Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-04-2011) 29-04-2011, n. 16671

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente deduce l’illegittimità della confisca per omessa motivazione, non rientrando la disposta confisca della somma di Euro 125,00 nel novero di quelle obbligatorie ex art. 240 cpv. c.p..

In realtà, se è vero che anche in caso di pena patteggiata l’estensione dell’applicabilità, ex Lege 12 giugno 2003 n. 134, della misura di sicurezza della confisca a tutte le ipotesi previste dall’art. 240 c.p. e non più solo a quelle previste dal co. 2 di tale articolo come ipotesi di confisca obbligatoria, non esime il giudice dal motivare sulle ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro (cfr, ex aliis, Cass. Sez. 6^ n. 17266 del 16.4.10, dep. 6.5.10; Cass. Sez. VI n. 10531 del 21.2.2007, dep. 12.3.2007), nondimeno si tenga presente che nel caso di specie ciò che è stato confiscato è solo l’importo di Euro 125,00 rapinati dal S.P. ai danni della persona offesa H.A..

Dunque, trattandosi di denaro che non è mai legittimamente entrato nel patrimonio dell’odierno ricorrente, trattandosi di somma di cui ha conseguito il possesso certamente non in buona fede e neppure in forza di un titolo astrattamente idoneo ( art. 1153 c.c.), egli non è legittimato a chiederne la restituzione, sicchè non ha neppure interesse a lamentare il difetto di motivazione sul punto (cfr., sia pure riguardo all’ipotesi della confisca dei proventi del reato di cessione di sostanze stupefacenti, Cass. Sez. 6^ n. 44096 del 18.11.10, dep. 15.12.10, nonchè altre conformi).

Invero, l’interesse ad impugnare richiamato dall’art. 568 c.p.p., comma 4, quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente, id est sussiste un interesse concreto solo ove dalla denunciata violazione sia derivata una lesione dei diritti che si intendono tutelare e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (cfr. Cass. S.U. n. 42 del 13.12.95, dep. 29.12.95; Cass. n. 6301/97; Cass. n. 514/98; Cass. Sez. 2^ n. 15715 del 28.5.2004, dep. 8.6.2004; Cass. Sez. I n. 47496 del 17.10.2003, dep. 11.12.2003, nonchè numerose altre analoghe).

In altre parole, l’interesse ad impugnare non è costituito dalla mera aspirazione della parte all’esattezza tecnico-giuridica e/o alla completezza della motivazione del provvedimento, ma dall’interesse a conseguire – dalla riforma o dall’annullamento del provvedimento impugnato – un concreto vantaggio, concreto vantaggio che nel caso di specie è da escludere alla stregua delle considerazioni che precedono.

Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

Ex art. 616 c.p.p. il ricorrente va condannato alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.500,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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