Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 28-04-2011, n. 324 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

diritto quanto segue.
Svolgimento del processo

Gli odierni ricorrenti sono proprietari di un vasto terreno sito in contrada (…) del comune di Licata, destinato dal P.R.G. del 1993 in parte a zona F3 (parco urbano territoriale) e in parte a zona V ed S (verde e sport) nonché parcheggio.

I proprietari hanno impugnato le delibere di adozione e di approvazione dello strumento urbanistico con separati ricorsi al T.A.R. Palermo il quale li ha respinti con la sentenza n. 55 del 2003.

Su appello dei soccombenti questo Consiglio di Giustizia, con la decisione n. 804 del 2006, ha riformato la sentenza del T.A.R. ed ha annullato per quanto di interesse il piano impugnato in primo grado.

A sostegno del decisum il Consiglio ha rilevato il travisamento in cui era incorsa l’Amministrazione allorchè ha affermato come l’area stessa fosse in toto ricompresa nella zona rossa (edificazione sconsigliata) di cui alla c.d. carta della pericolosità geologica.

All’opposto nella verificazione disposta in quella fase del giudizio è stato accertato che l’area ricade in parte in zona verde (idonea a qualsiasi destinazione urbanistica) e in parte in zona blu (trasformabile previa bonifica e approfonditi studi geologici).

Previa diffida dei proprietari il comune, con deliberazione commissariale n. 12 del 2010, ha dato esecuzione alla citata decisione confermando, per la parte interessata, la precedente destinazione F3.

Con il ricorso in ottemperanza all’esame, articolato in sette motivi, i proprietari hanno dedotto la nullità della citata delibera in quanto adottata dal comune in patente violazione degli obblighi discendenti dal giudicato.

Si è costituito in resistenza l’Assessorato, mentre il comune di Licata non ha svolto attività difensiva.

Alla camera di consiglio del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso in ottemperanza è inammissibile.

Con il primo motivo i ricorrenti sostengono che il comune, in virtù dei limiti conformativi discendenti dal giudicato in esecuzione, aveva l’obbligo di ripristinare la preesistente vocazione edificatoria della specifica area in controversia.

Con il secondo motivo i ricorrenti sostengono che il comune – eludendo apertamente il giudicato – persiste nel non tenere conto del fatto che una parte consistente della proprietà ricade in zona verde, idonea a qualsiasi destinazione.

I mezzi, che devono essere unitariamente scrutinati attesa la reciproca interconnessione, devono essere disattesi in quanto in sostanza tendono a estendere la portata dei vincoli nascenti dal giudicato (di cui qui si chiede l’esecuzione) fino a ricomprendervi questioni che invece risultano del tutto esterne rispetto a quelle affrontate e decise nel giudizio di cognizione.

Con la decisione n. 804 del 2006 questo Consiglio ha infatti accertato che le motivazioni in base alle quali furono respinte le osservazioni mosse dagli interessati al piano regolatore adottato nel 1993 erano viziate da un errore di fatto, avendo erroneamente l’Amministrazione affermato che l’area di proprietà dei signori Ad. ricade integralmente in zona rossa (edificazione preclusa) della carta di pericolosità.

In realtà, come chiarito dalla apposita verificazione, l’area ricade in parte in zona verde (idonea a qualsiasi destinazione urbanistica) e in parte in zona blu (trasformabile previa bonifica e approfonditi studi geologici).

Ne consegue – dal momento che la delibera impugnata è stata annullata per difetto di istruttoria o travisamento – che la discrezionale potestà pianificatoria dell’Amministrazione non risulta vincolata in positivo per l’effetto di quel giudicato il quale preclude soltanto di ritenere la proprietà Ad. inedificabile perchè qualificata tale dalla carta della pericolosità.

Ciò chiarito, nella delibera commissariale qui gravata la confermata destinazione ad F3 del terreno in questione discende innanzi tutto dalla decisione – adottata dal comune su invito del C.R.U. – di ridurre l’estensione delle zone territoriali omogenee residenziali tenendo conto del reale fabbisogno abitativo da soddisfare.

