Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-04-2011) 29-04-2011, n. 16720 ricusazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 22 gennaio 2010, la Corte d’Appello di Perugia rigettava il ricorso per ricusazione promosso dall’Avv. V. W. nei confronti del Consigliere Z.M., relatore nel procedimento n. (OMISSIS) pendente innanzi alla Corte medesima.

Il ricorso, che la Corte territoriale riteneva tempestivo, si fondava sulla circostanza che il Cons. Z. aveva fatto parte del Collegio della Corte d’Appello di Perugia, sezione civile, che aveva emesso la sentenza n. 293/2005 con la quale veniva confermata a decisione del Tribunale di Perugia di reiezione della domanda di risarcimento del danno presentata dal predetto Avvocato nei confronti dello Stato italiano e di A.G., all’epoca magistrato esercitante le funzioni nel distretto della Corte d’Appello di Roma e connotata, a suo dire, da gravi violazioni della legge sostanziale e processuale poste in luce nell’atto di appello e dalla affermazione di fatti che erano stati esclusi in modo inequivocabile dagli atti del procedimento e, nonostante ciò, non considerati dalla sentenza di appello che aveva confermato la decisione di primo grado.

La menzionata sentenza 293/2005, si aggiungeva, confermava un giudizio di attendibilità di una teste nonostante la condanna della stessa per falsa testimonianza in un procedimento nel quale l’ A. era stato escusso come teste e, a seguito di denuncia dell’Avv. V., fatto oggetto di imputazione coatta per falsa testimonianza e favoreggiamento personale su disposizione del G.I.P. di Firenze.

Tale contesto denotava, secondo il ricorrente, una inescusabile ostilità dei magistrati che avevano emesso i provvedimenti menzionati, con conseguente violazione dell’art. 51 c.p.c., n. 3.

La Corte d’Appello, riteneva tuttavia che il procedimento riguardo al quale si era promossa la ricusazione aveva ad oggetto questioni del tutto diverse e concernenti una domanda, ai sensi della L. n. 117 del 1988, di risarcimento dei danni asseritamente subiti a seguito dell’archiviazione di un esposto relativo ad un acquisto di immobile disposta dal Pubblico Ministero e dal G.I.P. del Tribunale di Frosinone dichiarata inammissibile dal Tribunale di Perugia.

Osservava, inoltre, che la grave inimicizia non poteva originare, in linea di principio, dall’attività giurisdizionale del magistrato, che la decisione in riferimento alla quale veniva richiesta la ricusazione non evidenziava situazioni riconducibili ai motivi di ricusazione prospettati e che, soprattutto, l’Avv. V. non aveva proposto alcuna istanza di ricusazione verso il medesimo giudice allorquando lo stesso era stato relatore ed estensore della sentenza 306/2007, relativa a domanda di revocazione della menzionata sentenza 293/2005 e della quale al ricorrente era certamente noto il contenuto.

Avverso la decisione della Corte d’Appello il V. proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva violazione dell’artt. 1, 5, 6 e 53 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto l’ordinanza impugnata era stata emessa dalla sezione penale della Corte d’Appello mentre avrebbe dovuto pronunciarsi la sezione civile e, segnatamente, una sezione diversa da quella di appartenenza del magistrato ricusato. Aggiungeva che il provvedimento impugnato violava anche il disposto dell’art. 53 c.p.c..

Con un secondo motivo di ricorso deduceva la violazione dell’art. 36 c.p.p., n. 1, lett. d) e art. 37 c.p.p., n. 1, lett. a) in quanto il Presidente del Collegio che aveva emesso l’ordinanza impugnata avrebbe dovuto astenersi avendo fatto parte di un collegio, quale giudice del Tribunale di Modena, che aveva trattato, nel 1983, questioni relative ad un mandato di cattura emesso nei suoi confronti ed alla incompetenza funzionale e territoriale dell’autorità giudiziaria di Modena. emettendo provvedimenti poi annullati dal questa Corte di legittimità con motivazioni tali da evidenziare che le vicende processuali erano state trattate manifestando una situazione di inimicizia grave da parte dei giudici nei suoi confronti.

