Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-04-2011) 29-04-2011, n. 16665 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rale in persona del Dott. Oscar Cedrangolo che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con ordinanza del 18/11/2010, il Tribunale del riesame di Roma confermava l’ordinanza con la quale in data 15/02/2010 il g.i.p. del tribunale di Frosinone aveva applicato nei confronti di D. V. la custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli art. 628 c.p., comma 2 – art. 648 c.p. nonchè detenzione e porto di due pistole. p. 2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo CONTRADDITTORIETA’ E ILLOGICITA’ DELLA MOTIVAZIONE per non avere il tribunale considerato che la dichiarazione resa da una delle vittime della rapina (agente M.), doveva ritenersi poco attendibile in quanto, in quella resa nell’immediatezza dei fatti, non aveva saputo riferire alcun elemento idoneo a fornire una descrizione fisica di uno dei due rapinatori mentre aveva fornito "preziose indicazioni" dell’altro rapinatore identificato in R. F.. Il M., invece, solo a distanza di 45 giorni aveva descritto compiutamente l’altro rapinatore ossia il D. anche sulla base di una foto risalente al 1998. Il Tribunale, poi, non aveva considerato che "l’appuntato dei CC F.S., in servizio presso la Stazione dei CC di Ferentino, rende l’inquietante contributo testimoniale, acquisito agli atti, in relazione al quale il D. ha già dato mandato di procedere per i reati di falso e calunnia". Infine, di nessun spessore indiziario poteva essere considerato il traffico telefonico fra il D. e la propria moglie. p. 3. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

Il tribunale ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sulla base del seguente quadro indiziario:

– individuazioni compiute dalle parti offese ( M. e C.) che avevano riconosciuto nella foto il D. come il rapinatore più alto;

– individuazione fotografica compiuta dall’appuntato dei CC Fauceglia che, casualmente si trovava nelle vicinanze del luogo dove era avvenuta la rapina e che aveva avuto modo di vedere uno dei due rapinatori (appunto il D.);

– il raffronto tra le immagini estratte dal video e le foto degli indagati evidenziava una notevole rassomiglianza;

– l’esame del traffico telefonico fra l’utenza venezuelana del D. e quella del cellulare della moglie, finivano per confermare l’ipotesi "della presenza in Italia del D. nel periodo della rapina".

Il tribunale, quindi, dopo aver preso in esame tutte le eccezioni della difesa (cfr pag. 3 – 4), le ha disattese, confermando il giudizio di gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato. A fronte di tale ampia motivazione, che evidenzia la sussistenza di un compendio indiziario ampiamente sufficiente per l’emissione del provvedimento cautelare, il ricorrente, lungi dall’evidenziare vizi o carenze motivazionali deducibili in sede di legittimità, si è limitato a ribadire la propria tesi difensiva fornendo una mera versione alternativa dei fatti così come ricostruiti e ritenuti dal tribunale. Le censure, quindi, riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile. In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento":

infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune (Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745; Cass. 2436/1993 rv 196955).

Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, dev’essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze:

ex plurimis SSUU 24/1999. p. 4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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