Sulla base di questo nodale indirizzo pianificatorio il comune ha ritenuto di dover privilegiare per l’espansione dell’incremento abitativo in prima battuta i comparti delle frange periferiche ove erano già presenti edificazioni, al fine di conferire forma e carattere all’insediamento sparso preesistente.

In via gradata le residue disponibilità sono state soddisfatte prevedendo zone C solo ove non insistessero vincoli di tutela archeologici, paesaggistici, ambientali, ferroviari e idrogeologici.

Nel contesto di tale disegno pianificatorio la proprietà in controversia non è dunque risultata suscettibile di edificazione sia perchè priva di edificato e non interessata da anteriori processi di antropizzazione, sia perchè interessata dai vincoli idrogeologico, paesaggistico e ferroviario.

Da quanto esposto appare evidente che le determinazioni assunte dall’Amministrazione costituiscono frutto dell’esercizio di una discrezionale potestà programmatoria la cui espressione non travalica in alcun modo i vincoli imposti dalla decisione di cui si chiede l’esecuzione.

Tali determinazioni – ancorchè ordinariamente contestabili nella sede propria di legittimità – non esibiscono quindi alcun profilo elusivo che possa essere apprezzato in fase di esecuzione.

In particolare deve chiaramente affermarsi che la edificabilità del compendio in questione non risulta mai riconosciuta a livello programmatorio in quanto il piano originariamente adottato dal comune, che destinava una parte di quel terreno a C2, non fu approvato in sede regionale.

Analogamente sono in errore i proprietari quando sostengono che nel P. di f. del 1973 il terreno avesse ricevuto una destinazione industriale, in quanto – secondo ciò che si evince dalla delibera commissariale per cui è processo – anche questa destinazione non fu approvata dal competente Assessorato.

In ogni caso la vocazione edificatoria del terreno allo stato corrisponde ad una mera – seppur legittima – aspirazione della proprietà, che non trova però alcun positivo riscontro in pregressi atti urbanistici efficaci.

L’inammissibilità in questa sede delle censure dedotte dai ricorrenti, ora accertata, trova evidente riscontro negli ulteriori motivi mediante i quali sono dedotte questioni che non sono mai state oggetto della precedente sentenza e che quindi, per la loro natura, possono essere delibate solo in sede di legittimità.

Così è per il terzo e quarto motivo volti a dedurre la genericità delle motivazioni in base alle quali il comune ha inteso con la nuova versione del piano ridurre l’espansione residenziale, escludendo l’edificabilità dell’area.

Così è per il quinto motivo, volto a dedurre la compatibilità di una destinazione residenziale dell’area con le risultanze dello studio idrogeologico: al riguardo del resto la stessa decisione n. 804 del 2006 al capo 2.2. ha espressamente evidenziato la completa estraneità a quel giudizio delle questioni inerenti il piano stralcio per l’assetto idrogeologico.

Per le stesse considerazioni ora enunciate risultano palesemente inammissibili in questa sede il sesto e settimo motivo, volti infatti a dedurre il carattere relativo e non assoluto dei vincoli di inedificabilità (paesaggistico e ferroviario) cui fa riferimento la deliberazione commissariale.

Alla stregua delle considerazioni che precedono resta confermato per un verso che la determinazione commissariale qui gravata non è elusiva della regola di condotta dettata nella decisione della quale viene chiesta l’esecuzione; per l’altro che conseguentemente i profili di invalidità sopra esaminati andavano introdotti con autonomo ricorso nelle forme del giudizio ordinario.

Il che del resto, stando alle risultanze del sito istituzionale della Giustizia Amministrativa, gli interessati hanno già fatto proponendo il ricorso R.G. n. 1904 del 2010 avanti al T.A.R. Palermo.

Il ricorso all’esame va in conclusione dichiarato inammissibile.

Ogni altro motivo od eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

La ridotta attività difensiva spiegata dall’Amministrazione consiglia al Collegio di compensare integralmente tra le parti spese e onorari di questa fase del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, dichiara inammissibile il ricorso in ottemperanza di cui in epigrafe.

Le spese di questa fase del giudizio sono compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo il 12 gennaio 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio, con l’intervento dei signori: Antonino Anastasi, Presidente f.f. ed estensore, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 28 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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