Con un terzo motivo di ricorso deduceva le medesime violazioni di legge con riferimento alla posizione di altro componente del Collegio, già relatore in un procedimento promosso dal ricorrente contro lo Stato italiano ed estensore del provvedimento relativo ad un giudizio di ricusazione di altri giudici nell’ambito di altro procedimento civile e fondata sulla presenza di anomalie e violazioni di legge palesate nel procedimento.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Con memorie depositate il 30 marzo 2011 il ricorrente replicava alla requisitoria del Procuratore Generale.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Occorre preliminarmente rilevare che secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite civili di questa Corte (SS. UU. n. 10959, 25 maggio 2005; conf. SS. UU. n. 26849, 18 dicembre 2006), richiamata anche nella requisitoria del Procuratore Generale, la distribuzione degli affari all’interno di un ufficio giudiziario appartenente alla Magistratura ordinaria non crea questioni di giurisdizione.

Si è poi aggiunto che ai magistrati ordinari nel loro complesso spetta, di regola, il potere giurisdizionale, tranne nel caso in cui specifiche disposizioni di legge sottraggano loro determinate cause o gruppi di cause e le assegnino a giudici dello Stato non ordinari, con la conseguenza che "Il giudice civile e il giudice penale, essendo entrambi magistrati ordinari, esercitano l’identico potere giurisdizionale, sicchè una violazione delle norme relative alla ripartizione degli affari civili e penali non pone e non può porre un problema di difetto di giurisdizione".

Data tale premessa, deve rilevarsi che anche la procedura seguita appare corretta avendo la Corte territoriale assunto le osservazioni del giudice ricusato.

L’ordinanza impugnata appare, inoltre, immune da censure laddove la Corte territoriale dichiara di fondare il proprio convincimento alla luce di altro principio espresso dalle Sezioni Unite Civili, le quali hanno escluso la riconducibilità delle ipotesi di "grave inimicizia" del giudice nei confronti della parte all’attività giurisdizionale del magistrato ad eccezione dei casi in cui risulti concretata una situazione, definita eccezionale e patologica, che evidenzi la grossolana e macroscopica violazione di principi giuridici tale da rivelare che l’esercizio della giurisdizione è finalizzato danneggiare la parte per ragioni di ostilità, perchè normalmente tale concetto è riferito a rapporti estranei al processo che, per la presenza di ragioni di rancore o di avversione, pregiudicano l’imparzialità del giudice.

La decisione richiamata, la quale esplicitamente esclude che la sussistenza della "grave inimicizia" possa configurarsi nel caso in cui il giudice abbia emesso, o concorso ad emettere, decisioni sfavorevoli alla parte in altre cause, presuppone, evidentemente, un comportamento del giudice completamente avulso dal normale esercizio della giurisdizione che, per la sua abnormità, evidenzia in modo inequivocabile l’intenzione di nuocere alla parte e non può certo configurarsi neppure quando la decisione sfavorevole sia riformata in un successivo grado di giudizio o smentita dal diverso esito di altri procedimenti.

Nel caso di specie, la situazione di grave inimicizia viene fatta risalire ad una diversa valutazione da parte del giudice ricusato di fatti poi esclusi in altri procedimenti che, da quanto è dato rilevare dal tenore del ricorso, non paiono ancora definiti con sentenza passata in giudicato, senza che siano addotti elementi ulteriori atti a dimostrare che la valutazione di tali dati processuali sia stata indotta dalla volontà di recare danno alla parte.

Tali argomentazioni, peraltro, consentono di ritenere infondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso riferiti ad altri componenti del Collegio della Corte d’Appello che ha emesso l’ordinanza impugnata.

Anche in tali casi, infatti, il riferimento alla grave inimicizia resta confinato nell’ambito della mera congettura priva di riscontri obiettivi non potendo considerarsi tale, come si è detto, la diversa valutazione in altra sede o in altro grado di giudizio di vicende processuali in assenza di altri elementi che denotino la chiara intenzione di nuocere e la conseguente parzialità del giudice ricusato, tanto più quando la composizione collegiale dell’organo giudicante rende ancor meno plausibile l’ipotesi di una sostanziale perversione della funzione giurisdizionale per simili finalità.

Il ricorso deve pertanto essere respinto con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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