Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-04-2011) 29-04-2011, n. 16622

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 8.6.10 la Corte d’Appello di Napoli confermava la condanna emessa il 2.5.06 all’esito di rito abbreviato dal GIP del Tribunale di S. Maria C.V. nei confronti di M.H. per il delitto di tentata rapina pluriaggravata.

Tramite il proprio difensore la M.H. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) con motivazione illogica la gravata pronuncia aveva dato credito alla deposizione della persona offesa N.M. trascurandone gli elementi di segno contrario e la possibilità della ricostruzione alternativa proposta dalla difesa della ricorrente: infatti, mentre la N. aveva riferito che la ricorrente era discesa dall’auto, insieme con un’altra ragazza, minacciandola con una mazza di legno affinchè le consegnasse tutto il denaro che aveva con sè, nella notizia di reato redatta dai CC. l’imputata risultava – invece – essere a bordo dell’auto;

b) omessa motivazione sulla richiesta, avanzata in appello, di derubricazione del reato in quello di minaccia o di tentata violenza privata;

c) omessa motivazione in ordine alla richiesta di contenere la pena nel minimo edittale e di concedere l’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 4, vista la minima offensività del fatto, le condizioni personali e sociali della ricorrente e l’avvenuto risarcimento dei danni a favore della persona offesa;

d) mancata motivazione in ordine al diniego dell’applicazione di sanzione sostitutiva.

1 – Il ricorso è inammissibile.

Il motivo che precede sub a) si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 606 c.p.p., perchè in esso sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno ricostruito l’accaduto in base alla precisa denuncia sporta dalla persona offesa e all’intervento in flagranza di reato dei CC. della Stazione di Marcianise, attirati dalla discussione animata di tre donne una delle quali – identificata nell’odierna ricorrente – era scesa da un’autovettura minacciando di morte la N., esercente il meretricio in quella stessa zona, pretendendo la consegna del denaro che la persona offesa aveva con sè.

Nè per ravvisare una manifesta illogicità argomentativa denunciabile per cassazione basta rappresentare la mera possibilità di un’ipotesi alternativa rispetto a quella ritenuta in sentenza: a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata:

cfr. Cass. Sez. 1, n. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99; Cass. Sez. 1 n. 1685 del 19.3.98, dep. 4.5.98; Cass. Sez. 1 n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99; Cass. Sez. 1 n. 13528 dell’11.11.98, dep. 22.12.98;

Cass. Sez. 1 n. 5285 del 23.3.98, dep. 6.5.98; Cass. S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96;

Cass. Sez. 1 n. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre.

Per il resto, le argomentazioni svolte in ricorso sollecitano soltanto un ulteriore apprezzamento nel merito delle risultanze probatorie, il che è precluso in sede di legittimità. 2- I motivi che precedono sub b) e sub d) sono generici perchè in essi non si spiega per quali ragioni il reato si sarebbe dovuto derubricare in quello di minaccia o di tentata violenza privata nè si chiarisce perchè la ricorrente avrebbe meritato l’applicazione di una sanzione sostitutiva, così come tale richiesta non era stata chiarita nell’atto d’appello, in cui la ricorrente si era limitata a chiedere il beneficio senza addurre le ragioni che a suo avviso lo avrebbero giustificato.

Valga, pertanto, la consolidata giurisprudenza di questa S.C. in virtù della quale la genericità – e, quindi, l’inammissibilità per violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c) – del motivo esonera il giudice d’appello dal motivare sul punto.

3- Il motivo che precede sub c) è manifestamente infondato.

Quanto all’avvenuto risarcimento dei danni, esso è stato già considerato con l’applicazione dell’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 6 avvenuta in prime cure.

In relazione, poi, all’omesso riconoscimento dell’ulteriore attenuante invocata in ricorso, si tenga presente che per costante giurisprudenza di questa S.C., ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità ( art. 62 c.p., n. 4) in riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto (o di cui si sia invano tentata la sottrazione) sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, atteso che il delitto de quo ha natura di reato plurioffensivo perchè lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale aggredite per la realizzazione del profitto; ne consegue che, in applicazione della seconda parte della disposizione citata, può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità (cfr. Cass. Sez. 2 n. 21872 del 6.3.2001, dep. 30.5.2001, rv. 218795; Cass. Sez. 2 n. 12456 del 4.3.2008, dep. 20.3.2008, rv. 239749; Cass. Sez. 2 n. 41578 del 22.11.2006, dep. 19.12.2006, rv. 235386; Cass. Sez. 2 n. 30275 del 10.4.2002, dep. 5.9.2002, rv. 222784): nel caso di specie il ricorso non spiega le ragioni per cui, a suo avviso, la minaccia all’integrità fisica attuata impugnando un bastone di legno per ottenere la consegna di una somma imprecisata di denaro debba considerarsi tale da arrecare un danno di speciale tenuità.

Infine, quanto all’entità finale della pena, basti ricordare la nota giurisprudenza secondo cui il giudice del merito, con l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., assolve adeguatamente all’obbligo motivazioni (cfr., da ultimo, Cass. n. 12749 del 19.3.2008, dep. 26.3.2008) ove la pena – come nel caso di specie – non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, pur se si adoperano espressioni sostanzialmente di stile (come "pena congrua", "pena equa", "congrua aumento" ed altre equipollenti: cfr. da ultimo Cass. n. 33773 del 29.5.2007, dep. 3.9.2007).

4- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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