Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. I coniugi T.E. e M.R. (con atto di citazione notificato il 7 luglio 2001) – quali comproprietari (rispettivamente per tre quarti e un quarto) di fondi rustici confinanti e il T. quale coltivatore diretto -agivano, nei confronti dell’acquirente D.E., per il riscatto agrario di un fondo boschivo venduto (con atto del 24 luglio 2000) da E., F. e M.R., e per il risarcimento dei danni conseguenti alla violazione della prelazione agraria.
Nel contraddittorio dell’acquirente e dei venditori, chiamati in garanzia dall’acquirente, il Tribunale di Trento rigettava le domande.
2. La Corte di appello di Trento, accogliendo l’appello proposto da T.E. e M.R. li dichiarava comproprietari, con pari quota, del fondo controverso, in sostituzione del D., previo pagamento de prezzo risultante dall’atto di vendita (sentenza del 19 settembre 2005).
Condannava il D. alle spese processuali del doppio grado in favore dei retraenti e alle spese del grado di appello a favore dei venditori.
3. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione il D. con cinque motivi, esplicati da memoria. Resistono con controricorso i coniugi T.. I venditori M. resistono con controricorso solo rispetto al quinto motivo di ricorso.
Motivi della decisione
1. Con il terzo motivo, logicamente preliminare, si censura la sentenza – deducendo violazione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, richiamato dalla L. 14 agostol971, n. 817, art. 7, unitamente a vizi motivazionali, ma in realtà solo violazione di legge – per aver considerato "fondo rustico" il fondo oggetto di riscatto. Si mette in evidenza che tale fondo è stato ritenuto dal consulente tecnico "terreno boschivo abbandonato", di limitate estensione (mq 481) e con pendenza del 45%, che, previe radicali trasformazioni, sarebbe potuto divenire, come i terreni confinanti, suscettibile di coltivazioni agricole nel futuro. Si sottolinea che, la sentenza impugnata, qualificandolo come "fondo rustico", ha fatto assumere rilevanza alla attitudine futura, mentre la legge tutela l’esigenza attuale di accorpamento; per di più, ad una attitudine futura senza concrete possibilità di verificarsi, atteso che dal certificato di destinazione urbanistica risulta bosco e non sono consentiti cambiamenti di coltura. In ogni caso, non potrebbe considerarsi fondo rustico, non essendoci in atto attività di silvicoltura complementari alla coltivazione in senso proprio.
1.1. Il motivo va accolto in applicazione di un recentissimo intervento delle Sezioni Unite, cui il Collegio intende dare continuità. Risolvendo il contrasto di giurisprudenza, in ordine ai limiti in cui il diritto di prelazione e riscatto agrario spettasse al silvicoltore, le Sezioni Unite hanno ritenuto che "alla luce di un’interpretazione evolutiva del sistema – che tenga conto dei successivi e più recenti interventi legislativi, i quali in modo non equivoco tendono ad equiparare l’attività di coltivatore diretto a quella di chi eserciti la silvicoltura – il diritto di prelazione e riscatto agrario di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, esteso dalla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7 al coltivatore diretto proprietario di terreno confinante, deve essere riconosciuto anche al silvicoltore che eserciti, in via esclusiva o principale, tale attività, con il solo limite – in riferimento alla prelazione del confinante – che i terreni da vendere e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi". (Sez. Un. 14 aprile 2011, n. 8486).
Nella specie, è pacifico e non contestato che i fondi rustici confinanti dei retraenti non sono boschivi e in essi non si svolge attività di silvicoltura, neanche come attività complementare alla coltivazione in senso proprio. Quindi, non sussiste la condizione, che le Sezioni unite hanno ritenuto indispensabile rispetto al coltivatore diretto proprietario di terreno confinante, che i terreni da vendere e quello di proprietà del silvicoltore siano entrambi boschivi.
2. Per effetto dell’accoglimento del terzo motivo restano assorbiti gli altri motivi di ricorso, che presuppongono il rigetto dello stesso motivo.
Infatti, con il primo motivo si censura la sentenza – deducendo violazione dell’art. 177 cod. civ., della L. n. 590 del 1965, art. 8 e della L. n. 817 del 1971, art. 7, unitamente a vizi motivazionali, ma in realtà solo violazione di legge – nella parte in cui ha dichiarato i coniugi comproprietari, con pari quota, del fondo oggetto di riscatto, in forza del regime di comunione legale degli stessi.
Con il secondo motivo si censura la sentenza – deducendo violazione della L. n. 590 del 1965, art. 8, richiamato dalla L. n. 817 del 1971, art. 7, unitamente a vizi motivazionali, ma in realtà solo violazione di legge – per non aver rilevato che il retraenti non avevano mai manifestato la disponibilità al pagamento del prezzo dovuto.
Con il quarto motivo si deduce insufficienza di motivazione nella valutazione dei requisiti dell’azione, quali la capacità coltivatrice adeguata, la mancata alienazione di fondi nel biennio precedente, l’assenza di insediamento di altri soggetti sul fondo, rispetto al quale deduce mancato esame.
Con il quinto motivo si deduce violazione di legge ed erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 cod. proc. civ., n. 3 e 5, con riferimento agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.) – li ricorrente-acquirente, richiamata la richiesta di danni nei confronti dei venditori, proposta, per l’ipotesi di accoglimento dell’azione di riscatto, in primo grado e in appello, e l’appello incidentale proposto avverso la condanna alle spese del primo grado in favore dei venditori chiamati in garanzia, sostiene che il giudice di appello non ha provveduto sulla domanda di risarcimento del danno proposta nei confronti dei venditori o "l’ha fatto indirettamente rilevando non esservi alcuna prova dell’esistenza e dell’entità degli asseriti danni provocati dai chiamati in causa", con motivazione assolutamente carente.
3. Dall’accoglimento del terzo motivo, che comporta la mancanza di una condizione dell’azione di riscatto in capo ai retraenti, consegue il rigetto della domanda nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ( art. 384 cod. proc. civ.).
4. Attesa l’esistenza del precedente contrasto di giurisprudenza in ordine all’esercizio dell’azione di riscatto in capo al silvicoltore confinante, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri;
cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di T.E. e M.R.. Compensa integralmente le spese.
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