T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 27-04-2011, n. 1057

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Le società ricorrenti depositavano tre ricorsi nella stessa data ed aventi il medesimo contenuto con i quali impugnavano gli atti indicati in epigrafe mediante i quali era stato approvato un accordo di programma per procedere alla bonifica del sito di interesse nazionale di Pioltello – Rodano.

Le ricorrenti facevano presente di aver installato i propri stabilimenti all’interno dell’area industriale di Pioltello – Rodano e di essere confinanti con i terreni attualmente di proprietà del Fallimento della S..

In passato vi furono dei tentativi di coinvolgere le società anche nelle operazioni di bonifica del sito, ritenendole erroneamente corresponsabili dell’inquinamento,ma i provvedimenti ministeriali assunti all’esito di conferenze di servizi sono sempre stati annullati dalla magistratura amministrativa.

Il 21 dicembre 2006 è stato sottoscritto un protocollo di intenti tra, da un lato e gli enti territoriali interessati e dall’altro da due imprese private che hanno costituito una società che doveva operare il risanamento ambientale a fronte della possibilità di una riqualificazione urbanistica dell’area.

In sostanza nel progetto era previsto che dopo la bonifica sarebbe stato possibile realizzare sull’area un comparto con presenza di destinazioni produttive, terziarie e commerciali.

Contro tale operazioni ricompresa nell’accordo di programma approvato con il decreto impugnato le società ricorrenti formulano tre motivi di ricorso.

Il primo denuncia l’illegittimità della procedura seguita perché non avrebbe rispettato quanto previsto dall’art. 18 L. 179\2002 che prevede come il risanamento dei siti dichiarati di interesse nazionale, quando non sia possibile richiederli ai responsabili dell’inquinamento devono essere effettuati dal Ministero dell’Ambiente attraverso procedure concorsuali di evidenza pubblica, previa espropriazione dell’area che va messa a disposizione dell’operatore incaricato della bonifica che provvederà all’esito della stessa ad utilizzarlo per coprire i costi e ricavare un adeguato margine di utile.

Analoga previsione è contenuta nell’art. 1,commi 434 e 436, L. 266\2005 laddove il cespite contaminato di interesse nazionale sia coinvolto in procedure fallimentari; nello stesso senso sono le previsioni dell’art. 21 L.R. 26\2003.

Il senso di questa complessiva disciplina è chiaro nel senso di voler raggiungere il risultato della bonifica di siti di rilevante interesse attraverso operazioni di riqualificazione urbanistica che debbono poter essere affidate in modo imparziale attraverso metodi concorrenziali che rispettino il principio di imparzialità dell’operato della pubblica amministrazione e salvaguardino il principio della libera concorrenza rilevante anche a livello comunitario.

La procedura seguita nell’operazione sfociata nell’impugnato decreto non ha seguito il percorso indicato dalla normativa sopra riportata dal momento che non sono mai state attivate le procedure ablatorie previste né è stato scelto il soggetto incaricato del disinquinamento con procedure concorrenziali.

Oltretutto l’accordo di programma si fonda sulla circostanza aleatoria che la società controinteressata riesca ad acquisire dal Fallimento la proprietà dell’area da bonificare.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 6 L.R. 2\2003 che prevede che la proposta di stipulazione di un accordo di programma sia pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione per consentire a qualunque interessato di presentare le sue osservazioni e sia indicato il termine entro cui l’accordo va perfezionato.

Il termine deve essere considerato come perentorio ed in ogni caso laddove si ritenesse diversamente sarebbe necessario che fosse assunta una nuova deliberazione per verificare la persistenza dell’opportunità della scelta dello strumento in questione.

Tutto ciò non è avvenuto nel caso di specie nonostante l’accordo non sia stato stipulato entro il 31.3.2007 data fissata dalla Delibera di Giunta regionale nr. 4117 del 14.2.2007, ma il 21.12.2007.

