Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-04-2011) 29-04-2011, n. 16660

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rsona del Dott. CEDRANGOLO Oscar che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo

p. 1. Con ordinanza del 3/12/2010, il tribunale del riesame di Roma confermava l’ordinanza di c.c.c. emessa dal g.i.p. del tribunale di Latina in data 11/11/2010 dei confronti di U.S. e A.C.A. per il reato di tentata estorsione ai danni di P.I.I. attuata con il lancio di bottiglie incendiarie. p. 2. Avverso la suddetta ordinanza entrambi gli indagati, in proprio, hanno proposto separati ricorsi per cassazione peraltro perfettamente identici nel contenuto, deducendo i seguenti motivi:

1. VIOLAZIONE dell’art. 273 c.p.p. per avere il Tribunale, solo con motivazione apparente ed illogica, ritenuto che sussistessero i gravi indizi di colpevolezza, laddove i medesimi si erano rivelati contraddittori atteso che le dichiarazioni della parte lesa e delle testi non erano affatto coincidenti così come non attendibili si era rivelato l’esito delle individuazioni fotografiche;

2. violazione dell’art. 274 – art. 292 c.p.p., lett. c), per non avere il Tribunale considerato che essi ricorrenti erano giovani ed incensurati e che l’episodio si era verificato il 3/09/2010 e quindi oltre due mesi prima dell’ordinanza di c.c.c., sicchè mancavano le esigenza cautelari;

3. VIOLAZIONE dell’art. 284 c.p.p., per non avere il Tribunale concesso la misura degli arresti domiciliari con motivazione apparente ed illogica.
Motivi della decisione

p. 3. VIOLAZIONE dell’art. 273 c.p.p.: la censura dedotta in ordine alla mancanza dei gravi indizi di colpevolezza è manifestamente infondata.

Invero, il tribunale ha evidenziato che "la sostanziale corrispondenza tra le dichiarazioni acquisite, i riscontri obiettivi alle stesse ed il convergente esito delle individuazioni fotografiche, rassicurante alla luce della certezza dei riconoscimenti e dell’ampiezza e varietà dagli album mostrati (tenuto conto dell’acclarata non necessarietà, per tale tipo di atto, di particolari formalità), integrano a carico di entrambi i ricorrenti un quadro indiziarlo della richiesta gravita ed univocità in ordine al reato contestato, correttamente qualificato in termini di tentata estorsione, essendo le minacce volte a conseguire un ingiusto vantaggio patrimoniale, poi non conseguito per la denuncia della persona offesa. A ciò si aggiunga che gli indagati, nell’interrogatorio di garanzia, pur dichiarandosi innocenti non hanno tuttavia negato di conoscere la P. fornendo la poco verosimile (e comunque al momento non riscontrata) spiegazione di una passata relazione sentimentale della medesima con l’ U., da questi bruscamente interrotta quando ne aveva scoperto l’attività di prostituta, motivo per cui la donna avrebbe poi continuato ad "importunarlo".

A fronte di tale ampia motivazione, che evidenzia la sussistenza di un grave quadro indiziario e, quindi, ampiamente sufficiente per l’emissione del provvedimento cautelare, i ricorrenti, lungi dall’evidenziare vizi motivazionali deducibili in sede di legittimità, si sono limitati, a ben vedere, in modo surrettizio, a ribadire la propria tesi difensiva focalizzando le proprie deduzioni sulla pretesa inattendibilità della parte offesa e su pretese contraddizioni fra quanto dichiarato da quest’ultima e dalle due testimoni, senza considerare che, in realtà, il tribunale, ha preso espressamente in esame la suddetta problematica ma l’ha disattesa con motivazione congrua, logica ed adeguata rispetto agli elementi fattuali, valutando, correttamente, tutti gli indizi nel loro insieme e non in modo frazionato come fanno i ricorrenti. p. 4. VIOLAZIONE dell’art. 274 – art. 292 c.p.p., lett. c) – art. 284 c.p.p.: in ordine alle esigenza cautelari, il Tribunale ha così motivato: "Sul piano cautelare, correttamente il pericolo di recidiva specifica è stato ritenuto esigenza preminente e di tale grado da non consentire misure alternative alla custodia in carcere, con prognosi sfavorevole nonostante la pregressa incensuratezza degli indagati, circa la probabilità che si astengano dal commettere nuovi reati: per la natura e la gravita dei fatti, commessi sfruttando la capacità di intimidazione di più persone riunite nei confronti di un soggetto debole ed esposto, dimostrando un’allarmante e non occasionale inclinazione alla violenza personale, anche con la predisposizione di mezzi più sofisticati del consueto, come il materiale incendiario evidentemente preconfezionato; intimidazioni e violenze che potrebbero ripetersi, anche nei confronti delle stesse persone, se non fronteggiate da misura più rigorosa degli arresti domiciliari, insufficienti ad impedire o circoscrivere la libertà di movimento degli indagati e dunque a garantire, con controlli inevitabilmente meno assidui di PG sul rispetto degli obblighi imposti, le predette concrete esigenze di cautela".

Non è vero, quindi, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, che il tribunale non abbia preso in esame l’incensuratezza e l’inidoneità degli arresti domiciliari. La suddetta motivazione, quindi, non si presta alla generica censura dedotta proprio perchè non vengono evidenziate contraddittorietà, illogicità o carenze motivazionali, atteso che il tribunale, dopo avere preso in esame le doglianza degli indagati, è pervenuto a ritenere che sussistevano le esigenze cautelari della custodia in carcere in considerazione della gravita del reato contestato e delle modalità con le quali era stato perpetrato spiegando le ragioni per le quali neppure gli arresti domiciliari, attesa l’inclinazione alla violenza dimostrata, potevano reputarsi sufficienti ad evitare il pericolo di reiterazione. p. 5. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibili i ricorsi e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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