T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 27-04-2011, n. 1070 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1) La società ricorrente, proprietaria di terreni ubicati nel territorio di Cornate d’Adda e azzonati in base al PRG vigente come agricoli, ha impugnato la delibera di adozione della variante in cui le sue aree mantengono detta destinazione agricola.

Lamenta che l’Amministrazione ha conferito un incarico al dipartimento di Scienza del Territorio della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, prevedendo che la cittadinanza fosse coinvolta nella redazione del nuovo piano.

Il progetto presentato alla cittadinanza, dopo i vari incontri pubblici, prevedeva che parte dei terreni venisse inclusa in una zona di espansione residenziale integrata, parte azzonata come D3 per insediamenti sportivi e il resto coma aree per servizi e infrastrutture.

Era sorto pertanto un affidamento per una destinazione residenziale, confinando le aree con una zona urbanizzata.

Il Comune nella delibera di adozione ha invece confermato la destinazione agricola.

La delibera di adozione è stata impugnata con ricorso n. 101/2002, per i seguenti motivi:

1) violazione dell’art 3 L. 241/90; violazione degli artt 7 e segg. L. 1150/1942; violazione della L.R. 51/75; violazione dell’art 3 L.R. 1/2000; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione per carenza istruttoria, illogicità manifesta e disparità di trattamento: l’Amministrazione ha disatteso le aspettative sorte a seguito dell’attività di partecipazione, non adottando le previsioni della bozza originaria del progetto di variante, redatto dagli incaricati, in cui le aree della società ricorrente venivano rese in parte residenziali;

2) ulteriore profilo di eccesso di potere per illogicità manifesta; violazione dell’art 7 L. 1150/1942; violazione dell’art 27 L.R. 51/75; violazione dell’art 3 L.R. 1/2000; eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto assoluto di motivazione: la scelta di confermare la destinazione agricola appare illogica e in contrasto con le linee guida della variante;

3) eccesso di potere per violazione degli atti anteriori del procedimento e del procedimento adottato; violazione degli artt. 7 e segg. L. 1150/192; violazione dell’art 27 L.R. 51/75; violazione dell’art 3 L.R. 1/2000; ulteriore eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto assoluto di motivazione; violazione dell’art 10 L. 241/90: l’Amministrazione ha adottato un piano diverso rispetto a quello presentato alla cittadinanza.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ricorso n. 3848/2004 la società ha impugnato la delibera di approvazione della variante generale, unitamente al parere di compatibilità con il PTCP, reso dalla Provincia competente, per i seguenti profili:

1) violazione dell’art 27 L.R. 51/75; degli artt. 10 L. 1150/1942 e 3 L.R.1/2000; violazione del principio del tempus regit actus; eccesso di potere per carenza di istruttoria: è stata violata la disciplina procedimentale;

2) violazione degli artt. 42,48 e 107 D. lvo 267/2000, incompetenza, essendo il parere sulla compatibilità con il PTCP stato reso dalla Giunta Provinciale, in luogo del Consiglio;

3) Violazione dell’art 10 L. 241/90; eccesso di potere per carenza di istruttoria, omessa valutazione dei presupposti, carenza assoluta di motivazione: l’Amministrazione non ha valutato le osservazioni presentate e i motivi articolati nel ricorso proposto avverso l’adozione;

4) Illegittimità derivata, per i profili di illegittimità articolati avverso l’atto di adozione.

Si costituivano in giudizio il Comune di Cornate d’Adda, la Provincia e la Regione, chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 10 marzo 2011 i ricorsi venivano trattenuti in discussione.
Motivi della decisione

1) Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi, sussistendone i presupposti di connessione soggettiva e oggettiva.

2) Vengono impugnate le delibere di adozione e approvazione della variante, in cui viene confermata, per le aree della società ricorrente, la pregressa destinazione agricola.

2.1 I motivi del ricorso n. 101/2002 (riproposti anche nel secondo ricorso, al punto 4) sono infondati.

Il Collegio ritiene sia sufficiente richiamare le precedenti decisioni di questa sezione nn. 1338/2004 (confermata dal Consiglio di Stato sez. IV con la decisione n.5881/2008), e 91/2011, ricordando che non può essere sorto alcun affidamento in capo ai proprietari in base al progetto di variante redatto dai tecnici incaricati, dal momento che la elaborazione preparatoria del piano urbanistico non può radicare uno specifico affidamento riguardo alla destinazione finale delle aree considerate, "essendo rimesso unicamente al competente organo comunale di compiere in una prospettiva generale le valutazioni conclusive di merito sulle soluzioni tecniche prospettate, in vista del perseguimento di finalità generali di pubblico interesse".

La fase partecipativa, pur rilevante e necessaria, non può in alcun modo "vincolare" la futura scelta pianificatoria, né la proposta dei tecnici incaricati, che scaturisce anche dai vari incontri con la cittadinanza, può costituire una proposta "definitiva" per il Consiglio Comunale.