Il terzo motivo lamenta il fatto che, a prescindere dall’applicabilità dell’art. 1,commi 434 e 436, L. 266\2005 l’accordo di programma previsto dall’art. 18 L. 179\2002 sia regolato dall’art. 34 D.lgs. 267\00, ma con la partecipazione obbligatoria del Ministero dell’Interno e di quello dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti per l’incidenza che le scelte effettuate sulla programmazione pubblica delle iniziative atte a sostenere lo sviluppo.

Con successivi ricorsi per motivi aggiunti, depositati in data 17.12.2008, veniva formulata un’ulteriore censura che si fonda sul fatto che le amministrazioni procedenti avrebbero dovuto provvedere al recupero dei costi sostenuti per assicurare nel corso degli anni la realizzazione e il mantenimento in esercizio di misure di sicurezza di emergenza dell’area.

L’eventuale rinuncia a tale ristoro patrimoniale deve essere ispirato a canoni oggettivi potendo diversamente configurarsi come un illegittimo aiuto di Stato, vietato dalla legislazione comunitaria e contrario ai principi generali dell’azione amministrativa formulati all’art. 1 L. 241\90.

Oltretutto non vi sarebbe stata un’attenta analisi dei costi prospettati dalla società controinteressata che secondo i ricorrenti sarebbero esageratamente elevati a fronte di una stima, fatta con relazioni tecniche da loro depositate, che non dovrebbe superare i 50 milioni di euro; e ciò influisce sulla correttezza della rinuncia a recuperare gli esborsi anticipati dalle pubbliche amministrazioni.

Con ricorsi per secondi motivi aggiunti, notificati in data 20.11.2009, tre ulteriori motivi di ricorso avverso le delibere della Giunta Regionale Lombardia indicate in epigrafe.

Il primo motivo riguarda la DGR VIII/9618 del 11.6.2009 che ha riconosciuto il possibile rimborso alla società controinteressata dei costi sostenuti per le operazioni di bonifica nel caso in cui non si dovessero perfezionare tutte le condizioni scritte nell’Accordo di Programma del 21.12.2007, nei cui confronti vengono formulate le stesse censure di cui al primo motivo di ricorso.

Il secondo motivo riguarda l’accordo contenuto nella DGR VIII/9618 del 11.6.2009 di corresponsione delle somme alla società controinteressata al momento in cui questa perfezionerà la cessione delle aree da bonificare all’amministrazione, dal momento che risulta tramontata l’ipotesi di portare ad ultimazione l’accordo di programma del 2007.

In questo modo lo Stato si fa carico di costi che dovrebbero gravare sul responsabile dell’inquinamento, non potendosi sostenere che la corresponsione trova fondamento nell’accordo medesimo di cui è stata sostenuta la radicale illegittimità; se la Regione si fosse attivata secondo quanto previsto dalla legislazione indicata nel primo motivo di ricorso, la somma da corrispondere ai proprietari del sito da bonificare sarebbe stata pari all’indennizzo calcolato secondo i parametri del DPR 327\2001.

Nel terzo motivo è contestata la violazione dell’art. 1 L. 241\90, dell’art. 87 del Trattato istitutivo della U.E., dell’art. 18 L. 349\1986, di numerose norme del T.U. Ambientale oltre all’eccesso di potere per travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e manifesta irragionevolezza e sviamento.

In sostanza le società ricorrenti contestano come sproporzionati i costi complessivi indicati dalla società controinteressata per effettuare la bonifica e quindi il loro parziale ristoro previsto per il fatto che l’Accordo di programma era venuto meno e risultava necessario individuare un nuovo soggetto attuatore della bonifica con procedure di evidenza pubblica.

Se i costi fossero stati quelli indicati dalla T.R. Real Estate, l’investimento non sarebbe stato conveniente poiché il valore di un’autorizzazione ad aprire un centro commerciale con superficie di vendita di mq 85.000 sarebbe notevolmente inferiore a tali costi con inverosimile non convenienza dell’operazione economica.

