Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-04-2011) 29-04-2011, n. 16608 sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 2/03/2010, il Tribunale di Lecce, disponeva n.d.p. nei confronti di Q.G. per il reato di cui all’art. 640 bis c.p. e art. 61 c.p., n. 7 per intervenuta prescrizione e, per l’effetto, ordinava il dissequestro e la restituzione all’imputato dei beni sottoposti a sequestro preventivo con provvedimento del g.i.p. del Tribunale della medesima città in data 3/04/2006. 2. Avverso la suddetta sentenza, il PUBBLICO MINISTERO presso il Tribunale di Lecce ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 323 c.p.p. in quanto, nelle loro conclusioni, sia esso P.M. che la costituita parte civile Ministero per lo Sviluppo Economico avevano chiesto che ai beni sequestrati venisse applicato il principio di cui all’art. 323 c.p.p., comma 4.

Ad avviso del ricorrente, infatti, la suddetta norma, riproduttiva dell’art. 262 c.p.p., "prevede una eccezione al principio generale contenuto nel comma 1 secondo cui, ogni qualvolta venga pronunciata una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere si devono restituire le cose sequestrate a chi (chiunque) ne abbia diritto, con provvedimento immediatamente esecutivo. Si stabilisce, invece, che il giudice di primo grado possa, derogando a tale regola, non ordinare la restituzione dei beni appartenenti (solo) all’imputato o al responsabile civile, laddove gli si presenti la necessità di tutelare esigenze di carattere risarcitorio ricollegabili ad uno dei crediti indicati nell’art. 316 c.p.p.. Tale tutela viene realizzata, qualora il giudice di primo grado ritenga meritevole di accoglimento la richiesta della parte civile o del pubblico ministero, mantenendo a sequestro sui soli beni appartenenti all’imputato o al responsabile civile, nel periodo necessario al passaggio in giudicato della sentenza penale di primo grado, così consentendo alla parte civile ed al pubblico ministero di far valere su tali beni, con separata azione civile, pretese risarcitorie che rischierebbero di essere del tutto vanificate qualora i beni venissero restituiti all’imputato o al responsabile civile. La norma pare destinata a tutelare la Parte civile e lo Stato nei casi in cui le ragioni risarcitorie che sono state fatte valere nel processo penale rimangano disattese sia perchè il fatto-reato, pur ritenuto dal giudice sussistente, venga dichiarato prescritto, sia, in generale, in ogni ipotesi in cui il giudice, pur ritenendo di scagionare l’imputato da qualsiasi responsabilità penale, ritenga che le condotte da lui valutate possano costituire illecito civile, riconoscendo in tal caso ai soggetti danneggiati la possibilità di agire esecutivamente in sede civile sui beni sequestrati nel processo penale".

Il Q., con memoria depositata in data odierna ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.

Il sequestro preventivo, com’è ben noto, ha una duplice finalità:

a) cautelare e provvisoria, ove sia finalizzato ad evitare che la cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati ( art. 321 c.p.p., comma 1); b) strumentale ad una successiva confisca ( art. 321 c.p.p., comma 2).

L’art. 323 c.p.p. disciplina le ipotesi in cui il sequestro preventivo perde efficacia sia nell’ipotesi di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere (commi 1 e 2), sia di condanna (comma 3).

Il comma 1 – in caso di sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere – prevede la restituzione dei beni a chi ne abbia diritto.

A questa regola sono previste due eccezioni: a) il caso in cui debba essere disposta la confisca obbligatoria ex art. 240 c.p.; b) la conversione in sequestro probatorio, ex comma 2, di un solo esemplare.

Il comma 3 disciplina, invece, l’ipotesi della sentenza di condanna e dispone che gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate.

Il che significa che se gli effetti del sequestro permangono solo quando è disposta la confisca (e, quindi, nell’ipotesi in cui il sequestro preventivo sia stato disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2), con ragionamento a contrario, si deve ritenere che, in caso di condanna definitiva, il sequestro preventivo, ove sia stato disposto ex art. 321 c.p.p., comma 1, non può più essere mantenuto proprio perchè gli effetti del sequestro perdono efficacia.

L’art. 323 c.p.p., comma 4 prevede però un’ipotesi di conversione del sequestro preventivo in sequestro conservativo, a richiesta del p.m. o della parte civile.

