T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 27-04-2011, n. 1061 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente faceva presente di aver reperito attraverso una locazione finanziaria un immobile in Samarate necessario per lo svolgimento della propria attività.

L’immobile era frutto di un ampliamento del deposito che la s.a.s. Impresa A.C. di C.A. & C. aveva realizzato sulla base di una concessione edilizia rilasciata nel 2000 dal comune di Samarate e che poi aveva ceduto alla società di leasing dopo aver raggiunto l’accordo con la società ricorrente.

Una prima richiesta di nulla osta all’esercizio dell’attività di autotrasporto merci era stata respinta con provvedimento del 13.11.2001 per violazione del locale regolamento di igiene a causa della presenza di difformità edilizie sull’immobile presso cui veniva svolta l’attività.

Il provvedimento veniva impugnato ed annullato con sentenza 3536/2003 del Tar Lombardia che rilevava un difetto di motivazione.

Nel frattempo il Comune comunicava anche alla ricorrente che era stato avviato un procedimento per verificare il carattere abusivo dell’ampliamento del capannone realizzato nel 2000 che si concludeva con una diffida a demolire che veniva impugnata e poi annullata con sentenza 1175/2006 di questo TAR.

La nuova richiesta di nulla osta veniva rigettata con il provvedimento impugnato in questa sede sulla base di tre motivi di ricorso.

Il primo lamenta la violazione dell’art. 27 N.T.A. del P.R.G. del comune di Samarate e l’eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità, contraddittorietà.

Il diniego si fonda sulla circostanza che, poichè l’art. 27 citato non consentiva l’insediamento di nuovi impianti produttivi, l’attività della società ricorrente costituirebbe nuova attività rispetto a quella esercitata dall’Impresa Colombo sulla restante parte del magazzino.

Non si tiene conto che entrambe le società utilizzano l’immobile complessivamente considerato come deposito ed è la destinazione di uso che è rilevante dal momento che per ritenere che vi sia una nuova attività occorre verificare che vi sia stato il passaggio da una all’altra delle categorie funzionali individuate dal D.M. 1444\1968, cosa che nel caso di specie non si è verificata.

Peraltro solo il mutamento di destinazione urbanistica può avere implicazioni per la dotazione di attrezzature urbanistiche secondarie.

Peraltro il fabbricato in ampliamento è stato realizzato in conformità alla concessione edilizia rilasciata e l’unico fatto avvenuto è la cessione della parte ampliata alla società ricorrente ma ciò non può costituire insediamento di una nuova attività.

Il secondo motivo contesta sotto un diverso profilo la violazione dell’art. 27 N.T.A. del P.R.G. e dell’art. 11 della N.D.A. del P.T.C. del Consorzio Lombardo della Valle del Ticino oltre all’eccesso di potere per difetto di motivazione, inosservanza del principio tempus regit actum e carenza di interesse pubblico.

L’art. 27 detta la disciplina urbanistica alle aree soggette a vincolo paesaggistico, ma l’area su cui insiste il fabbricato non è soggetta a tale vincolo, ma è qualificata come Zona I. C. cioè di iniziativa comunale orientata e perciò non più soggetta alla disciplina di cui all’art. 11 N.D.A. del P.T.C. poiché non è parte di territorio con funzione agricola e forestale.

Ed è proprio a causa di questo nuovo assetto che il comune di Samarate ha promosso la redazione di una variante al P.R.G., ma non essendo stata ancora adottata continua a valutare la zona secondo la vecchia classificazione penalizzando per i suoi ritardi nell’adeguarsi alla deliberazione regionale del 2001 i proprietari delle aree ricompresi nella zona volendo tuttora ritenere applicabile l’art. 27 N.T.A., mentre, invece, sarebbe venuto meno l’interesse pubblico ad applicare i limiti previsti in tale norma di piano posta a fondamento del diniego impugnato.

Il terzo motivo censura sotto altro aspetto la violazione dell’art. 27 N.T.A. del P.R.G. e dell’art. 11 della N.D.A. del P.T.C., quella del DPR 425\94, dell’art. 27 L. 1150\42 e dell’art. 11 L. 47\85 oltre all’eccesso di potere per motivazione insufficiente, illogica, contraddittoria ed incongrua, per travisamento dei fatti incoerenza e contraddittorietà.

L’art. 27 subordina ogni intervento edilizio a quattro condizioni che erano state verificate come sussistenti al momento del rilascio della concessione edilizia sulla quale vi era stato anche il parere favorevole del Parco del Ticino.

Vi è poi stata la concessione dell’abitabilità per silenzio assenso; pertanto laddove il Comune avesse ritenuto di aver emesso degli atti illegittimi avrebbe dovuto fare uso dei suoi poteri i autotutela ed annullare detti provvedimenti come previsto dagli artt. 27 L. 1150\42 e 11 L. 47\85.

Non avendo assunto iniziative in merito è incoerente affermare la violazione dell’art. 27 N.T.A.

Il Comune di Samarate si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla camera di consiglio del 6.4.2004 veniva accolta la domanda di sospensiva.

Nella memoria redatta dal Comune in vista dell’udienza di merito, veniva richiesta la sospensione del processo in attesa della sentenza del Consiglio di Stato sull’appello presentato dal Comune nei confronti della sentenza 1175/2006 di questo TAR.

Il ricorso è fondato.

In virtù della sentenza 1175/2006 di questo TAR è stato escluso che, in virtù della cessione della parte ampliata del capannone a suo tempo oggetto di concessione edilizia in favore della s.a.s. Impresa A.C. di C.A. & C., si sia verificato un abuso edilizio per violazione dell’art. 27 N.T.A.

Non vi è alcun motivo per sospendere il processo perché laddove il Consiglio di Stato dovesse accogliere il ricorso il Comune potrà sempre annullare in autotutela il nulla osta rilasciato all’esito del presente giudizio.

L’esecutività provvisoria della sentenza non è stata sospesa dal Consiglio di Stato e pertanto attualmente esplica pienamente i suoi effetti.

Ciò comporta che la lettura dell’insediamento dell’attività della società ricorrente come nuova attività in contrasto con quanto previsto dal citato art. 27 non può essere sostenuta; pertanto essendo stata annullata la diffida a demolire del 2002 l’insediamento della società ricorrente è pienamente legittimo e viene meno il presupposto che ha indotto il Comune a negare il nulla osta richiesto.

Peraltro, anche laddove il Consiglio di Stato dovesse accogliere la lettura della norma data dal Comune e riformare la sentenza di primo grado, alla luce delle modifiche intervenute negli strumenti urbanistici la società ricorrente ben potrebbe avanzare ex novo la richiesta di nulla osta che, secondo la variante al P.R.G. approvata, non potrebbe essere negata, salvo che il nuovo P.G.T., in via di approvazione definitiva, non contenga norme che impediscano una tale soluzione ma che il Comune non ha indicato.

Infatti nella memoria di replica del 22.3.2001 il Comune si è limitato ad affermare che le norme della variante al P.R.G. del 2007 si possono applicare solo in salvaguardia poiché è in corso di approvazione il P.G.T., ma non deduce che il nuovo strumento urbanistico contenga delle norme che impedirebbero il rilascio del nulla osta anche perché lo stesso è ancora in fase di elaborazione.

Il provvedimento impugnato deve essere annullato dal momento che il Comune dovrà allo stato concedere il nulla osta richiesto stante la conformità edilizia del capannone ove la società ricorrente svolge la sua attività.

In virtù della particolarità della vicenda e della opinabilità dell’interpretazione dell’art. 27 N.T.A., appare equo compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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