Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-01-2011) 28-04-2011, n. 16555

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 19 luglio 2007 il Tribunale di Milano dichiarava, fra l’altro, responsabili:

– S.D. e G.G. del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 318 c.p., per avere negli anni 2002 e 2003, quali appartenenti alla Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato (OMISSIS), addetti anche all’Ufficio Stranieri, ricevuto da diversi soggetti beni di vario genere quale retribuzione per atti d’ufficio inerenti a pratiche concernenti il soggiorno di stranieri;

– il G. altresì del reato di cui all’art. 319 c.p., per avere nel (OMISSIS), nella qualità predetta, ricevuto un bene in corrispettivo dell’atto antidoveroso consistito nell’eliminare dalla pratica per il rinnovo urgente del permesso di soggiorno di M. W. (sorella di E.G.F.) il biglietto aereo allegato a una precedente istanza non accolta e nell’accreditare l’urgenza con una dichiarazione, vistata da un notaio, secondo cui la M. doveva essere parte in un atto di trasferimento di proprietà;

– C.V.: – del reato ex artt. 81 e 110 c.p. e D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, comma 5, per avere, al fine di trarne profitto, svolto attività dirette a favorire la permanenza in Italia di stranieri, principalmente attraverso la loro simulata assunzione al lavoro; – del reato ex artt. 477 e 482 c.p., per avere contraffatto una patente di guida.

Su appello degli imputati, la Corte di appello di Milano, con sentenza del 2 luglio 2009 confermava la pronuncia di primo grado.

Propongono ricorso i prevenuti.

S. deduce l’illegittimo e immotivato rigetto dell’eccezione di indeterminatezza del capo d’imputazione e il conseguente vizio di motivazione nella valutazione delle prove, in relazione in particolare alla correlazione, anche temporale e di proporzionalità, fra le presunte attività compiacenti (in realtà del tutto corrette) e le presunte utilità ricevute.

G. deduce: – l’inutilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali di E.G.F.; – il vizio di motivazione sul reato ex art. 319 c.p., in relazione in particolare alla circostanza dell’esistenza di un archivio delle pratiche rigettate e all’individuazione del corrispettivo della presunta corruzione; – il vizio di motivazione per la mancata risposta a vari rilievi contenuti nell’atto di appello, con riferimento, in particolare, ai punti di cui ivi ai nn. 3, 4 e 5.

Con motivi nuovi la difesa di G. ha ripreso e sviluppato i motivi inerenti ai denunciati vizi di motivazione.

C. denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di contraffazione della patente, non potendosi, a fronte di una risalente data del documento, basarsi, ai fini della decorrenza del termine prescrizionale, sull’epoca di accertamento del reato.
Motivi della decisione

Per quanto concerne S., si osserva che il reato a lui ascritto, commesso fra il (OMISSIS) (epoca in cui – ai primi del mese – l’imputato fu trasferito dal luogo dei fatti), è prescritto e, non ravvisandosi i presupposti per un più favorevole proscioglimento del prevenuto, corre l’obbligo della declaratoria ex art. 129 c.p.p. della detta causa estintiva, che prevale sulla eventuale rilevazione del denunciato vizio processuale e preclude l’esame delle censure attinenti alla motivazione (cfr. in merito Sez. U, n. 17179 del 27.02.2002, Conti).

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti di S..

Fondato è il ricorso di C.. Il reato di falsità a lui ascritto, infatti, commesso in una data incerta ma compresa fra quella del (OMISSIS), recata dal documento contraffatto e quella del (OMISSIS), di accertamento del fatto, non può ritenersi posto in essere – come ha opinato la Corte di merito – in data prossima a quella del detto accertamento, bensì, in ossequio al principio del favor rei, in epoca corrispondente alla più risalente data possibile del (OMISSIS), con la conseguenza che il reato stesso deve essere dichiarato estinto per prescrizione. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti di C. limitatamente al reato di falsità di cui al capo 6B. Per quanto concerne il ricorso di G., si osserva anzitutto che l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali di E.G.F. è irrilevante, avendo il primo giudice, cui si è nella sostanza richiamato quello d’appello, espressamente affermato che ai fini dell’affermazione di responsabilità degli imputati, tra cui G., da quelle dichiarazioni si poteva del tutto prescindere, in considerazione dell’esistenza di altre e sufficienti risultanze probatorie (costituite dalle conversazioni intercettate).

Relativamente al reato di corruzione propria, il ricorrente contesta la ravvisabilità di atti contrari ai doveri d’ufficio, rilevando che non può attribuirsi tale valenza all’assicurazione data a E.G. di eliminare dalla pratica per il rinnovo urgente del permesso di soggiorno di M.W. (sorella di E.G.) il biglietto aereo allegato a una precedente istanza non accolta, posto che non sarebbe stato adeguatamente dimostrato che le pratiche rigettate venissero conservate presso il Commissariato, non potendosi univocamente interpretare in tal senso (anzichè in quello della conservazione presso la Questura Centrale) la deposizione del teste Fava ed essendo stata la circostanza in questione negata dal teste Z.. Ora, premesso che lo stesso Z. ha riconosciuto che per 20-30 giorni le pratiche respinte venivano conservate presso il Commissariato (avallando così, in relazione almeno al detto periodo, la lettura data della deposizione F.) e che il rinnovo cui E.G. intendeva procedere avveniva in quell’arco di tempo, non c’è dubbio che l’assicurata eliminazione dalla pratica di M.W. della precedente richiesta (che poteva ostacolare l’accoglimento della nuova), ancora ivi presente, costituiva un chiaro atto antidoveroso per il G., cui incombeva di inoltrare la documentazione così come esistente agli atti dell’ufficio.

