Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 29-04-2011, n. 16619

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 9/3/2010, la Corte di appello di Palermo, confermava la sentenza del Gup presso il Tribunale di Palermo, in data 18/7/2008, che aveva condannato B.S. alla pena di anni uno, mesi due di reclusione, C.S. alla pena di anni due di reclusione, D.P.M. alla pena di anni sette, mesi cinque di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa, nonchè alla ulteriore pena di mesi tre di reclusione ed Euro 100,00 di multa, M.A. e P.F. alla pena di anni quattro, mesi quattro ed Euro 600,00 di multa ciascuno, T. S. anni due, mesi due di reclusione, Z.F. anni otto, mesi quattro di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa per i reati di associazione per delinquere ed altro.

Il procedimento riguardava 14 imputati a cui erano stati contestati 66 capi di imputazione ed in particolare l’associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti contro il patrimonio aventi ad oggetto motocicli ed una serie di reati fine, fra i quali il furto dei motocicli, ricettazione la ricettazione degli stessi ed estorsioni nei confronti dei proprietari dei mezzi sottratti.

L’associazione risultava organizzata e diretta da Z. F. ed operante in vari quartieri della città di (OMISSIS).

La Corte territoriale respingeva tutte le censure mosse con gli atti d’appello e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità di ciascun imputato in ordine ai reati rispettivamente ascritti, ed equa la pena a ciascuno inflitta.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso B.S., C.S., D.P.M., M.A., P.F., T.S. e Z.F..

All’odierna udienza la Corte ha disposto lo stralcio della posizione di M.A., avendo il suo difensore, l’avv. Calogero Velia, dichiarato di aderire all’astensione delle udienze dichiarata dall’O.U.A..

B.S.:

deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’artt. 62 bis, 648 cpv. e 133 c.p., dolendosi del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche con criterio di prevalenza e della dosimetria della pena.

C.S. (ricorso personale) solleva un unico motivo di ricorso con il quale deduce il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza del reato di associazione e dei reati mezzo (rectius fine) ad esso collegati. Al riguardo si duole che la Corte territoriale è pervenuta ad affermare la penale responsabilità del prevenuto sulla base di considerazioni illogiche, effettuando una lettura incongrua degli esiti di una intercettazione telefonica intercorsa fra i coimputati D.F.A. e C.L., i quali non facevano riferimento ad esso C.S., ma avevano indicato un’osteria come punto di incontro. Eccepisce, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di associazione, inteso come coscienza e volontà di far parte di un sodalizio di persone legate dal perseguimento di uno scopo criminoso comune di carattere indeterminato. Infine contesta che dalla ritenuta partecipazione all’associazione si possa far discendere la responsabilità del prevenuto per i reati fine ad esso contestati.

D.P.M. (ricorso personale).

Solleva due motivi di ricorso con i quali deduce violazione di legge e vizio della motivazione. Con il primo motivo eccepisce la violazione delle regole che governano la formazione della prova di cui all’art. 192 c.p.p. ed il vizio della motivazione, dolendosi che i giudici di merito siano pervenuti ad affermare la penale responsabilità del prevenuto sulla base di indizi inidonei ad acquistare valore di prova.

Con il secondo motivo eccepisce violazione di legge in relazione agli artt. 42 e 43 c.p. eccependo la carenza dell’elemento soggettivo.

P.F. (ricorso personale).

Solleva un unico motivo di ricorso con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 416 e 629 c.p..

Al riguardo eccepisce che alla luce degli atti di indagine sono del tutto mancanti i requisiti fissati dalla giurisprudenza per l’esistenza dell’associazione per delinquere. Obietta che nella fattispecie sono alquanto precari e sporadici i rapporti fra il P. e lo Z., indicato come il capo della presunta associazione ed eccepisce che nel periodo in esame il prevenuto si trovava ristretto presso la propria abitazione agli arresti domiciliari. Quanto al reato di estorsione il ricorrente eccepisce di aver chiarito la propria posizione nell’interrogatorio di garanzia, precisando di aver ricevuto delle modestissime somme di denaro, a titolo di liberalità e di non aver mai posto in essere violenze o minacce.

T.S. (ricorso personale).

Solleva un unico motivo di ricorso con il quale deduce il vizio della motivazione. Al riguardo eccepisce che i giudici di merito hanno ritenuto sufficientemente provato l’inserimento del ricorrente in un organigramma criminoso senza tuttavia motivare sotto il profilo dell’elemento psicologico su quali elementi andrebbe ricercata l’adesione al connubio. Pertanto la motivazione sarebbe sostanzialmente carente sotto il profilo dell’elemento soggettivo.

Infine contesta che dalla ritenuta partecipazione all’associazione si possa far discendere la responsabilità del prevenuto per i reati fine ad esso contestati.

Z.F. (ricorso personale).

