Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-04-2011, n. 2541 Controversie in materia elettorale Operazioni elettorali Onere della prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il signor R. B. partecipava alle elezioni del Presidente della Giunta regionale del Piemonte e per il rinnovo del Consiglio regionale svoltesi il 28 e 29 marzo 2010, candidandosi come consigliere regionale nella lista provinciale n. 22 – "Il popolo delle libertà" – della circoscrizione di Novara.

All’esito dello scrutinio, il candidato G. L. R. risultava l’esponente della detta lista con il maggior numero di voti validi ricevuti, pari a 5.416, mentre il B. ne aveva riportati 5.371.

In conformità ai risultati così accertati, l’Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Novara proclamava eletto consigliere regionale il signor L. R.. Il candidato B. non risultava invece eletto, in quanto nella circoscrizione di Novara la lista "Il popolo delle libertà" aveva maturato il diritto a vedersi assegnato un solo seggio.

Con ricorso ex art. 83 del d.P.R. n. 570/1960 al T.A.R. per il Piemonte il B., nella duplice veste di cittadino elettore e di candidato alla carica di consigliere regionale, impugnava quindi il verbale di proclamazione degli eletti, proponendo i seguenti motivi di gravame:

I) Eccesso di potere sotto vari profili e sviamento: sulla base di dichiarazioni rilasciate da soggetti terzi presenti alle operazioni di scrutinio, il deducente affermava che in numerose sezioni di Novara sarebbero stati applicati criteri erronei e arbitrari per attribuire validità ai voti espressi dagli elettori;

II) Violazione di legge con riferimento all’errata applicazione delle norme che disciplinano le operazioni elettorali (testo unico delle leggi elettorali, d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, Titolo V "Dello scrutinio"): censura concernente presunte irregolarità che avrebbero inficiato i verbali delle operazioni svoltesi in altre sezioni incidendo sui risultati elettorali, quali rilevanti discordanze fra la somma totale delle preferenze indicate nel verbale e quelle che vi risultano attribuite ai singoli candidati, nonché, in altri casi, presenza di correzioni sul numero delle preferenze attribuite.

In forza di tali censure il ricorrente chiedeva che fosse disposta una verifica delle schede elettorali, ed instava conclusivamente per l’annullamento, nei limiti di cui in ricorso, del verbale di proclamazione degli eletti, per la correzione dei risultati elettorali e la propria sostituzione al candidato L. R. nella carica di consigliere regionale.

Si costituiva in giudizio il controinteressato, che articolava le proprie controdeduzioni argomentando nel senso dell’inammissibilità e dell’infondatezza del ricorso.

Con ordinanza n. 47/2010 il T.A.R., ravvisata l’esigenza di un approfondimento istruttorio in relazione alle censure dedotte con il secondo motivo d’impugnazione, incaricava il Prefetto di Novara di procedere "alla verificazione delle operazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale svoltesi nella provincia di Novara, da espletarsi mediante conteggio dei voti validi di preferenza rispettivamente riportati dal ricorrente e dal signor G. L. R. nelle sezioni 1, 3, 7, 23, 25, 26, 39, 40, 42, 43 e 68 della circoscrizione di Novara nonché nelle sezioni 2 di Grignasco, 2 di Gozzano, 3 di Gattico e 5 di Bellinzago" (ossia nelle sole sezioni ove i verbali delle operazioni elettorali risultavano caratterizzati da errori di calcolo o da irrituali correzioni capaci, secondo la prospettazione di parte ricorrente, di incidere sui risultati elettorali).

La Prefettura di Novara, eseguite le verifiche, con relazione del 28 giugno 2010 ne documentava gli esiti, allegando i verbali delle operazioni di riconteggio dei voti e un prospetto riassuntivo delle preferenze riportate dal ricorrente e dal controinteressato.

Il TAR quindi, con sentenza n. 3717 del 2010, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e degli uffici elettorali locali, accoglieva il ricorso, annullando il verbale di proclamazione degli eletti nella parte in cui era stato nominato consigliere regionale il L. R. in luogo del B., e facendo luogo alla contestuale nomina di quest’ultimo a consigliere regionale in luogo del primo.

Avverso tale pronuncia il L. R. proponeva il presente gravame.

L’appellante, oltre a riproporre le obiezioni formulate già in prime cure circa la inammissibilità dell’originaria impugnativa per genericità dei motivi di ricorso e per carenza di interesse in relazione alla c.d. prova di resistenza, si doleva: di un acritico recepimento da parte del Tribunale delle risultanze della verificazione; della circostanza che tali risultanze confliggevano con i verbali delle operazioni elettorali, tuttavia assistiti da efficacia probatoria privilegiata fino a querela di falso e comunque più attendibili; che dalla verificazione sarebbe emersa un’irregolarità diversa da quella eccepita dall’originario ricorrente; che, infine, già nel corso dell’espletamento dell’incombente fossero emerse delle irregolarità, a suo tempo prontamente riscontrate ma incongruamente disattese dal primo giudice.

In via subordinata, l’appellante chiedeva la rinnovazione della verificazione.

Si costituiva in giudizio in resistenza all’appello l’originario ricorrente, che ne deduceva l’infondatezza e richiedeva il suo rigetto.

L’appellante, dal canto suo, ribadiva le proprie doglianze con una successiva memoria, con la quale insisteva per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 5 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

1 L’appellante eccepisce anche in questo grado l’inammissibilità dell’originario ricorso elettorale avversario per la genericità dei motivi dedotti e la carenza di interesse all’impugnazione.

Quanto al primo profilo, l’appellante afferma che l’impostazione avversaria si sarebbe sostanziata in censure solo del tutto generiche, e mai precise e circostanziate, per essere stata lamentata soltanto, ed in via generale e astratta, l’erronea mancata attribuzione di un numero imprecisato di preferenze, e la presenza di anomalie, correzioni ed errori di calcolo nei verbali di scrutinio di talune sezioni elettorali (per giunta, incorrendo in imprecisioni della prospettazione fattuale). L’appellante si duole pure dell’assenza, a base del ricorso di prime cure, di un concreto principio di prova, in particolare sotto forma di allegazioni specifiche risultanti dai verbali, i quali non registrano contestazioni coeve allo scrutinio.

Il TAR ha respinto tali eccezioni, rifacendosi al condivisibile indirizzo giurisprudenziale che nella materia elettorale vede attenuato l’onere della prova, con la conseguente ammissibilità anche di censure non del tutto puntuali (cfr., ad es., Cons. Stato, sez. V, 4 marzo 2008, n. 817). Se è in generale vero, infatti, che nel processo amministrativo il principio dell’onere della prova a carico del ricorrente subisce un’attenuazione, in ragione della riconosciuta disparità di posizione tra privato e Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che è sufficiente la produzione di un semplice principio di prova, questo è tanto più vero con riguardo alla specifica materia elettorale. In tale ambito, infatti, l’onere della prova su chi agisce in giudizio è stato ulteriormente attenuato dalla giurisprudenza, la quale ha affermato che nei giudizi elettorali vale un minor rigore nell’accertamento del rispetto dell’onere di fornire un principio di prova, rispetto alla generalità dei processi amministrativi (Consiglio Stato, V, n. 738 del 7 febbraio 2000; n. 6135 del 16 ottobre 2006; n. 6540 del 7 novembre 2006; n. 817 del 4 marzo 2008). La conseguente, speciale attenuazione dell’onere probatorio e del connesso onere di specificazione dei motivi di ricorso nella materia elettorale (sul secondo aspetto cfr., ad es., C.d.S., V, 7 novembre 2003, n. 7131), partendo dalla presa d’atto della situazione di obiettiva difficoltà in cui versa il soggetto che agisce in giudizio, e dall’indefettibile esigenza di assicurare l’effettività della tutela giurisdizionale, deve giocoforza condurre all’ammissibilità anche di censure parzialmente generiche, oppure destinate a risultare poi affette da errata individuazione del fatto che ha provocato la determinazione illegittima: diversamente, l’attenuazione dell’onere probatorio nel processo amministrativo elettorale risulterebbe priva di concreta incidenza e si risolverebbe in una sterile dichiarazione di intenti (C.d.S., V, n. 817/2008).

L’applicazione dei principi appena esposti alla presente vicenda porta a ritenere che il primo giudice rettamente abbia escluso che i rilievi svolti in prime cure sulla regolarità delle operazioni elettorali avessero consistenza di doglianze solo generiche, e quindi di mero espediente funzionale a provocare un inammissibile riesame delle operazioni di scrutinio. I vizi denunciati con il secondo motivo di ricorso sono stati a ragione reputati sufficientemente specifici, poiché identificavano con precisione le irregolarità o incongruenze caratterizzanti -in tesi- i verbali di ben individuate sezioni elettorali, ed altresì il numero delle schede coinvolte nelle pretese anomalie.

Non va del resto dimenticato che la materia sulla quale veniva così sollecitata la disamina del giudice era inequivocabilmente cruciale, investendo direttamente proprio il computo delle preferenze espresse per i due contendenti. La relativa figura di vizio così dedotta, sulla cui fisionomia è pur vero che il ricorso di prime cure non si soffermava in modo specifico, era, quindi, in re ipsa, attenendo alla erronea indicazione del numero delle preferenze.

Le relative critiche potevano perciò reputarsi sufficientemente circostanziate.

Né aveva pregio dolersi dell’assenza, a base del ricorso di primo grado, di un concreto principio di prova. E questo soprattutto perché il B. ha allegato a suo tempo, proprio attraverso documentazione ufficiale, delle serie anomalie sintomatiche, costituite, appunto, dalle rilevanti discordanze riscontrabili, in singoli verbali sezionali, fra la somma totale delle preferenze indicatavi e quelle, invece, che vi risultavano effettivamente attribuite ai singoli candidati, nonché, in altri casi, dalle anomalie individuabili nella presenza di correzioni sul numero delle preferenze attribuite.

Era semmai carente del necessario principio di prova il primo motivo di ricorso, che difatti il TAR ha rettamente disatteso, circoscrivendo dapprima le operazioni di verificazione, e indi la propria pronuncia di annullamento, alle sole sezioni rispetto alle quali le doglianze del B. avevano passato indenni il tradizionale filtro di ammissibilità.

L’appellante ha pure riproposto l’assunto del mancato superamento della cosiddetta prova di resistenza, con il rilievo che l’avversaria, anche a causa delle imprecisioni caratterizzanti il ricorso, non avrebbe dimostrato che le denunciate irregolarità avevano inciso sul risultato complessivo delle operazioni di voto in modo da sovvertire il divario di voti esistente fra i due contendenti.

Ora, nessun dubbio che non sia consentito pronunciare l’annullamento di un esito elettorale se l’illegittimità riscontrata non sia in grado di influire concretamente sui relativi risultati.

Anche questa eccezione è stata però correttamente disattesa dal T.A.R., sulla scorta delle giuste osservazioni: che l’esiguità del divario, di appena 45 voti, fra i due candidati, alleviava l’onere probatorio a carico della parte ricorrente; che il ricorso dava conto con una certa puntualità sia del numero di voti di preferenza risultanti dai verbali fatti oggetto di contestazione, sia della connessa probabilità che gli stessi, ove diversamente conteggiati, potessero condurre ad un ribaltamento del risultato elettorale.

2 Si deduce, inoltre, che i verificatori avrebbero riscontrato una irregolarità diversa da quella descritta nel ricorso. Mentre con questo erano stati denunciati degli errori nell’attribuzione dei voti di preferenza in danno del B., la verificazione avrebbe fatto invece emergere un eccesso di voti attribuiti al L. R..

Altro profilo della doglianza viene poi prospettato in questi termini: altro è dedurre che delle schede sono state indebitamente attribuite ad un candidato, ed altro è scoprire che le stesse schede non esistono.

A tutto ciò è però immediato replicare che le doglianze sottoposte dal B. al T.A.R., lungi dall’essere circoscritte ad una mera rivendicazione di ulteriori voti a profitto dell’originario ricorrente, chiamavano in causa, in realtà, l’intera problematica dei complessivi voti di preferenza rispettivamente ottenuti dai due contendenti nelle sezioni in rilievo. Anche la rilevazione di preferenze in esubero a favore del L. R. rientrava quindi pienamente nel fuoco delle censure in questione e, quindi, del mandato assegnato dal T.A.R. alla Prefettura.

Vale inoltre notare che la verificazione è sfociata nel riconteggio delle preferenze espresse a favore dei due contendenti e, dunque, nella corretta determinazione del loro numero, laddove non ha affatto portato ad accertare che delle schede addirittura "non esistessero". Da qui l’integrale infondatezza del mezzo.

3 Un’ulteriore critica mossa alla sentenza in epigrafe è quella che il Tribunale sarebbe incorso in un acritico recepimento delle risultanze della verificazione, trattata, in pratica, alla stregua di una prova legale, mentre i suoi esiti avrebbero dovuto formare invece oggetto di una valutazione autonoma in aderenza al canone del libero convincimento del giudice.

Giova allora rammentare che le operazioni di verifica eseguite dalla Prefettura di Novara, alla presenza delle parti e in aderenza al mandato definito dall’ordinanza che le ha disposte, si sono sostanziate nel ricalcolo dei voti di preferenza rispettivamente attribuiti ai due contendenti, nell’ambito delle sezioni nelle quali le allegazioni di parte ricorrente avevano evidenziato profili di anomalia (evidenti errori di calcolo o irrituali correzioni del totale dei voti attribuiti al singolo candidato).

Il riconteggio ha accertato in maniera chiara e agevolmente verificabile dai due candidati, entrambi presenti durante l’intero svolgimento delle operazioni, il numero dei voti validi attribuiti a costoro. E, mentre le schede contenenti voti di preferenza a favore dell’originario ricorrente sono risultate (nelle sezioni esaminate) pari a 182, esattamente lo stesso numero dei voti attribuitigli nei verbali elettorali (onde non mutava la cifra individuale del candidato, confermata in 5.371 voti), nei riguardi dell’appellante, invece, sono stati computati solo 220 voti validamente attribuibili, a fronte dei 290 risultanti dai verbali elettorali, con la conseguenza che la sua cifra individuale si riduceva a 5.346 voti validi, inferiore a quella del rivale. Scavalcamento che resterebbe fermo anche qualora ai 70 voti in difetto accertati dalla Prefettura si sottraessero le 15 schede recanti preferenza a favore del L. R. che sono state ritenute nulle dai funzionari della verificazione: anche in tal caso, infatti, la cifra individuale del medesimo rimarrebbe inferiore a quella del B..

Ricordate così le risultanze della verificazione, sembra evidente che i principi richiamati dall’appellante, pur in astratto ineccepibili, debbano essere coordinati con il dato di fatto che quello richiesto dal T.A.R. era un semplice (ri)conteggio, che è stato oltre tutto effettuato alla costante presenza delle parti. Anche in considerazione, pertanto, dell’assenza di puntuali obiezioni sul merito delle relative operazioni, era inevitabile che le oggettive risultanze dello stesso computo potessero essere senz’altro recepite a base della decisione (senza che occorra intrattenersi sui 15 voti ritenuti nulli dai verificatori, che sono pacificamente ininfluenti sulle sorti di causa, come è stato già rimarcato dal Tribunale). D’altra parte, non v’è chi non veda che il compimento di una nuova verifica diretta delle schede da parte del Collegio sarebbe stata un’operazione inutilmente gravatoria, in contraddizione con il precedente provvedimento istruttorio e priva di giustificazione logica.

4 L’appellante deduce inoltre che, poiché la verificazione avrebbe tratteggiato una realtà dei fatti del tutto diversa da quella attestata dai verbali delle operazioni elettorali, da ciò sarebbe derivata la necessità, per l’originario ricorrente, di proporre contro gli stessi verbali una querela di falso. In difetto, i medesimi verbali, quali atti pubblici fidefacenti, non avrebbero potuto essere disattesi dalle risultanze dell’incombente.

Viene poi soggiunto che, in ogni caso, avrebbe dovuto riporsi prevalente affidamento sui verbali e le tabelle di scrutinio elettorali, che traevano particolare affidabilità dal fatto di essere stati redatti nell’immediatezza delle operazioni di scrutinio. Attribuire prevalenza, al contrario, ad un verbale di verificazione formato a mesi di distanza significherebbe vanificare le garanzie di cui il legislatore circonda le operazioni elettorali.

Il primo giudice ha però esattamente deciso che i verbali delle operazioni elettorali non potevano incarnare alcuna preclusione all’esperimento di nuove verifiche dinanzi al giudice amministrativo.

E’ ben noto il principio per cui nel giudizio elettorale non sono ammissibili contestazioni al contenuto dei verbali che si risolvano in impugnazioni di falso, ove queste ultime non siano proposte nei modi di rito mediante querela di falso (Consiglio Stato, V, 1° febbraio 1990, n. 85). Tale principio è però invocabile solo ove una querela di falso sia effettivamente necessaria.

E invero questo Consiglio, in una decisione relativa ad una fattispecie assai simile alla presente (C.d.S., V, n. 7320 del 2003, precedente opportunamente richiamato dal T.A.R.), ha escluso che potesse essere opposto l’ostacolo della mancata proposizione della querela di falso, in quanto nel caso era stata dedotta la sussistenza di un mero errore materiale, commesso nella trascrizione dei dati relativi alle preferenze rivenienti dallo scrutinio delle schede, errore agevolmente verificabile attraverso una semplice indagine istruttoria circa il corretto conteggio delle schede stesse, e non, invece, l’esistenza di una falsità materiale\ideologica nella redazione dei verbali, sindacabile solo attraverso tale impugnativa di falso (nel senso che in presenza di un errore materiale non sia consentito opporre la mancanza di querela di falso v. anche C.d.S., n. 5851 del 18\8\2010).

D’altra parte, come è stato ricordato nella stessa occasione, l’atto pubblico fa piena prova fino a querela di falso della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza, o da lui compiuti. Quindi, esso prova che la verifica documentale è stata eseguita, ma non fa fede anche delle valutazioni compiute dal pubblico ufficiale sulla documentazione esaminata, e quindi neppure esclude la possibilità di errori commessi in tale valutazione (cfr. anche la decisione della Sezione 22 maggio 2001, n. 2829).

Da ciò la conclusione della Sezione che nessuna preclusione può derivare dai suddetti verbali, in quanto tali, all’esperimento di nuove verifiche, vuoi, se del caso, in sede da autotutela da parte della stessa P.A., vuoi, come nella specie, dinanzi al giudice amministrativo (C.d.S., V, n. 7320\2003).

5 Quanto alla maggiore attendibilità che a tali atti deriverebbe dalla loro contemporaneità alle operazioni elettorali (rispetto ad una verificazione compiuta solo a mesi di distanza), si rileva che nel caso in esame la prima viene meno, proprio in considerazione degli errori e delle altre anomalie che connotano gli stessi atti, e che sono stati posti a base del ricorso di primo grado.

6 L’appellante deduce, inoltre, che non solo le operazioni di verificazione, ma anche, prima di esse, le procedure seguite per la complessiva "gestione" del materiale elettorale, sarebbero state inficiate da vari vizi ed irregolarità, tra l’altro più gravi delle poche correzioni riscontrate nei verbali delle sezioni in contestazione. Anche tale aspetto avrebbe confermato la necessità di accordare prevalenza ai verbali delle elezioni su quelli della verificazione.

L’appellante ha sminuito l’attendibilità della verificazione specialmente riproponendo i propri rilievi già formulati nel corso delle relative operazioni, riportati in apposito allegato al verbale del 25 giugno 2010.

Era stato osservato, allora, precisamente quanto segue:

a) "le scatole ed i plichi dove sono conservate le schede votate (valide e nulle) delle sezioni elettorali del Comune di Novara da verificarsi (seggi n. 1, 3, 7, 23, 25, 26, 39, 40, 42, 43 e 68), appena giunte nella sala ove si procede alle operazioni, risultano aperte, lacerate, prive di qualsivoglia sigillatura";

b) "all’interno delle scatole e dei plichi predetti, relativi alle sezioni elettorali del Comune di Novara da verificarsi, le schede votate non risultano a loro volta suddivise in plichi chiusi e sigillati diversi per quelle valide, quelle nulle e quelle eventualmente contenenti voti contestati, ma risultano piuttosto buttate alla rinfusa nelle scatole";

c) "visti gli evidenti segni di manomissione delle scatole e dei plichi dove sono conservate le schede votate (valide e nulle) delle sezioni elettorali del Comune di Novara da verificarsi e visto altresì che nelle sezioni 7, 23, 25, 26, 40, 42, 43 non sono state rinvenute tutte le schede che – secondo le risultanze dei verbali delle singole sezioni elettorali – avrebbero dovuto recare il voto di preferenza a favore del sottoscritto (valido e/o nullo), per un totale di 55 voti mancanti, chiede che si proceda al conteggio di tutte le schede presenti nella scatola per ciascuna di dette sezioni, in modo da accertare che alla irrituale ed irregolare apertura delle scatole e dei plichi non sia conseguita la sottrazione di un numero indeterminato di schede".

Si insiste, dunque, sul fatto che né il primo giudice, né prima di esso i verificatori, avrebbero potuto disconoscere la rilevanza dei fatti denunziati dall’attuale appellante circa la "desigillatura" delle scatole (operata per permettere l’accesso chiesto dal B.) e, dopo questa, circa la mancata adozione di cautele successive intese ad evitare la dispersione\manomissione dello stesso materiale elettorale.

Il TAR ha tuttavia condivisibilmente osservato che nessuno di tali rilievi valeva a dimostrare l’esistenza di errori, o qualsivoglia irregolarità, commessi nel corso della verificazione e passibili di inficiarne le risultanze.

Il rilievo relativo alla presunta mancanza di sigillature delle scatole e dei plichi contenenti le schede votate, nonché sul fatto che detti contenitori risultassero già aperti e lacerati, non trova alcun riscontro nei verbali delle operazioni di verifica elettorale. Del resto, come si evince dal primo verbale (ed è stato confermato dalla nota prefettizia in atti del 10 dicembre 2010), l’allora controinteressato, all’inizio delle operazioni di verificazione, non aveva formulato alcuna osservazione sulla condizione dei plichi. Solo a conclusione, ormai, della prima seduta, quando avevano preso ad affiorare le prime risultanze a favore dell’avversario, egli aveva formulato una riserva: ma, perfino a quel punto, senza denunciare alcuna apertura o lacerazione dei contenitori, bensì limitandosi a formulare più generici "rilievi in merito alla non perfetta condizione degli scatoloni contenenti le schede elettorali". A seguito di tali rilievi, i funzionari incaricati della verificazione avevano allora deciso, in accordo con le parti, "di apporre un’ulteriore chiusura dei plichi ancora da esaminare con nastro adesivo", dove l’aggettivo "ulteriore" confermava effettivamente che i plichi fossero comunque già sigillati (e non certo aperti), e che la nuova applicazione valeva semplicemente a completamento della loro chiusura. Non può quindi attribuirsi alcun particolare significato al fatto che il verbale della verificazione del 23 giugno 2010 non specificasse lo stato in cui si trovavano i plichi.

La difesa del L. R. ha fatto poi riferimento a "evidenti segni di manomissione" dei contenitori dove sono conservate le schede delle sezioni elettorali del Comune di Novara, circostanza che, si ribadisce, non è però documentata dai verbali delle operazioni. Il primo giudice ha giustamente osservato che, verosimilmente, le "alterazioni" denunciate non rappresentavano il segno di alcun tentativo di manomissione, bensì semplicemente il risultato delle operazioni di "disigillatura" delle scatole compiute in occasione dell’accesso documentale in precedenza ottenuto dal B., nel corso del quale non poteva però aver avuto luogo alcuna sottrazione o dispersione di schede.

A conforto di tale osservazione, la Sezione rileva che il verbale delle operazioni di accesso del 22 aprile 2010 (prodotto in atti il 24 settembre 2010) offre, da questo punto di vista, precise garanzie. Vi si legge, infatti, quanto segue: "Vengono dissigillate le scatole contenenti i verbali delle singole sezioni…. Per ogni verbale viene fotocopiata la pagina relativa alle preferenze della lista "Il Popolo della Libertà"…. I verbali vengono poi reinseriti nelle scatole che vengono poi risigillate con nastro adesivo su cui si appone il timbro del Consiglio regionale e la firma di un funzionario del Consiglio regionale presente alle operazioni".

Ma anche la nota prefettizia in atti del 10 dicembre 2010 conferma, per quanto riguarda lo stato di conservazione dei plichi, che i relativi involucri non presentavano alterazioni tali da evidenziare manomissioni (semplicemente, gli scatoloni erano custoditi l’uno sull’altro, e quindi presentavano un grado di rigidità diverso a seconda della loro collocazione). E, del resto, come fa esattamente notare l’appellato, i funzionari verificatori, nella loro veste di pubblici ufficiali, avrebbero sicuramente fatto constare a verbale, per preciso dovere d’ufficio, le eventuali anomalie che avessero riscontrato sul materiale elettorale da analizzare: ma nulla di ciò, appunto, risulta dai verbali della verificazione.

Quanto al rilievo inerente alla mancata chiusura delle schede valide, di quelle nulle e di quelle contenenti voti contestati all’interno di distinti plichi, neanche esso trova conferma nei contenuti dei verbali di verificazione. Né è dato comprendere come la mancata conservazione delle schede con le modalità indicate potesse di per sé inficiare le risultanze delle operazioni di verifica.

7 Viene infine sostenuta la rilevanza viziante, a danno delle risultanze della verificazione, dell’intervenuto accesso agli atti illegittimamente accordato al B..

Viene opposto ex adverso che l’accesso ebbe ad oggetto solo i verbali delle sezioni, e non anche il restante materiale elettorale (e tantomeno le schede).

Osserva la Sezione che anche in materia elettorale è operante il principio generale, recepito dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo il quale chiunque abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti ha diritto di accesso ai documenti amministrativi. Tuttavia, è anche vero che l’art. 15 della legge n. 108 del 1968 prescrive degli adempimenti finalizzati a preservare l’integrità del materiale elettorale, allo scopo di garantire la sicura conservazione delle schede e dei verbali delle sezioni, ai fini della loro utilizzabilità per l’eventuale rettifica dei risultati elettorali originariamente verbalizzati (C.d.S., V, 4 agosto 2009, n. 4882). Sicché in materia non vige un regime di accesso generalizzato, in quanto l’esigenza di conservare i plichi intatti a disposizione dell’autorità giurisdizionale, qualora sia necessario conoscerne per decidere specifiche impugnazioni degli scrutini, circoscrive l’accessibilità ai verbali dell’ufficio elettorale circoscrizionale e dell’ufficio elettorale centrale (cfr. C. Cost., ord. n. 386 del 27 luglio 2000).

Anche ad ammettere, però, che il B., con l’ottenere copia dei verbali delle sezioni, abbia così conseguito un accesso più ampio di quello che gli sarebbe spettato, da un simile evento non potrebbe comunque derivarne l’invalidazione delle risultanze della verificazione. Tra i due momenti non esiste, infatti, alcun nesso di derivazione -o anche di semplice connessione- logica, tale da autorizzare l’idea che un’invalidità si possa comunicare dall’uno all’altro: ipotesi tanto più da escludere in quanto, come è già emerso al par. 6, l’accesso era stato condotto nelle forme appropriate ed il materiale oggetto della verificazione non presentava anomalie di sorta.

8 In via subordinata, infine, anche in questa sede si è assunto che occorrerebbe l’espletamento di un’ulteriore verificazione, che estenda la ricerca a tutte le schede originariamente consegnate ai seggi, anche quelle non votate, al fine di verificare se il numero totale delle schede (scrutinate e non) corrisponda, o meno, al numero delle schede assegnate ai singoli seggi. Ciò in quanto nella presente vicenda sarebbe emersa come decisiva l’insussistenza di un numero consistente di schede, senza che si spieghi come sia possibile che 55 schede, che pure risultavano conteggiate nei verbali e nelle tabelle di scrutinio dei seggi, non siano state in seguito rinvenute.

Questa richiesta di rinnovazione della verificazione, ha però giustamente osservato il T.A.R., oltre a comportare una dilazione temporale difficilmente conciliabile con i ritmi propri del giudizio elettorale, non si giustifica, in quanto non sorretta né da puntuali critiche sulla metodologia applicata nelle operazioni di verifica, né da alcun elemento di prova circa l’effettiva possibilità di una dispersione delle schede elettorali da riconteggiare. Non viene fornito, infatti, alcun elemento logico e\o probatorio che possa conferire un’apprezzabile verosimiglianza all’affermazione di parte che si tratterebbe di sottoporre a verifica, e che si appalesa pertanto fatta solo "al buio", a fini meramente esplorativi.

9 Per tutte le ragioni esposte, in conclusione, l’appello deve essere respinto.

Si ravvisano, tuttavia, motivi tali da giustificare la compensazione delle spese processuali tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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