Oltre a ciò, c’è da dire che i giudici di merito hanno ravvisato un’ulteriore antidoverosità della condotta del prevenuto nella circostanza (su cui nulla si dice nel ricorso) dell’avere egli concordato con E.G. una nuova fittizia (come emerge chiaramente dal tenore della conversazione del 13 ottobre 2003 – riportata a p. 22 della sentenza di primo grado – intercorsa fra E.G. e una collaboratrice dello studio notarile contattato) ragione da porre a base della seconda richiesta urgente di permesso di soggiorno per M.W., consistente nella necessità di stipulare un rogito notarile.

Quanto poi al motivo relativo alla mancata individuazione del corrispettivo della presunta corruzione propria, occorre precisare che nell’atto di appello, al di là di una generale contestazione della determinatezza delle imputazioni, che non è stata ripresa nel ricorso ma solo, e inammissibilmente, nei motivi nuovi, non era stata specificamente formulata una censura riguardante il punto predetto in relazione al reato ex art. 319 c.p., onde non è ora ammissibile una denuncia di vizio motivazionale in proposito.

Per completezza può aggiungersi che nella sentenza di primo grado il corrispettivo in questione veniva specificato non nel televisore indicato nel capo di imputazione, ma nella "cosa pesante" che nella telefonata in data 8 ottobre 2003 (corrispondente all’epoca delle trattative per le pratiche di M.W.) E.G. dice di dover consegnare a G.. Nell’atto di appello questa circostanza è riportata nella parte relativa al reato continuato ex art. 318 c.p., per denunciare che circa "questo episodio, nulla è stato accertato di preciso". Ora, poichè, come detto, la circostanza in esame era stata dal primo giudice concretamente ricollegata, quale elemento attestante il corrispettivo, al reato di cui all’art. 319 c.p., è evidente che la generica denuncia di mancanza di un preciso accertamento sull’oggetto della telefonata, fatta in relazione al diverso reato ex art. 318 c.p., non richiedeva nè doveva ricevere alcuna risposta da parte del giudice d’appello.

Quanto alla doglianza relativa alla mancata risposta a rilievi contenuti nell’atto di appello, con riferimento, in particolare, ai punti di cui ivi ai nn. 3, 4 e 5, afferenti al reato di corruzione impropria continuata, deve osservarsi che essa assume rilievo solo per gli episodi successivi al (OMISSIS), essendo il periodo precedente coperto dalla prescrizione (considerato il termine di sette anni e mezzo, aumentato di 14 giorni di sospensione per un rinvio dal 14 al 28 novembre 2006). Si tratta, in particolare, degli episodi di cui alle telefonate del 9 luglio 2003, n. 430, e del 19 settembre 2003, n. 1471. Su quest’ultima (attestante una dazione da parte di certo A. in relazione a una pratica di permesso di soggiorno) nessuna contestazione era stata mossa nei motivi di appello.

Quanto alla telefonata del 9 luglio 2003, n. 430, dalla stessa e da quelle dello stesso giorno e dei giorni precedenti, leggibili in dettaglio a p. 18 della sentenza di primo grado, emerge con chiarezza l’interessamento di G. per esigenze rappresentate da E. G. e l’acquisizione da parte del primo di un Home theatre pagato dal secondo. Ora, al riguardo l’imputato aveva, da un lato, contestato, contro l’evidenza delle conversazioni, la connessione della dazione con attività d’ufficio e, dall’altro, dedotto di aver rimborsato il pagamento: di tanto, però, i giudici di merito, sia di primo (v. p. 33 sentenza) che di secondo grado (p. 43 sentenza) hanno rilevato che non è stata data alcuna dimostrazione.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio nei confronti di G. limitatamente agli episodi di corruzione di cui al capo 2A fino al 6 luglio 2003, con rinvio al giudice di merito per la rideterminazione dell’aumento di pena da applicare ex art. 81 cpv. c.p. relativamente agli episodi di corruzione del capo 2A di cui alle telefonate del 9 luglio 2003, n. 430, e del 19 settembre 2003, n. 1471.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di S. D. perchè il reato continuato a lui ascritto è estinto per prescrizione.

Annulla senza rinvio la stessa sentenza nei confronti di C. V. limitatamente al reato di falsità di cui al capo 6B, perchè estinto per prescrizione. Annulla altresì senza rinvio la stessa sentenza nei confronti di G.G. limitatamente agli episodi di corruzione di cui al capo 2A commessi fino al (OMISSIS), perchè estinti per prescrizione; rigetta nel resto il ricorso e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per la rideterminazione dell’aumento di pena da applicare ex art. 81 cpv. c.p. per gli episodi di corruzione del capo 2A di cui alle telefonate del 9 luglio 2003, n. 430, e del 19 settembre 2003, n. 1471.

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