Si costituivano in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare, la Regione Lombardia e T.R. E.D. Srl che chiedevano il rigetto del ricorso eccependo preliminarmente la carenza di legittimazione attiva delle ricorrenti e la carenza di interesse.

La società controinteressata eccepiva altresì che vi sarebbe un difetto di notifica quali controinteressate alle due società che avevano sottoscritto l’atto di intenti del 19.12.2006 e l’inammissibilità dei ricorsi per non essere stato impugnato il verbale della conferenza di servizi del 8.1.2007.

All’udienza del 12.4.2011 i ricorsi andavano in decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio ritiene che i ricorsi per la loro connessione oggettiva e per la parziale connessione soggettiva possano essere riuniti.

Vanno affrontate innanzitutto le eccezioni preliminari di carenza di interesse e di mancanza di legittimazione attiva.

Le società ricorrenti sono tutte confinante con l’area da bonificare e, dal momento che l’intervento di bonifica viene assunto dalla società controinteressata allo scopo di ottenere una riqualificazione urbanistica dell’area per consentire insediamenti residenziali o di servizi, vi è senz’altro l’interesse a non vedere modificare la destinazione industriale dell’area, omogenea con quella delle aree di loro proprietà.

Infatti la vicinanza tra un’area a destinazione industriale con una a destinazione residenziale potrebbe comportare effetti pregiudizievoli quanto alla possibilità di espandere l’insediamento produttivo e ad esempio quanto ai limiti delle emissioni acustiche che andrebbero osservati.

Pertanto il criterio della vicinitas è sufficiente a radicare sia la legittimazione attiva che l’interesse a ricorrere con conseguente rigetto delle eccezioni di rito.

Parimenti infondata è l’eccezione formulata dalla T.R. E.D. circa la necessità della citazione in qualità di controinteressate del G.Z. e del G.W.A..

Nei ricorsi in esame non è stato impugnato l’atto di intenti, ma solo l’accordo di programma che è stato sottoscritto dalla società controinteressata costituita ad hoc dai due Gruppi sopra menzionati e pertanto è corretta la scelta effettuata dalle società ricorrenti di evocare in giudizio solo la società che aveva firmato uno degli atti impugnati.

Anche l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi per mancata impugnazione del verbale della conferenza di servizi del 8.1.2007 deve essere respinta.

Nel verbale in questione è stato espresso un assenso tecnico al progetto di bonifica presentato da T.R. E.D. che però non costituisce l’oggetto del ricorso, in quanto le società si lamentano non dell’impostazione tecnica del progetto di bonifica, ma dei criteri di scelta del soggetto che a tale bonifica avrebbe dovuto provvedere.

Nel merito i ricorsi sono fondati.

L’area appartenente al fallimento della S. situata nei comuni di Pioltello e Rodano è stata individuata come area da bonificare di interesse nazionale.

Per tali siti il legislatore nazionale ha previsto una specifica procedura laddove i responsabili dell’inquinamento o comunque i proprietari dell’area non siano in grado di procedere alla bonifica.

Essa è indicata dall’art. 18 L. 279\2002 i cui primi cinque commi così dispongono: "1. Al fine dell’attuazione degli interventi di bonifica da porre in essere nei siti di importanza nazionale, individuati ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, alternativamente alla procedura ordinaria di cui al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 18 settembre 2001, n. 468, individua, sulla base dei progetti preliminari integrati di bonifica e sviluppo presentati dai soggetti concorrenti, con procedura di evidenza pubblica e nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, il soggetto al quale affidare le attività di bonifica e di riqualificazione delle aree industriali interessate. L’individuazione con procedura di evidenza pubblica di cui al primo periodo può essere effettuata soltanto in caso di inerzia, a seguito di diffida con indicazione dei tempi di attuazione delle operazioni di bonifica, del proprietario o del gestore delle aree industriali da bonificare, che abbiano avviato o assunto impegni nell’ambito del programma di attuazione degli interventi di bonifica. Per essere ammessi alla procedura di evidenza pubblica, i progetti preliminari devono contenere, tra le altre, le seguenti indicazioni:

a) garanzia da parte del soggetto affidatario per l’integrale assunzione dei costi di esproprio delle aree interessate, di cui ai commi 3 e 4;

b) durata del programma;

c) piano economico e finanziario dell’investimento.

