedente decreto di espulsione, il diniego di rilascio del permesso di soggiorno presenti carattere vincolato, poiché gli artt. 4, comma 6, del T. U. n. 286 del 1998 (secondo cui "non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto di ingresso") e 5, comma 5, del medesimo T. U. (nella parte in cui dispone che "il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…"), vanno coordinati con l’art. 13, comma 13, stesso T. U., il quale stabilisce che lo straniero espulso non può rientrare nel territorio italiano senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’Interno (senza trascurare il disposto dell’art. 19 del d. P. R. n. 394/99, secondo cui il divieto di rientro nel territorio dello Stato per le persone espulse opera a decorrere dalla data della esecuzione dell’espulsione).

In relazione al caso che qui occupa, va ribadito come il sig. Ragab Hashem sia sicuramente uscito dal Territorio nazionale successivamente all’espulsione disposta dal Prefetto di Milano nel 2005, essendosi recato all’Ambasciata italiana al Cairo per ottenere, come già detto, il visto di ingresso, a mezzo del quale, successivamente, ha fatto nuovamente ingresso in Italia.

Ne consegue che il ricorrente Ragab, pur consapevole dell’esistenza a suo carico della cit. espulsione, ancora senz’altro efficace al momento del reingresso (essendo stata irrogata nell’anno 2005 per un periodo di anni 10), ritualmente notificata al ricorrente medesimo (cfr. doc. dep. in data 11.03.2011 da parte resistente) ha fatto rientro nel territorio nazionale senza la speciale autorizzazione di cui all’art. 13 cit.

In tale evenienza, la declaratoria prefettizia di annullamento d’ufficio del nullaosta al lavoro subordinato rappresenta una soluzione vincolata da parte della P.A., con tutte le conseguenze afferenti i predetti provvedimenti (cfr., T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 17 dicembre 2008, n. 3859; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 43; T.A.R. Veneto, III, n. 1941 del 2008; T.A.R. Campania, Napoli n.9820/2008 reg. sent.).

Dal carattere vincolato dell’atto qui gravato consegue, quindi, sia la irrilevanza dell’invocato affidamento, illegittimamente formatosi a fronte della originaria assenza dei requisiti per la positiva conclusione del procedimento di ingresso per lavoro subordinato, sia la irrilevanza delle lamentate violazioni procedimentali (cfr. Consiglio di Stato n.1574/2009 reg. dec.).

Quanto ai motivi aggiunti depositati il 23 marzo u.s., con essi gli istanti dubitano della riferibilità del decreto di espulsione del 4.10.2005 al sig. Ragab, ma senza addurre argomentazioni convincenti, in grado di smentire la prova fornita dall’amministrazione, che ha versato in atti l’elenco dei precedenti fotodattiloscopici riferibili al sig. Ragab, i quali includono il nominativo sotto il quale, come già detto, è stata emessa e notificata l’espulsione del 2005.

Né rilevano le questioni sollevate dalla difesa ricorrente a proposito del decreto del Questore adottato per dare esecuzione all’espulsione prefettizia (con cui è stato disposto il trattenimento del soggetto espulso presso il C.P.T. di Milano, in attesa della conferma delle generalità da parte delle Autorità egiziane), atteso che, si tratta di comunque di questioni afferenti un atto consequenziale, distinto dal decreto prefettizio di espulsione e finalizzato all’attuazione di quest’ultimo.

Nessuna rilevanza può assumere, quindi, l’errore materiale commesso dall’amministrazione nel riportare erroneamente la data del decreto di espulsione nell’epigrafe del provvedimento impugnato, essendo allegato e dimostrato agli atti che, comunque, un’espulsione a carico del Ragab esiste ed è tuttora valida ed efficace.

Quanto alle censure afferenti i vizi di motivazione, il Collegio non può che richiamarsi alle argomentazioni in precedenza esposte a proposito della irrilevanza dei vizi formali in presenza di un atto, qual è quello qui gravato, di carattere vincolato.

Per le suesposte considerazioni, il ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe specificati devono essere respinti.

Sussistono, nondimeno, valide ragioni, ricavabili dalla su estesa motivazione, per compensare integralmente le spese di lite fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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