Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-03-2011) 29-04-2011, n. 16748 Abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Roma con sentenza del 28-9-2009 confermava quella del Tribunale di Latina in data 8-4-2005 con la quale M.R. e S.S. erano stati ritenuti responsabili il primo, quale sindaco del comune di Sonnino, del reato di cui all’art. 479 c.p., per aver formato, al fine di commettere il reato di abuso d’ufficio (prescritto), una falsa dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (atto di asservimento di un terreno), facendola apparire proveniente da Ma.Ma., di cui aveva apposto o fatto apporre la falsa firma, attestando falsamente che questi aveva sottoscritto in sua presenza; il secondo di concorso in tale reato, quale diretto interessato all’ottenimento della concessione edilizia il cui rilascio era subordinato all’atto di asservimento del terreno mancante.

L’affermazione di responsabilità era basata sui seguenti rilievi.

Il 4-3-1995 la commissione edilizia del comune di S. esprimeva parere favorevole al rilascio di concessione edilizia a S., subordinatamente alla stipula di un atto pubblico di asservimento del terreno mancante.

Il 10-4-1995 M., in qualità di sindaco, autenticava l’apparente sottoscrizione di Ma., dichiarando che era stata apposta in sua presenza, in calce ad una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, in cui si dava atto dell’asservimento di mq 1950 di terreno in favore della moglie di S., con atto notarile in corso di predisposizione.

Il giorno successivo M. con una missiva diretta al tecnico comunale, gli ordinava di preparare la concessione edilizia relativa a S. considerando valida la documentazione in merito all’asservimento del terreno del Ma., indi, in pari data, firmava e rilasciava l’atto di concessione.

Ma., anche in dibattimento, ha disconosciuto l’autenticità della sottoscrizione affermando che, pur essendone stato richiesto, non aveva mai stipulato un atto pubblico di asservimento del suo terreno in favore di S..

La buona fede di M., il quale si è difeso affermando che l’atto gli era stato sottoposto dalla segreteria già predisposto ed egli non aveva eseguito alcun controllo facendo affidamento sul fatto che il dichiarante fosse stato compiutamente identificato, era esclusa sul rilievo di alcune anomalie dell’atto stesso. E cioè: a) non erano indicati il luogo e la data di nascita del dichiarante, nè il numero civico della residenza; b) il numero della carta d’identità non corrispondeva a quello del dichiarante.

La ricorrenza del dolo era ritenuta confermata dalla sorprendente sollecitudine con la quale il sindaco aveva utilizzato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, dal momento che nel giro di un giorno aveva rilasciato la concessione edilizia a S..

La qualificazione del fatto era ritenuta corretta escludendosi la ricorrenza delle diverse fattispecie di cui agli artt. 477 e 480 c.p. per difetto degli elementi costitutivi.

La responsabilità concorsuale di S. era affermata in quanto beneficiario del falso.

L’avv. Renato Archidiacono ha proposto ricorso nell’interesse di M. con due motivi di doglianza, chiedendo l’annullamento della sentenza.

1) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’intervenuta abrogazione della norma che richiedeva l’autentica della firma della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, doglianza già prospettata nei motivi d’appello e non presa in considerazione dalla corte territoriale. Si richiama l’orientamento di questa sezione che ha ravvisato in tal caso un’ipotesi di falso innocuo, o comunque inutile, come tale non punibile (Cass. 13623/2001).

2) Vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell’elemento soggettivo: l’errato numero della carta d’identità milita a favore della buona fede di M., avendo la stessa corte evidenziato la facilità con cui il numero esatto avrebbe potuto essere rilevato consultando l’archivio dell’anagrafe. D’altro canto il riferimento all’asserita "sorprendente sollecitudine" nel rilascio della concessione, è apodittico ed inconferente, considerato anche che l’ufficio tecnico venne contattato per il rilascio della concessione non il giorno stesso, ma l’indomani. Nel ritenere provato il dolo, la corte ha omesso di considerare le deposizioni dei testi C. e P., secondo i quali la pratica era formata interamente dall’ufficio e l’atto perveniva al sindaco già completo.

L’avv. Gaetano Marino ha proposto ricorso nell’interesse di S. articolando tre motivi.

1) Violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine all’applicazione dell’amnistia (sic) al reato di abuso d’ufficio, senza alcuna motivazione in ordine alle prove di responsabilità 2) Violazione di legge e manifesta illogicità di motivazione sul concorso di S., ritenuto sulla sola base del pronto rilascio della concessione e delle imminenti consultazioni elettorali, senza tener conto che anche la moglie dell’imputato era nella stessa condizione di beneficiare della situazione, e trascurando la produzione del preliminare di vendita del terreno tra Ma. e S. (in quanto privo di data certa ed indicante una particella diversa), che per contro minava tutta la ricostruzione della vicenda, basata sulla negazione da parte di Ma. di qualunque contatto avente ad oggetto il terreno.

3) Vizi di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), per mancata derubricazione del fatto nei reati previsti dall’art. 477 c.p. o art. 480 c.p., prescritti, negata dalla corte con argomentazioni illogiche. Si chiede infine l’estensibilità dei motivi del ricorso proposto dal difensore del coimputato.