2. Per realizzare il programma di interventi di cui al comma 1, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio stipula, con i Ministri dell’interno delegato per il coordinamento della protezione civile, delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, con i presidenti delle giunte regionali, delle province e con i sindaci dei comuni territorialmente competenti, uno o più accordi di programma per l’approvazione del progetto definitivo di bonifica e di ripristino ambientale. Gli accordi di programma comprendono il piano di caratterizzazione dell’area e l’approvazione delle eventuali misure di messa in sicurezza di emergenza, gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza definitiva e l’approvazione del progetto di valorizzazione dell’area bonificata, che include il piano di sviluppo urbanistico dell’area e il piano economico e finanziario dell’investimento, secondo le procedure previste dall’articolo 34 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

3. In applicazione del comma 2 e al fine di garantire al soggetto affidatario il recupero dei costi di esproprio, bonifica e riqualificazione delle aree, nonché il congruo utile di impresa, il soggetto affidatario può disporre delle aree bonificate utilizzandole in proprio in concessione o cedendole a terzi secondo le direttive fissate dal piano di sviluppo urbanistico.

4. Le finalità indicate dal presente articolo sono assicurate mediante l’acquisizione con esproprio al patrimonio disponibile dello Stato o degli enti territoriali competenti delle aree inquinate da bonificare, i cui costi saranno integralmente sostenuti dal soggetto affidatario delle attività di bonifica e di riqualificazione delle aree industriali interessate.

5. Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, delle attività produttive e delle infrastrutture e dei trasporti, stabilisce le procedure di attuazione del presente articolo con particolare riferimento ai requisiti del progetto preliminare di cui al comma 1 e alle modalità di progettazione definitiva ed esecutiva, nonché alle modalità di esecuzione delle procedure di esproprio delle aree interessate.".

Dalla lettura della norma si evince che la bonifica deve essere effettuata a carico del privato che risulterà vincitore della procedura di evidenza pubblica che potrà ristorarsi dei costi sostenuti ed ottenere un giusto utile disponendo delle aree bonificate per utilizzarle in proprio in concessione o con cessione a terzi secondo le direttive fissate dal piano di sviluppo urbanistico.

A tal fine gli accordi di programma comprendono anche l’approvazione del progetto di valorizzazione dell’area bonificata, che include il piano di sviluppo urbanistico dell’area.

Non è vero, pertanto, quanto affermato che la procedura in questione andrebbe adottata quando la bonifica avviene ex officio ai sensi dell’art. 252 D.lgs. 152\2006, mentre nel caso di specie si tratterebbe di intervento fondato sull’art. 245 di detto decreto che prevede la possibilità che la bonifica sia condotta in porto da altro soggetto interessato, diverso sia dal responsabile che dal proprietario.

In presenza di una disciplina specifica, che prevede le modalità di intervento nel caso di bonifica di siti di interesse nazionale per cui non possano intervenire i soggetti ad essa tenuti, non può farsi riferimento ad una normativa di carattere generale.

Il riferimento contenuto nell’art. 252, comma 5, D.lgs. 152\2006 ad altro soggetto interessato, non significa che l’intervento a cura delle pubbliche amministrazioni in tema di bonifica di siti di interesse nazionale avvenga quando non vi sia nessun soggetto interessato a compiere interventi ex art. 245 D.lgs. 152\2006, ma semplicemente quando non è stato possibile affidare l’intervento né a un soggetto responsabile, né a un soggetto interessato.

La norma, però, nulla dice sulle modalità con cui debba essere individuato il soggetto interessato in questione; a ciò soccorre l’art. 18 L. 179\2002 che prevede l’articolato iter procedimentale che è stato in gran parte seguito nella vicenda che ci occupa, salvo che sul punto essenziale che il soggetto interessato non è stato individuato a seguito di una procedura concorsuale, ma in virtù di una sua autocandidatura che non è chiaro in che contesto sia maturata.