Come già osservato nelle decisioni sopra indicate, "le operazioni istruttorie hanno la funzione di apportare tutti i possibili elementi di valutazione per una più meditata ed esauriente disamina delle problematiche sottese alla elaborazione di uno strumento di particolare complessità come il piano urbanistico, ma che solo in sede di adozione delle determinazioni conclusive al riguardo si può correttamente qualificare come "definitiva" una previsione del piano elaborato".

Proprio per tale "autonomia" del Consiglio Comunale rispetto alla proposta presentata dai tecnici incaricati, non potendo neppure riconoscere in capo ai proprietari una posizione di affidamento, non sussisteva alcun obbligo specifico di motivazione rispetto alla scelta di mantenere la destinazione agricola delle aree dei ricorrenti, essendo sufficiente la motivazione che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso.

Una precisazione rispetto al secondo motivo, laddove si afferma l’illogicità della destinazione agricola, avendo l’area una naturale vocazione edificatoria, per la vicinanza con le zone già edificate e urbanizzate: anche su questo punto il Consiglio di Stato nella decisione n.5881/2008 ha escluso la sussistenza del vizio, in quanto "la posizione al confine della zona urbanizzata non può evidentemente giustificare per ciò solo la estensione della edificazione. Inoltre, come opportunamente sottolineato dal primo giudice, la scelta in contestazione si pone, in realtà, in stretta correlazione con il principio generale, evidenziato nella relazione illustrativa del piano, di contenimento degli ulteriori consumi del suolo".

Il ricorso avverso l’atto di adozione va quindi respinto.

3) Con il ricorso n. 3848/2004 viene impugnata la delibera di approvazione, unitamente al parere della Provincia.

3.1 Nel primo motivo si lamenta la violazione delle norme procedimentali, in quanto il procedimento, iniziato sotto il vigore della L.R. 51/75, è poi proseguito secondo la L.R.1/2000: in tal modo è mancata la fase di controllo della Regione, prescritto dall’art 10 L. 1152/1942.

La censura non è fondata.

In applicazione al principio " tempus regit actum", l’amministrazione è tenuta ad applicare la normativa in vigore al momento dell’adozione del provvedimento definitivo, quand’anche sopravvenuta, e non già, salvo che espresse norme statuiscano diversamente, quella in vigore al momento dell’avvio del procedimento.

Pertanto, essendo la delibera di approvazione del 2004, per la fase conclusiva c.d. "di controllo", è stata correttamente applicata la disciplina della L.R. 1/2000, che prevede il controllo della Provincia circa la compatibilità del piano con il PTCP.

3.2 La seconda censura attiene al parere della Provincia, che sarebbe illegittimo, per incompetenza, essendo stato reso dalla Giunta, anziché dal Consiglio Comunale.

Si può prescindere dalla eccezione di tardività dell’impugnazione del parere, in quanto il motivo non è fondato.

La questione della competenza è stata già sollevata in altri ricorsi e decisa dal Consiglio di Stato (sez. IV decisione n. 3333/2009): è stato affermato che il parere in esame deve essere espresso dalla Giunta, in quanto, "in Lombardia, nel silenzio dell’art. 92, l. rg. 11 marzo 2005 n. 12, che al comma 7 si limita ad affermare che spetta alla Provincia esprimere il parere circa la compatibilità del programma integrato di intervento predisposto dal Comune con il sopraordinato piano territoriale di coordinamento provinciale, senza però precisare a quale organo provinciale spetti tale potere, trova applicazione il criterio di riparto fra gli organi di governo degli enti locali fissato dall’art. 42 comma 2 lett. h), t.u. 18 agosto 2000 n. 267, per effetto del quale detta competenza spetta alla Giunta provinciale, e non al Consiglio provinciale, trattandosi non di un parere in senso tecnico, ma di una mera verifica di conformità che non è espressione di potestà pianificatoria, ma esprime un mero raffronto, privo di ogni valutazione discrezionale, tra il programma comunale e il piano territoriale provinciale".

3.3 Anche il terzo motivo è infondato.

La ricorrente lamenta la violazione dell’art 10 L. 241/90, in quanto l’Amministrazione non avrebbe esaminato le osservazioni contenute nel ricorso avverso l’adozione, che contiene "rilievi equivalenti alle osservazioni proposte ai sensi dell’art 10 L. 241/90".

La fase di esame delle osservazioni è stata svolta correttamente e si è conclusa con la delibera consiliare n. 63 del 30.9.2002, dopo l’esame delle osservazioni presentate dagli interessati, tra cui tuttavia non risultano quelle della società ricorrente.

Ma soprattutto non può ravvisarsi alcun onere dell’Amministrazione di esaminare e controdedurre, nel corso del procedimento di approvazione della variante, ai motivi contenuti nel ricorso presentato avverso la delibera di adozione, dal momento che già il procedimento di pianificazione prevede una sua fase di partecipazione.

3.4 Quanto all’invalidità derivata, si richiama quanto dedotto rispetto al ricorso n. 101/2002.

4) Per tali ragioni i ricorsi vanno respinti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li respinge.

Condanna la società ricorrente a liquidare la somma di Euro 5000,00 (cinquemila/00), oltre oneri di legge, da ripartirsi in parti uguali a favore del Comune di Cornate D’Adda e della Provincia di Milano.

Compensa per il resto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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