All’odierna udienza l’avv. Arcidiacono ha eccepito la prescrizione del reato.
Motivi della decisione

I ricorsi sono entrambi infondati e vanno disattesi.

Iniziando dall’esame di quello proposto nell’interesse di M., va rilevata l’inconferenza del primo motivo. Per quanto sia indiscutibile, ai fini della sussistenza del falso ideologico, la natura integratrice della legge penale della norma sull’autentica della sottoscrizione delle dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà ( L. n. 15 del 1968, art. 2), con la conseguenza che la sua intervenuta abrogazione ad opera della L. n. 127 del 1997, art. 3, comma 10, rendendo pleonastica l’autentica, rende inutile il falso che la riguardi (Cass. 13623/2001), tale effetto non può valere che per il futuro. Onde, se il fatto è, come nella specie, antecedente all’abrogazione, dovrà farsi riferimento, quale precetto integratore di quello penale, alla norma che all’epoca imponeva l’autentica.

Considerazione del resto implicita nella decisione di questa corte citata nel ricorso, e sopra richiamata, che non a caso ha ravvisato il falso inutile in un atto "ab initio" privo di efficacia dannosa o pericolosa, quindi necessariamente posteriore all’abrogazione della norma di cui sopra.

A dimostrazione dell’infondatezza del secondo motivo con cui si censura il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo, appare assorbente rispetto ad ogni altra considerazione il rilievo che, secondo i testi C. e P. (v. le deposizioni allegate al ricorso), era l’ufficio a predisporre interamente l’atto, ma – e non potrebbe essere diversamente – il dichiarante apponeva la propria sottoscrizione in presenza del sindaco. Da ciò discende la consapevole falsità dell’attestazione da parte di M. che Ma. aveva sottoscritto l’atto in sua presenza, essendo pacifico che la firma non è di pugno di questi. Senza contare, a riprova della ricorrenza dell’elemento psicologico, che la dichiarazione sostitutiva fu prontamente utilizzata ai fini del rilascio – l’indomani – della concessione edilizia, sull’assunto dell’intervenuto asservimento del terreno del Ma., mentre il rilascio era subordinato alla stipula dell’asservimento del terreno mancante mediante atto pubblico.

La violazione di legge e il vizio di motivazione eccepiti con il primo motivo del ricorso proposto dal difensore di S. in ordine all’applicazione dell’amnistia (rectius prescrizione) al reato di abuso d’ufficio, non sussistono. Invero la corte di merito ha esaurientemente motivato in ordine all’assenza di prova evidente dell’innocenza del prevenuto in ordine a tale reato, evidenziando il nesso tra il medesimo e il falso commesso da M., in concorso con S., funzionale a procurare a quest’ultimo un ingiusto vantaggio patrimoniale attraverso il rilascio di una illegittima concessione edilizia sul falso presupposto dell’esistenza dell’atto di asservimento del terreno mancante.

Sul punto del ritenuto concorso di S. nel falso ideologico, motivato dai giudici di merito con il rilievo che questi era il beneficiario del reato, non sono ravvisabili i vizi dedotti con il secondo motivo. Infatti in primo luogo la concessione fu rilasciata a S., e non alla moglie di questi, che nel ricorso si assume essere a sua volta beneficiaria della situazione. In secondo luogo l’esistenza di un preliminare di vendita tra Ma. e S., peraltro privo di data certa e relativo ad una particella di terreno diversa, è del tutto inidonea, a fronte della certa falsità della sottoscrizione del primo in calce alla dichiarazione sostitutiva, e dell’altrettanto certa falsità dell’attestazione da parte del sindaco M. che era stata apposta in sua presenza, ad influenzare il percorso motivazionale che ha condotto all’affermazione di responsabilità, in ordine al falso ideologico, di M., quale autore materiale, di S., quale concorrente.

La sentenza gravata si sottrae, infine, alla censure di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), sollevate con il terzo motivo, avendo la corte territoriale escluso, con condivisibile motivazione, la sussistenza dei reati di cui all’art. 477 o di cui all’art. 480 c.p., in luogo di quello contestato, rilevando che di questi ultimi non ricorre l’elemento materiale, in quanto, com’è evidente, nella specie l’attestazione si riferisce a fatto avvenuto in presenza del pubblico ufficiale, non già da lui soltanto conosciuto, come richiesto dalle norme di cui sopra.

Va esaminata, da ultimo, l’eccezione di prescrizione sollevata con le conclusioni orali dal difensore di M..

Essa è infondata in quanto, premesso che alla fattispecie si applica la previgente normativa in materia di prescrizione per la pendenza del procedimento in appello al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina ( L. n. 251 del 2005, art. 10), e che il termine quindicennale è decorso alla data del 11-4-2010, a tale termine vanno sommati i periodi di sospensione della prescrizione dal 22-3- 2002 al 27-9-2002 (per impedimento assoluto a comparire di S. per malattia) e dal 21-3-2003 al 30-4-2004 ( L. n. 134 del 2003, ex art. 5).

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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