L’art. 245 D.lgs. 152\2006 prevede la possibilità che un soggetto non responsabile si faccia carico delle procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, ma non prevede affatto che per ristorarlo debbano essere assunte iniziative come quelle regolate dall’art. 18 L. 179\2002 o come quelle che sono state poste in essere nel caso dell’area ex S..

Il codice dell’ambiente ha previsto la possibilità di intervento bonificatore anche su iniziativa di un soggetto non responsabile che potrebbe assumersi detto onere in virtù di possibili benefici che potrebbero scaturire da accordi con il proprietario o per altre ragioni.

Ed è questa la tesi che sembra accreditare la difesa erariale quando afferma nella memoria del 14.3.2011 che la procedura di evidenza pubblica è stata interrotta quando la Curatela ha comunicato della trattativa privata intrapresa con alcuni imprenditori, poiché ciò avrebbe evitato l’uso di risorse pubbliche su un’area che non sarebbe mai stata acquisita al patrimonio pubblico.

Ciò sarebbe esatto se non fosse che gli accordi per la realizzazione della bonifica non sono rimasti una vicenda relegata nell’ambito di un accordo privato, poiché l’intervento della società controinteressata, peraltro creata ad hoc per gestire tutta l’iniziativa, in tanto si giustificava in quanto interveniva un progetto di riqualificazione dell’area che avrebbe reso possibile remunerativi investimenti immobiliari una volta realizzata la bonifica.

Siamo quindi fuori del campo di applicazione dell’art. 245 citato e pertanto non sembra possibile assumere un’iniziativa al di fuori di ogni procedura concorsuale allo scopo di realizzare un investimento immobiliare reso possibile dal fatto che le Amministrazioni competenti consentiranno la realizzazione del progetto imprenditoriale previa adozione di varianti urbanistiche.

Quando la pubblica amministrazione rende possibile il piano di sviluppo urbanistico dell’area che costituisce lo scopo per cui un soggetto esterno si accolla gli oneri della bonifica, la scelta di chi deve realizzare l’intervento risanatore deve avvenire attraverso procedure concorrenziali che permettano di realizzare in modo più compiuto l’interesse pubblico e che non garantiscano ad un privato dei vantaggi in violazione dei principi in materia di tutela della concorrenza che informano tutta la legislazione comunitaria.

Se a ciò si aggiunge che, essendo la proprietaria dell’area sottoposta a fallimento, era necessario procedere ad una previa acquisizione dell’area con procedura espropriativa secondo quanto previsto dall’art. 1,commi 434 e 436, L 266\2005, non può che concludersi per la illegittimità della procedura seguita nel caso di specie dalle amministrazioni resistenti.

La riprova dell’esattezza di quanto affermato è data da quanto accaduto dopo che la società controinteressata ha rinunciato alla realizzazione del progetto, avendone evidentemente valutato la non convenienza economica.

Infatti per procedere alla realizzazione della bonifica, necessaria anche per non incorrere in sanzioni da parte dell’Unione Europea, si è proceduto all’attivazione di una gara secondo le procedure di evidenza pubblica.

L’illegittimità accertata è sufficiente per procedere all’annullamento degli atti impugnati potendosi ritenere assorbiti gli altri motivi di impugnazione anche in considerazione del fatto che gli accordi tra le amministrazioni interessate e la società controinteressata sono venuti meno per risoluzione consensuale degli atti di programmazione (vedasi sul punto la nota 16.7.2010 della Regione Lombardia).

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sui ricorso riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare, la Regione Lombardia e T.R. E.D. Srl, in solido tra loro, alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.000 oltre C.P.A. ed I.V.A. per ciascuna delle società ricorrenti ed al rimborso del contributo unificato ex art. 13,comma 6 bis,D.P.R. 115\02, nella somma di Euro 500.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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