Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-04-2011) 29-04-2011, n. 16663 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p. 1. Con ordinanza del 8/11/2010, il Tribunale di Messina rigettava la richiesta di riesame proposta da A.S.M. avverso l’ordinanza con la quale, in data 23/10/2010, il g.i.p. del Tribunale di Patti aveva disposto nei suoi confronti la misura" della custodia cautelare in carcere per il reato di estorsione nei confronti di S.S. per avere costretto costui a consegnarli Euro 1.000,00 mediante violenza consistita nell’incendio di un escavatore di proprietà del suddetto S.. p. 2. Avverso la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione DEGLI ARTT. 273 – 274 – 275 C.P.P. atteso che il tribunale: – non aveva esplicitato le ragioni logico – giuridiche per le quali aveva ritenuto attendibili le dichiarazioni della parte offesa (persona peraltro gravato da diversi pregiudizi penali e frequentatore di boss locali) relative alle "sensazioni" che il S. aveva esternato nei confronti del ricorrente, mentre non erano state ritenute veritiere quelle relative a M.G. e F.F., soggetti ai quali non aveva dato l’opportunità di lavorare nel cantiere. In modo ingiustificato le indagini erano state condotte esclusivamente nei confronti dell’ A. e non anche degli altri due sebbene il F. fosse un noto pregiudicato;

– aveva ritenuto probanti due conversazioni captate a distanza di diverse settimane dal danneggiamento, conversazioni però caratterizzate da genericità ed avulse dal fatto contestato;

– aveva ritenuto priva di valenza la circostanza che un teste aveva dichiarato di avere visto un’auto di colore chiaro allontanarsi dal luogo dell’incendio, laddove l’ A. ha la disponibilità di un’auto di colore blu;

– aveva qualificato il fatto come estorsione consumata laddove tutte le risultanze istruttorie deponevano per il tentativo. p. 3. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

Il tribunale ha desunto i gravi indizi di colpevolezza "dalle dichiarazioni rese al riguardo dalla stessa persona offesa e, per altro verso, dal tenore di alcune conversazioni oggetto di captazione in modalità telefonica e ambientale intercorse tra i protagonisti della vicenda nei giorni immediatamente successivi all’incendio". Il Tribunale, a pag. 5 dell’ordinanza, ricostruisce la cronologia degli eventi, il contenuto della denuncia del S. che, da subito, aveva indicato l’ A. come sospetto per avergli rifiutato il versamento della somma di Euro 1.000,00 e così conclude: "le dichiarazioni della persona offesa, unitamente al contenuto delle richiamate conversazioni oggetto di intercettazione, offrono un sicuro riscontro, in termini di gravità indiziaria, alla ipotesi accusatoria sottesa alla misura cautelare applicata in capo al ricorrente. E’ infatti particolarmente significativo che il S. abbia avvertito il bisogno di riferire ai Carabinieri, nell’immediatezza dei fatti, l’incontro avuto poco prima con l’indagato e la richiesta di danaro da questi rivoltagli con esito negativo. Del pari, assume particolare pregnanza l’affermazione dell’ A. – nel corso della conversazione del 21 febbraio 2010 (e dunque avvenuta a distanza di meno di un mese rispetto all’incendio e dopo diciotto giorni dall’incontro con il S.) – di avere già da tempo consumato tutti i soldi ricevuti da S.. Alla, luce di tali emergenze, può ritenersi senz’altro probabile che il S. – pur avendo reiteratamente manifestato i propri sospetti nei confronti dell’indagato – abbia deciso, dopo essersi incontrato con l’indagato e avere "sistemato" personalmente la vicenda, di modificare il tenore delle precedenti dichiarazioni, prospettando agli investigatori una pista alternativa, di per sè alquanto inverosimile – riferendosi a vicende risalenti nel tempo e riguardanti l’esecuzione di opere già completate – e rimasta comunque allo stato priva di qualsivoglia riscontro". Il Tribunale, quindi, ha cura di chiarire sia il motivo per cui la cd. pista alternativa non era affatto credibile, sia la ragione per la quale non appariva decisiva la circostanza dell’auto di colore chiaro "non essendovi ragione di affermare che il conducente fosse proprio l’autore dell’incendio", sia il motivo per cui – "alla luce della conversazione del 21/02/2010" – il fatto andava qualificato come estorsione consumata e non tentata.

A fronte di tale ampia motivazione, che evidenzia la sussistenza di un grave quadro indiziario e, quindi, ampiamente sufficiente per l’emissione del provvedimento cautelare, il ricorrente, lungi dall’evidenziare vizi o carenze motivazionali deducibili in sede di legittimità, si è limitato a ribadire la propria tesi difensiva fornendo una mera versione alternativa dei fatti così come ricostruiti e ritenuti dal tribunale.

Le censure, quindi, riproposte con il presente ricorso, vanno ritenute null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.

In altri termini, le censure devono ritenersi manifestamente infondate in quanto la ricostruzione effettuata dalla Corte e la decisione alla quale è pervenuta deve ritenersi compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento"; infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune Cass. n. 47891/2004 rv 230568; Cass. 1004/1999 rv 215745;

Cass. 2436/1993 rv 196955. Sul punto va, infatti ribadito che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, dev’essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze: ex plurimis SSUU 24/1999. p. 4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

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