T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 27-04-2011, n. 743 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto 24 maggio 1982 n. 6885, il Prefetto di Brindisi autorizzava l’A. all’occupazione temporanea d’urgenza dei terreni necessari per la realizzazione della variante alla strada statale n. 16, tra cui anche alcuni terreni di proprietà della Sig.ra M.R., distinti in catasto al foglio 76, p.lle 128, 129 e 250; pur essendo stata eseguita l’immissione in possesso e realizzata l’opera pubblica, non interveniva però il relativo decreto di espropriazione o il provvedimento di acquisizione dell’area ex art. 43 del t.u. 8 giugno 2001, n. 327 (pur più volte richiesto e sollecitato dalla Sig.ra M.R.).

Con il presente ricorso, il Sig. I.P. (subentrato nella titolarità di una parte dei beni in questione, a seguito di compravendita dalla propria madre, Sig.ra M.R.), chiede l’accertamento dell’obbligo per le Amministrazioni intimate di procedere all’acquisizione ai sensi dell’art. 43 del t.u. 8 giugno 2001, n. 327 dell’area in questione, ormai irreversibilmente destinata all’opera pubblica e il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata disponibilità dei beni, oltre ad interessi moratori e al danno da svalutazione monetaria.

Si costituivano in giudizio il Prefetto di Brindisi e l’A., controdeducendo sul merito del ricorso e formulando eccezione preliminare di prescrizione del diritto.

Con ordinanza 16 dicembre 2010 n. 209, la Sezione ordinava all’A., Compartimento di viabilità per la Puglia il deposito di "una relazione, accompagnata dalla relativa documentazione, in ordine alla data di completamento dei lavori di realizzazione dell’opera pubblica in questione, con particolare riferimento all’area di proprietà del ricorrente, occupata per effetto del decreto di occupazione d’urgenza 24 maggio 1982 n. 6885 del Prefetto di Brindisi"; dopo l’esecuzione degli adempimenti istruttori da parte dell’A., il ricorso passava in decisione all’udienza del 23 marzo 2011.
Motivi della decisione

In accoglimento dell’eccezione di prescrizione formulata dall’Avvocatura dello Stato, il ricorso deve essere respinto.

Dopo la declaratoria di incostituzionalità della previsione dell’art. 43 del t.u. 8 giugno 2001, n. 327 operata da Corte cost. 8 ottobre 2010 n. 293, l’intera problematica è stata, infatti, rivisitata dalla Sezione secondo una nuova prospettiva ricostruttiva che valorizza il riferimento all’istituto civilistico della specificazione ( art. 940 c.c.): "venuta meno l’espropriazione indiretta (e come occupazione acquisitiva e come occupazione usurpativa) ad opera dell’art. 43 del d.P.R. n.327 del 2001, venuto meno l’istituto dell’acquisizione per decreto da parte dell’amministrazione e quello della esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo accompagnata dalla condanna al risarcimento del danno, entrambe disposte dal giudice amministrativo, spetta all’interprete individuare la disciplina giuridica delle situazioni in cui sia stata realizzata l’opera pubblica in assenza del compimento nei termini della procedura espropriativa o in assenza di una valida procedura.

Ad avviso del Collegio deve essere indagata la norma dell’art. 940 c.c., secondo il quale "Se taluno ha adoperato una materia che non gli apparteneva per formare una nuova cosa, possa o non possa la materia riprendere la sua prima forma, ne acquista la proprietà pagando al proprietario il prezzo della materia, salvo che il valore della materia sorpassi notevolmente quello della mano d’opera. In quest’ultimo caso la cosa spetta al proprietario della materia, il quale deve pagare il prezzo della mano d’opera.".

L’istituto della specificazione,cioè della trasformazione di una cosa in un’altra,trova la sua definizione in termini astratti nel testo giustinianeo (I.2,1,25),che così si esprime " Cum ex aliena materia species aliqua facta sit ab aliquo,queri solet,qui eorum naturali ratione dominus sit,utrum si qui fecerit,an ille potius qui materiae dominus fuit……",mentre per l’innanzi le fonti classiche utilizzavano esempi concreti (Gai 2,79: "..si ex uvis aut ulivis aut spicis meis aut oleum aut frumentum feceris…"; "…. si ex auro aut argento meo vas aliquid feceris vel ex tabulis meis navem…").

Le scuole classiche dei Sabiniani e dei Proculiani davano soluzioni contrastanti del fenomeno, attribuendo la proprietà della nova species al proprietario della materia (i primi),allo specificatore (i secondi);e ciò,si ritiene, in funzione della politica legislativa e della visione dell’assetto sociale, cioè della tutela della proprietà professata dai primi,della incentivazione allo sviluppo auspicata dagli altri.

V’era poi una " media sententia " (D. 41.1.7.7. e I.2,1,25) che distingueva a seconda che la cosa fosse riducibile allo stato originario o meno e riconnettendo a ciò l’assegnazione della stessa al proprietario o allo specificatore.

