Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-04-2011) 29-04-2011, n. 16618

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ità del ricorso del C..
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12/7/2010, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Tribunale di Nola, in data 18/11/2009, che aveva condannato R.P. e C.M. alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa ciascuno, per i reati di rapina aggravata e ricettazione in concorso.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di identificazione degli imputati e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità di entrambi gli imputati in ordine ai reati loro concorsualmente ascritti, ed equa la pena inflitta. Avverso tale sentenza propongono ricorso entrambi gli imputati per mezzo del rispettivo difensore di fiducia.

R.P.:

Solleva un unico motivo di gravame con il quale deduce violazione di lege e vizio della motivazione in relazione agli artt. 192 e 213 c.p.p..

Al riguardo si duole che la Corte abbia riconosciuto piena affidabilità al riconoscimento personale del R. effettuato dalla teste A., senza tener conto degli elementi che rendevano non genuina tale prova.

In particolare non doveva ritenersi valida l’individuazione di persona effettuata nella fase delle indagini giudiziarie dal momento che la polizia giudiziaria aveva mostrato una foto del prevenuto su telefonino, precisando che si trattava di persona fermata per la rapina. Ciò aveva spinto il Tribunale a disporre una formale ricognizione di persona durante il dibattimento, ma l’atto doveva ritenersi inquinato in quanto la teste, prima di procedere alla ricognizione aveva visto il R. posizionato nel settore destinato ad ospitare gli imputati in udienza. Di conseguenza la ricognizione di persona non poteva validamente essere utilizzata come prova idonea ad accertare la responsabilità del prevenuto e la motivazione della sentenza impugnata appariva illogica in quanto non teneva conto di tali elementi contraddittori.

C.M.:

Solleva tre motivi di ricorso con i quali deduce contraddittorietà, manifesta illogicità e mancanza della motivazione.

Con il primo motivo deduce contraddittorietà della motivazione per "travisamento della prova". Al riguardo eccepisce che la Corte territoriale ha travisato i fatti processuali, affermando che i testi avevano avuto modo di vedere gli imputati in aula prima della ricognizione di persona, in quanto il teste G. aveva dichiarato di aver visto, non in aula ma in cella gli imputati.

Eccepisce quindi che il fatto che il G. avesse riconosciuto l’imputato al 70% doveva ritenersi irrimediabilmente compromesso dalla circostanza che costui aveva scorto gli imputati nella cella.

Conclude quindi che il giudice di merito, ignorando l’inquinamento della ricognizione, abbia posto alla base del proprio coinvolgimento un risultato di prova incontrovertibilmente diverso da quello effettivo e reale.

Con il secondo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione, assumendo che l’aver travisato la prova principale determina la consequenziale illogicità della motivazione essendo radicalmente inficiato l’atto prodromico della condanna. Contesta inoltre come palesemente illogica l’osservazione della Corte secondo cui gli occupanti ben poterono scorgere anche le scarpe dei rapinatori, essendo stati fatti scendere dall’autovettura.

Con il terzo motivo si duole che la motivazione della sentenza impugnata non abbia riscontrato il requisito della certezza, oltre il ragionevole dubbio della responsabilità dell’imputato.
Motivi della decisione

Entrambi i ricorsi sono infondati.

R.P..

Per quanto riguarda i dubbi sulla validità della ricognizione personale effettuata dalla teste A., la censura non è fondata in quanto, come recita la stessa rubrica dell’art. 213 c.p.p., il giudice prima di effettuare la ricognizione di persona deve invitare il ricognitore a chiarire se abbia già visto, anche se riprodotta in fotografia o altrimenti la persona da riconoscere e se la stessa le sia stata indicata o descritta, equiparando tali fatti alle altre circostanze che possono influire sull’attendibilità del riconoscimento. Pertanto la circostanza che alla teste sia stata mostrata dalla polizia giudiziaria una foto del presunto rapinatore ed il fatto che la stessa abbia visto tale soggetto nell’area degli imputati, non comportano nè nullità, nè inutilizzabilità del riconoscimento, ma devono essere tenute presenti dal giudice ai fini del giudizio sulla attendibilità del riconoscimento. Ha osservato, infatti, questa Corte che: "La precedente ricognizione atipica, effettuata in fotografia dinanzi agli organi di polizia, non costituisce un pregiudizio legale alla eseguibilità e validità probatoria della ricognizione personale essendo solo richiesto che del precedente si dia atto ai fini delle valutazioni di merito sull’attendibilità del risultato del mezzo di prova." (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7709 del 25/03/1991 Ud. (dep. 23/07/1991) Rv. 187806; in senso conforme Sez. 2, Sentenza n. 7337 del 27/01/2009 Ud. (dep. 19/02/2009) Rv. 243298; Sez. 2, Sentenza n. 15303 del 07/04/2010 Ud.

(dep. 21/04/2010) Rv. 246924). Quanto poi alla valutazione di merito sull’attendibilità del risultato del mezzo di prova, trattandosi – appunto – di una valutazione di merito nessuna censura è possibile in questa sede altrimenti si verificherebbe una inammissibile sovrapposizione argomentativi di questa Corte rispetto alle valutazioni compiute dai giudici del merito. Giova, inoltre, rilevare che l’esito positivo della ricognizione personale risulta inserito in un quadro di elementi indizianti, dettagliatamente indicati dai giudici di merito, che converge con l’esito della ricognizione, rafforzandola.

C.M.:

Tutti e tre i motivi dedotti dal ricorrente gravitano in ordine alla dedotta inutilizzabilità della ricognizione di persona effettuata dal teste Ge. basata su un preteso travisamento della prova effettuato dai giudici d’appello. Tale censura non appare fondata in quanto i giudici d’appello hanno rilevato che il fatto che i testi abbiano visto gli imputati in aula non inficia la validità o genuinità dell’esito del riconoscimento. La circostanza che il teste Ge. abbia avuto modo di vedere gli imputati nel gabbiotto anzichè in aula, non assume alcun valore decisivo rispetto alle osservazioni formulate dalla Corte d’appello e pertanto non può essere apprezzata sotto il profilo del travisamento della prova.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti: "in tema di sindacato sulla motivazione, qualora con il ricorso per cassazione si prospetti in modo specifico che il giudice di merito abbia travisato una prova decisiva acquisita al processo ovvero abbia omesso di considerare circostanze decisive risultanti da atti specificamente indicati, il giudice di legittimità può, nei limiti della censura dedotta, verificare l’eventuale esistenza o della palese e incontrovertibile difformità tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto, ovvero della decisiva circostanza trascurata, fermo restando che gli è interdetta una diversa ricostruzione del fatto quando si tratti di elementi privi di significato univoco (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 2618 del 07/11/2006 Ud. (dep. 25/01/2007) Rv. 235782). Pertanto se l’errore di valutazione della prova cade su una circostanza non determinante, come nel caso in esame, non sussiste il vizio di travisamento della prova.

Le altre censure sollevate dal ricorrente si risolvono in censure generiche e sono destinata e cadere, una volta caduta l’eccezione principale circa la validità del riconoscimento effettuato dal teste G.. Anche in questo caso valgono le considerazioni sopra svolte circa il fatto che l’esito positivo della ricognizione personale risulta inserito in un quadro di elementi indizianti, dettagliatamente indicati dai giudici di merito, che converge con l’esito della ricognizione, rafforzandola.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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