Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 07-04-2011) 29-04-2011, n. 16719 Sentenza contumaciale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 11 giugno 2010, la Corte d’Appello di Milano rigettava l’istanza di restituzione in termini per impugnare la sentenza del 21 gennaio 2009 del Tribunale di Milano, presentata nell’interesse di B.E., sul presupposto che la stessa era stata sottoscritta solo dal difensore di ufficio e non era inoltre possibile valutarne la tempestività in quanto non veniva indicato quando l’istante avesse effettivamente avuto conoscenza del provvedimento che intendeva impugnare.

Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un unico motivo di ricorso deduceva la violazione di legge, osservando che il difensore d’ufficio, equiparato a quello di fiducia, ben può proporre l’istanza di restituzione in termini e che la tempestività della domanda era dimostrata dall’affermazione nella quale si indicava che la notizia del procedimento a suo carico era stata appresa al momento dell’arresto conseguente all’esecuzione dell’ordine di carcerazione.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Va premesso che il precedente giurisprudenziale richiamato nell’ordinanza impugnata è del tutto inconferente, come correttamente indicato in ricorso, perchè attinente a questione completamente diversa (fattispecie in cui la precedente istanza di restituzione era stata presentata da un difensore cui l’imputata aveva conferito una procura generale alle liti).

Data tale premessa, deve ricordarsi che, in altra occasione (Sez. 5, n. 27350, 12 luglio 2007), si è osservato come l’art. 175 c.p.p., comma 2, non stabilisca che la presentazione dell’istanza di restituzione in termini per proporre l’impugnazione della sentenza contumaciale di condanna debba necessariamente essere formulata dall’imputato personalmente o a mezzo di procuratore speciale.

Tale principio è stato affermato sul presupposto che l’indicazione dell’espressione "a sua richiesta", nell’art. 175 c.p.p., comma 2, non implica che l’istanza debba pervenire esclusivamente dall’imputato in quanto il testo non costituisce una novità rispetto al passato e che il suo significato deve essere interpretato nel senso che la richiesta di remissione in termini non può ritenersi implicitamente avanzata con la mera proposizione di una impugnazione tardiva.

Inoltre, si è rilevato che la legge indica espressamente le ipotesi in cui determinate attività debbano essere compiute direttamente dall’interessato o da un suo procuratore speciale e l’art. 99 c.p.p., comma 1, specifica che competono al difensore le facoltà ed i diritti che la legge riconosce all’imputato, "a meno che essi siano riservati personalmente a quest’ultimo".

Alla luce di tali considerazioni, a seguito delle quali si è giunti ad affermare che il difensore di fiducia, ancorchè sprovvisto di procura speciale, è legittimato a proporre istanza di restituzione nel termine per l’impugnazione della sentenza contumaciale, deve affermarsi il principio secondo il quale non sussiste alcuna preclusione di legge alla proposizione dell’istanza di rimessione in termini neppure da parte del difensore d’ufficio, che la legge sostanzialmente equipara a quello fiduciario.

Si tratta, peraltro, in tali ipotesi, di un atto favorevole all’imputato che può senz’altro pervenire anche dal difensore d’ufficio.

Altrettanto errata appare, inoltre, l’affermazione della Corte territoriale laddove dichiara l’impossibilità di valutare la tempestività dell’istanza mancando l’indicazione del momento in cui il ricorrente ha avuto notizia del procedimento a suo carico.

Va a tale proposito richiamato il principio secondo il quale "alfine della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine per l’impugnazione di una sentenza contumaciale, ex art. 175 c.p.p., comma 2, la dimostrazione della tardività – e, quindi, l’eventuale momento, diverso da quello allegato dalla parte, a far data dal quale possa, in base agli atti, dirsi decorso il termine per la sua proposizione che, a pena di decadenza, è di trenta giorni dalla effettiva conoscenza della sentenza che si intende impugnare – spetta – in caso di diversa allegazione della parte – al giudice, al quale, a tal fine, è attribuito il potere di accertamento nel caso in cui sussistano dubbi al riguardo, considerato che una diversa e restrittiva interpretazione trasformerebbe l’onere di allegazione della parte in un onere di prova, con il sostanziale ripristino di quegli ostacoli all’effettività del diritto ad un giusto processo individuati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel testo dell’art. 175 c.p.p., precedente alla novella del D.L. n. 17 del 2005, conv. con modif. con L. n. 60 del 2005" (Sez. 5, n. 19072, 19 maggio 2010).

Ciò posto, deve rilevarsi, come correttamente indicato in ricorso e nella requisitoria scritta del Procuratore Generale, che il ricorrente ha chiaramente specificato nell’istanza di essere venuto a conoscenza del procedimento a suo carico solo all’atto dell’arresto conseguente all’esecuzione dell’ordine di carcerazione emesso nei suoi confronti.

Non risulta, dal provvedimento impugnato, che la Corte territoriale abbia posto in essere alcun accertamento o comunque abbia evidenziato circostanze tali da far ritenere superata la presunzione di non conoscenza del procedimento da parte dell’imputato.

L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con le consequenziali statuizioni indicate in dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’impugnato provvedimento con rinvio alla Corte d’Appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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