Solleva due motivi di ricorso con i quali deduce erronea applicazione delle leggi penali con riferimento agli artt. 133 e 133 bis c.p., dolendosi dell’eccessività della pena inflitta, nonchè con riferimento al reato associativo, di cui contesta la sussistenza dei presupposti.
Motivi della decisione

Tutti i ricorsi sono inammissibili in quanto basati su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

E’ necessario premettere alcune considerazioni in diritto applicabili a tutti i ricorrenti. In punto di diritto occorre rilevare che la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Pertanto, il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. 198613, Lo Parco; Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv.

203073, Baldini). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, semprechè tali elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oppure se risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000), Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud. 23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999 (ud.

22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di annullamento la motivazione incompleta nè quella implicita quando l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria, tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da ribaltare gli esiti della valutazione delle prove. In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa dei ricorrenti, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice.

In particolare per quanto riguarda la posizione dei singoli ricorrenti, si osserva quanto segue.

B.S.:

Il motivo concernente le non concesse attenuanti generiche con criterio di prevalenza e la misura della pena è inammissibile giacchè la motivazione della impugnata sentenza, pure su tali punti conforme a quella del primo giudice, si sottrae ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato i plurimi e specifici precedenti penali dell’imputato – elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62 bis c.p.p. – nonchè per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti.

C.S.:

Le critiche svolte in chiave di illogicità, risultano, in realtà, basate su mere deduzioni di fatto, alternative rispetto alle diverse valutazioni plausibilmente e del tutto coerentemente compiute dal Giudice del merito nell’ambito di scelte allo stesso riservate.

Invero il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di difetto di motivazione (fondandolo su pretese illogicità e carenze della motivazione) ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello, ed in particolare dell’interpretazione di una telefonata intercettata, con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in questa sede. E’ il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità dell’imputato per il reato contestato.

D.P.M.:

Entrambe i motivi del ricorso ruotano interno alla pretesa insussistenza dell’elemento soggettivo ed al preteso malgoverno delle regole che governano la formazione della prova. Tuttavia le deduzioni sono generiche.

Si tratta, all’evidenza, di obiezioni meramente dichiarative, del tutto generiche, e che, in ogni caso, per l’assoluta aspecificità, non permettono alcuna seria e concreta valutazione delle censure.

Viceversa, il ricorrente ha del tutto ignorato le ragioni poste a base del provvedimento impugnato così incorrendo nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità dell’impugnazione (Cass., sez. 6, n. 35656, 6 luglio 2004, Magno).

P.F.:

Le censure di vizio della motivazione e violazione di legge, in punto di accertamento della responsabilità del prevenuto per i reati estorsione ed associazione, postulano, al di là dei vizi formalmente denunciati, una rivalutazione di merito di risultanze processuali già esaurientemente e coerentemente esaminate dalla sentenza impugnata nella operata ricostruzione dei fatti e nella puntuale indicazione degli elementi confermativi dell’accusa formulata e risultano destituite di fondamento. In particolare per quanto riguarda l’estorsione, è lo stesso ricorrente ad ammettere la sussistenza dell’ingiusto profitto, riconoscendo di aver ricevuto, a titolo di liberalità, modestissime somme di denaro. Quanto alla sua partecipazione all’associazione, le censure risultano inammissibili in quanto risultano intese a provocare un intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal Giudice del merito.

E’ il caso di aggiungere che la sentenza di secondo grado va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, pronunciata in prime cure, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato, in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza del pieno coinvolgimento dell’imputato nella commissione del reato ritenuto a suo carico.

T.S.:

Le censure di vizio della motivazione in punto di sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di associazione sono manifestamente infondate, alla luce delle considerazioni svolte sopra circa l’integrazione fra la sentenza di primo grado e quella d’appello nel caso di doppia conforme. Ne deriva che i giudici di merito hanno compitamente sviluppato le ragioni che inducono ad affermare la responsabilità del prevenuto per il reato associativo, nè e possibile intravedere nel percorso argomentativo, privo di vizi logico-giuridici, elementi di contraddittorietà o di illogicità manifesta.

Z.F.:

Per quanto riguarda il primo motivo con il quale il ricorrente si duole della eccessività della pena inflitta, si tratta di una censura di merito che non può trovare ingresso in sede di legittimità. Ha statuito, infatti, questa Corte che: "La graduazione della pena, anche rispetto agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 c.p., sicchè è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1182 del 17/10/2007 Ud. (dep. 11/01/2008) Rv. 238851).

Per quanto riguarda il secondo motivo con il quale si deduce violazione di legge in relazione al delitto di associazione per mancanza dei presupposti di cui all’art. 416 c.p. in tema di permanenza o stabilità del vincolo associativo, le censure sono manifestamente infondate. Dall’accertamento dei fatti cristallizzato nelle sentenze dei giudici di merito emerge la documentazione di una attività prolungata nel tempo che ha avuto ad oggetto il furto di centinaia di motocicli, che venivano riutilizzati in vari modi, specialmente per il "ribordo" (cioè l’estorsione) nei confronti dei proprietari. Tutto ciò, indubbiamente, è indice di un programma criminoso indeterminato e durevole nel tempo.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00) ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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