Quale che fosse la soluzione data nel concreto, è indiscusso che la specificazione dava vita ad una nuova cosa e che la individuazione del proprietario era determinata dalla visione della società: statica (e quindi informata alla tutela della proprietà) o dinamica (e quindi informata all’evoluzione, allo sviluppo).

L’art. 940 c.c. attribuisce la proprietà della " nuova cosa", "possa o non possa la materia riprendere la sua prima forma ",allo specificatore " salvo che il valore della materia sorpassi notevolmente quello della mano d’opera", in tal modo costruendo l’istituto in funzione di una società informata allo sviluppo,alla tutela delle energie creative piuttosto che alla staticità.

Come nelle fonti classiche del diritto romano, l’istituto disegnato dall’art. 940 c.c. riguarda le cose mobili, ricomprese in esse le energie naturali aventi valore economico (assimilate alle cose mobili dall’art. 814 c.c.).

E’ questo un ostacolo alla interpretazione analogica che estenda l’applicazione dell’istituto alle cose immobili?

Sicuramente la concezione che della proprietà fondiaria aveva il diritto romano non è quella attuale, dato che la proprietà del suolo non si estende "usque ad sidera,usque ad inferos",come risulta dal regime attuale del soprassuolo e del sottosuolo (vedi ad esempio le concessioni minerarie).

Se è vero che l’art. 934 c.c. attribuisce al proprietario del suolo qualunque costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo, è altrettanto vero che l’art. 938 c.c. prevede il potere del giudice di attribuire la proprietà del suolo occupato e della parte di edificio sullo stesso costruito a chi abbia in buona fede occupato una porzione del fondo attiguo.

La mitigazione,se si vuole definirla così,del carattere assoluto della proprietà fondiaria attenua gli elementi distintivi di questa rispetto alla proprietà mobiliare,permettendo di considerare l’una e l’altra alla stessa stregua rispetto ad uno stesso fenomeno: quello della modificazione di una cosa in modo talmente incisivo da dar vita ad una cosa che non può essere identificata con quella esistente prima della modificazione,ad una cosa nuova.

Una modifica del genere è un fatto normale per le cose mobili, si pensi alla fusione di un lingotto d’argento ed alla trasformazione di esso in una coppa o un monile;richiede invece un intervento di particolare importanza per i fondi, tale che dopo lo stesso non possa più parlarsi di un terreno e di una costruzione, ma di una cosa totalmente nuova, che non possa essere ricondotta alla consistenza originaria senza un intervento di distruzione della nova species.

E’ questa la situazione che si determina con la realizzazione dell’opera pubblica (ad esempio un’autostrada o, come nella specie,una variante alla strada statale n.16).

Per effetto della specificazione del fondo la proprietà dell’opera pubblica viene acquistata, a titolo originario, dall’ente specificatore nel momento in cui l’opera di specificazione è completata, cioè si è avuta la specificazione;questo non in conseguenza di un illecito ma di un istituto che affonda le sue radici nel diritto romano e costituisce un fatto che dà diritto ad un indennizzo non un illecito che dà diritto al risarcimento del danno.

Sull’acquisto non influisce quanto può essere ritenuto o meno dal giudice, sicchè le norme che disciplinano il fenomeno sono " precise e prevedibili ",rispettano le indicazioni del giudice di Strasburgo.

Le stesse sono anche "accessibili ": quando l’opera è stata realizzata in violazione dei termini fissati, la richiesta indennitaria può essere avanzata nel termine di dieci anni dalla verificazione del fatto; se invece l’opera è stata realizzata a seguito di una procedura successivamente annullata il termine prescrizionale decorre, ex art. 2935 c.c., dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, cioè da quando è passata in giudicato la pronuncia che ha annullato gli atti della procedura" (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 24 novembre 2010, n. 2683).

Nella vicenda che ci occupa, la documentazione depositata in giudizio dall’A., Compartimento di viabilità per la Puglia in esecuzione dell’istruttoria esperita dalla Sezione (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, ord. 16 dicembre 2010 n. 209) ha accertato che l’opera pubblica in questione è stata completata in data 16 settembre 1993 (come da certificato di ultimazione lavori); almeno a partire da tale, si sono verificati gli effetti dell’istituto della specificazione ( art. 940 c.c.) ed è sorto il diritto del proprietario all’indennizzo.

Avuto riferimento alla data di maturazione dell’indennizzo (16 settembre 2003), la prima interruzione della prescrizione (precisamente, in data 24 aprile 2009) posta in essere da parte della dante causa del ricorrente si presenta sostanzialmente non utile, essendo ormai maturato, a quella data, il termine decennale di prescrizione della pretesa all’indennizzo.

In definitiva, deve pertanto trovare accoglimento l’eccezione di prescrizione formulata dalla difesa delle Amministrazioni intimate e deve essere respinto il ricorso proposto dal ricorrente; sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge, come da motivazione.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *