Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-04-2011) 29-04-2011, n. 16722 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 23 luglio 2010 con la quale il Tribunale del Riesame accoglieva le istanze presentate nell’interesse di B.M. e B.M. P. avverso il provvedimento di sequestro del G.I.P. del 19 maggio 2010, disponendo il dissequestro di un manufatto ubicato in Ischia all’avente diritto.

Deducendo la violazione di legge e l’omessa motivazione, il Pubblico Ministero ricorrente rilevava che la vicenda aveva ad oggetto un immobile su tre piani, aventi una superficie di 186 mq, per il quale erano stati rilasciati due titoli edilizi in sanatoria ai sensi della L. n. 724 del 1994 previa istanza di "condono edilizio" ritenuti illegittimi in quanto emessi in assenza del parere favorevole dell’ente preposto alla tutela del vincolo paesaggistico gravante sull’area interessata dall’intervento, come risultava da una nota della locale Sovrintendenza in data 11 marzo 2010, nella quale si specificava che i pareri menzionati nelle sanatorie si riferivano, in realtà, ad altro manufatto (un cellaio) del quale era stata richiesta la demolizione con ricostruzione di altro manufatto sulla medesima area di sedime.

Aggiungeva, altresì, che le opere non erano comunque suscettibili di sanatoria in quanto non ultimate alla data di presentazione delle istanze di condono perchè prive delle tamponature, come documentato dalle fotografie allegate all’istanze medesime.

Da ciò conseguiva, secondo il ricorrente, una errata lettura delle norme sostanziali e processuali applicate dal Tribunale.

Il provvedimento impugnato, infatti, ricostruita brevemente la vicenda, si fondava sulla circostanza che la nota della Sovrintendenza, con la quale si denunciava la mancanza del necessario parere sul vincolo, era stata erroneamente interpretata dal G.I.P., in quanto i pareri utilizzati per le sanatorie recavano chiaramente l’indicazione del numero della domanda di condono ed una sommaria descrizione degli interventi da sanare.

Osservava inoltre il Tribunale che, nella fattispecie, con riferimento alla ultimazione delle opere, andava applicato la L. n. 47 del 1985, art. 43, in quanto le opere erano state oggetto di sequestro nel 1992 ed, inoltre, che l’immobile era completo nella struttura e delineato nella volumetria mancando la sola tamponatura su un solo lato del fabbricato.

Aggiungeva, infine, che non era possibile sindacare il contenuto delle sanatorie rilasciate nè procedere alla loro disapplicazione in genere e, segnatamente, allorquando, come nel caso in esame, la illegittimità del provvedimento discenderebbe da una non univoca interpretazione del concetto di ultimazione delle opere ai fini del condono.

Il Pubblico Ministero insisteva pertanto per l’accoglimento del ricorso.

Con memoria depositata in data 23 marzo 2011, la difesa di BU. M. eccepiva l’inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero in quanto non inerente a violazione di legge e la manifesta infondatezza dei motivi, chiedendone la reiezione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Occorre preliminarmente osservare che non può essere oggetto di valutazione, in questa sede di legittimità, il contenuto degli atti menzionati nel provvedimento impugnato e nel ricorso e, segnatamente, la nota della Sovrintendenza del 2010, la cui corretta lettura appare decisiva per la verifica della efficacia delle sanatorie rilasciate che si riferiscono ad immobile ubicato in zona vincolata.

Nel ricorso e nel provvedimento impugnato vengono infatti formulate due diverse e contrapposte interpretazioni del tenore letterale del documento, relativamente al quale il corretto riferimento alle opere oggetto del procedimento dovrà necessariamente essere accertato in sede di merito.

L’ordinanza impugnata risulta però censurabile laddove i giudici del riesame hanno ritenuto di non poter prendere in considerazione la legittimità dei provvedimenti di condono in quanto ciò determinerebbe una inammissibile disapplicazione in malam partem di provvedimenti amministrativi.

La giurisprudenza di questa Corte, proprio con riferimento al reato di esecuzione di interventi in assenza di permesso di costruire, ha ripetutamente considerato le conseguenze derivanti dall’esecuzione di interventi edilizi con permesso di costruire (in precedenza concessione) illegittimo e sui poteri del giudice penale in presenza di vizi di legittimità del titolo abilitativo.

La questione è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di cassazione, anche a sezioni unite, non sempre di contenuto univoco che seguivano a molteplici pronunce di merito le quali ammettevano originariamente il sindacato del giudice penale sul titolo abilitativo illegittimo (Cass. SS.UU. n. 3, 17 febbraio 1987; SS.UU. n. 11635 21 dicembre 1993).

Successivamente si è giunti alla condivisibile conclusione che l’attività svolta dal giudice in presenza di un titolo abilitativo edilizio illegittimo consiste nel valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie e non nel disapplicare l’atto amministrativo o effettuare comunque valutazioni proprie della P.A..

A tale proposito si è precisato che la valutazione del giudice penale riguarda l’identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non configura alcuna "disapplicazione" ovvero una indebita ingerenza verso la P.A., in quanto viene esercitato un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice. Inoltre, il giudice può rilevare la non conformità dell’atto amministrativo alla normativa che ne regola l’emanazione, alle disposizioni legislative statali e regionali in materia urbanistico edilizia ed alle previsioni degli strumenti urbanistici non solo quando l’atto sia illecito perchè frutto di attività criminosa ed a prescindere da eventuali collusioni dolose del soggetto privato interessato con organi dell’amministrazione, ma anche nei casi in cui l’emanazione dell’atto sia espressamente vietata in mancanza delle condizioni previste dalla legge e in quelli di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere (Sez. 3, n.35391, 30 settembre 2010; n. 34809, 8 settembre 2009; n. 14504, 2 aprile 2009; n. 9177, 2 marzo 2009; n. 35389, 16 settembre 2008; n. 28225, 10 luglio 2008; n. 41620,13 novembre 2007; n. 1894, 23 gennaio 2007; n. 40425, 12 dicembre 2006; n. 21487, 21 giugno 2006).

Si poi ulteriormente precisato che il potere dovere del giudice in presenza dell’atto abilitativo illegittimo deve essere esercitato anche con riferimento a provvedimenti amministrativi di sanatoria o condono, poichè il mancato effetto estintivo non è riconducibile ad una valutazione di illegittimità del provvedimento cui consegua la disapplicazione dello stesso, ma alla verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell’estinzione del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo, incidente sulla fattispecie tipica penale (Sez. 3, n. 23080, 10 giugno 2008, conf. Sez. 3, n. 27948, 8 luglio 2009; n. 12869, 24 marzo 2009; n. 31479,29 luglio 2008; n. 26144, 1 luglio 2008).

Tali principi erano stati ritenuti in precedenza applicabili anche nelle ipotesi di "condono edilizio" disciplinato dalla L. n. 724 del 1994 (Sez. 3, n. 5031, 27 aprile 2000).

Si è inoltre chiarito che, nell’esercizio di tale potere-dovere, il giudice penale deve verificare la sussistenza dei requisiti di condonabilità dell’intervento e, segnatamente, con riferimento specifico al condono introdotto con la L. n. 724 del 1994: la tempestività della domanda; la riferibilità della domanda agli imputati o ai comproprietari dell’immobile abusivo; la riferibilità della domanda all’immobile stesso; la ultimazione dei lavori entro il termine di legge; i requisiti volumetrici dell’immobile costruito; la congruità quantitativa dell’oblazione versata, attraverso l’acquisizione del certificato a tal fine rilasciato dal Sindaco competente (Sez. 3, n. 10512, 20 novembre 1997; conf. Sez. 3, n. 9367, 17 ottobre 1997; n. 13836, 5 aprile 2001).

Nel caso di specie, pertanto, tale accertamento non era precluso ed, anzi, assumeva rilevanza determinante per quanto riguarda, in primo luogo, la effettiva ultimazione dell’intervento.

Correttamente il Tribunale ha richiamato l’applicabilità della L. n. 47 del 1985, art. 43 e la giurisprudenza di questa Corte che individua il sequestro tra i provvedimenti amministrativi o giurisdizionali che possano aver impedito l’ultimazione dell’opera entro la data ultima fissata per il condono edilizio.

La possibilità di sanatoria dell’opera è tuttavia limitata alle strutture realizzate fino alla data del sequestro ed ai lavori destinati a consentirne la funzionalità, con esclusione di ogni altro intervento strutturale ed anche sotto tale profilo deve concretarsi l’accertamento del giudice al fine di verificare se le opere siano già in avanzato stato di realizzazione e necessitino effettivamente solo di interventi limitati e strettamente necessari alla loro funzionalità.

La verifica della efficacia dei provvedimenti di sanatoria non poteva inoltre prescindere dagli ulteriori riscontri in precedenza indicati ed, in particolare, considerata la tipologia dell’intervento descritto nel provvedimento impugnato, quelli riguardanti la riferibilità alle opere concretamente realizzate delle domande di condono ed il rispetto dei limiti di volumetria.

Tale ultimo aspetto risulta significativo, in considerazione delle dimensioni dell’edificio (superficie di mq 186 per tre piani di altezza) e della presenza di due distinte domande di sanatoria, al fine di escludere l’eventuale elusione del limite legale di consistenza dell’opera per la concedibilità della sanatoria, attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell’intero complesso edificatorio (Sez. 3, n. 20161, 30 maggio 2005; n. 16550, 8 aprile 2003; Sez. 4, n. 36794, 11 ottobre 2001; Sez. 3, n. 8584, 7 luglio 1999; n. 1454, 4 febbraio 1999; n. 3585, 13 aprile 1996).

L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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