Ora, sulla base di quanto detto, è chiaro che la suddetta norma, anche perchè, topograficamente, è collocata subito dopo il terzo comma, va letta in uno con il suddetto comma che disciplina l’ipotesi della sentenza di condanna, e, quindi, va letta nel seguente modo:

"se è pronunciata sentenza di condanna, la restituzione dei beni sequestrati a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 1, non è ordinata se il giudice.

In altri termini, la legge stabilisce la conversione del sequestro preventivo in sequestro conservativo nei casi in cui, pur in presenza di condanna definitiva, i beni dovrebbero essere restituiti all’imputato, ossia nei casi di sequestro preventivo disposto a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 1.

Si tratta, quindi, di una evidente eccezione al principio stabilito dall’art. 323 c.p.p., comma 3 nella parte in cui prevede che, in caso di condanna, il sequestro preventivo disposto a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 1 perde la sua efficacia ed i beni devono essere restituiti all’imputato.

Il presupposto della conversione, però, è pur sempre la sentenza di condanna perchè il principio generale dell’art. 323 c.p.p., comma 1 – secondo il quale con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a provvedere il giudice deve ordinare la restituzione dei beni sequestrati a meno che non ne debba disporre la confisca obbligatoria a norma dell’art. 240 c.p. – non risulta contraddetto da alcuna norma nè a livello testuale nè a livello sistematico.

La suddetta interpretazione, trova un ulteriore e definitivo riscontro nell’art. 317 c.p.p., comma 4 a norma del quale gli effetti del sequestro conservativo "cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione".

Infatti, anche la norma specifica dettata in materia di sequestro conservativo riproduce la stessa regola dell’art. 323 c.p.p., comma 1 e cioè che, una volta che sia definitivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, non è legittimo il mantenimento dei beni sequestrati che, quindi, devono essere restituiti all’avente diritto.

Se così non fosse (e si optasse per la tesi del P.m. ricorrente) si verificherebbe il seguente effetto paradossale: ove l’imputato venga prosciolto, ciò che la parte civile – beneficiaria del sequestro conservativo – non riesce ad ottenere sulla base della normativa specifica, e cioè il mantenimento del sequestro, riuscirebbe ad ottenere con la conversione del sequestro preventivo, ossia di un sequestro ordinato per fini completamente diversi da quelli conservativi e rispetto al quale la parte civile è del tutto estranea.

Ma è del tutto evidente che la razionalità e la coerenza del sistema non possono consentire l’interpretazione auspicata dal ricorrente.

Nè può essere invocato, a favore della tesi del ricorrente, l’art. 262 c.p.p., comma 2.

La suddetta norma, infatti, non contraddice ma anzi conferma quanto si è appena detto.

Il secondo comma prevede, invero, un’ipotesi di conversione del sequestro probatorio in sequestro conservativo, conversione ordinata dal giudice e, quindi, in corso di processo. Ma, è chiaro che, ove all’esito del procedimento, sia pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, si applica, non peraltro perchè nessuna norma dispone diversamente, la disciplina generale prevista dalla normativa in tema di sequestro conservativo ed esattamente la citata regola di cui all’art. 317 c.p.p., comma 4.

Correttamente, pertanto, il Tribunale, nel respingere la richiesta di conversione, ha osservato che "la parte civile potrà pertanto efficacemente tutelare i propri interessi attraverso una rituale e tempestiva richiesta di sequestro conservativo (anche ante causam) da avanzarsi al giudice civile, non essendovi più alcun titolo, nell’ambito del procedimento penale, atto a legittimare la conversione del sequestro preventivo in sequestro conservativo nè all’adozione di qualsivoglia misura cautelare".

In conclusione, nel respingere il ricorso, deve enunciarsi il seguente principio di diritto: " l’art. 323 c.p.p., comma 4 va interpretato nel senso che il sequestro disposto a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 1, in caso di condanna dell’imputato, può essere, su richiesta del p.m. o della parte civile, convertito in sequestro conservativo. Ove, invece, l’imputato, venga prosciolto, il sequestro preventivo, salva l’ipotesi in cui debba essere ordinata la confisca ex art. 240 c.p., non può mai essere convertito in sequestro conservativo anche se vi è richiesta del p.m. o della parte civile".
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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