Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-03-2011) 29-04-2011, n. 16708 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Messina ha confermato la pronuncia di colpevolezza di B.F. in ordine ai reati: a) di cui all’art. 572 c.p.; b) di cui agli artt. 81 cpv. e 612 c.p., ritenuto assorbito nel reato di cui al capo a); c) di cui all’art. 609 bis c.p.; reati a lui ascritti per avere maltrattato la moglie R.L. con aggressioni fisiche e psicologiche, reiterate minacce e da ultimo cagionandole lesioni personali, nonchè per avere costretto con violenza la R. L., percuotendola e minacciandola con un coltello, ad avere un rapporto orale.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva contestato la sussistenza dei reati ascritti, facendo rilevare che la parte lesa aveva sostanzialmente ritrattato le accuse, rimettendo la querela proposta nei confronti dell’imputato per il reato di lesioni personali, e deducendo che, in ogni caso, il reato di violenza sessuale doveva essere ricondotto nell’alveo del delitto di maltrattamenti.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per violazione di legge.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione delle norme incriminatici.

Si deduce, in sintesi, che la parte lesa, nel rimettere la querela per il reato di lesioni personali, aveva sostanzialmente escluso la responsabilità dell’imputato per tutti gli altri reati, riconducendo le accuse ad un rapporto conflittuale tra i coniugi.

Si deduce inoltre che un singolo episodio di lesioni o minacce, quale quello accertato nei confronti dell’imputato, non integra la fattispecie del reato di maltrattamenti per la cui configurabilità è richiesta la reiterazione delle condotte vessatorie.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia ulteriormente la violazione ed errata applicazione degli artt. 572 e 609 bis c.p..

Con il motivo di gravame, riportando la motivazione di una sentenza di questa Corte in materia di maltrattamenti, si deduce ulteriormente che il reato non può configurarsi per effetto di un unico episodio.

Si deduce inoltre che deve ritenersi incompatibile il concorso del reato di violenza sessuale con quello di maltrattamenti e si contesta che la parte lesa sia stata costretta al rapporto sessuale mediante violenza o minacce, considerata anche la natura particolare della prestazione orale. Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata, la cui motivazione è integrata da quella della pronuncia di primo grado, per l’uniformità della decisione, e che peraltro è espressamente richiamata da quella di appello, da adeguatamente conto della reiterazione delle condotte violente e minacciose poste in essere nel corso del tempo dall’imputato nei confronti della moglie e del regime di vita vessatoria al quale la vittima era sottoposta.

Sul punto la sentenza di appello ha evidenziato che non vi è stata alcuna sostanziale ritrattazione delle accuse da parte della moglie dell’imputato a seguito della remissione di querela ed ha dato conto delle ragioni della ritenuta attendibilità delle accuse formulate dalla R.L. nonchè della esistenza di riscontri alle stesse.

Pertanto, è stata correttamente ritenuta la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di maltrattamenti.

La sentenza, poi, ha coattamente rilevato in punto di diritto che è configurile il concorso tra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di violenza sessuale quando la condotta integrante il reato di cui all’art. 572 c.p. non si esaurisca negli episodi di violenza sessuale, ma si inserisca in una serie di atti vessatori e percosse tipici della condotta di maltrattamenti (n. 311 del 1996 RV 204866;

n. 984 dei 2004, RV 227680; n. 22850 del 2007 RV 236888; n. 26165 del 2008, RV 240542; n. 35910 del 2008, RV 241091).

E’ evidente, inoltre, che il reato di violenza sessuale non può ritenersi assorbito da quello di maltrattamenti in famiglia, considerate la diversa natura del bene giuridico protetto dalle due norme, le diverse caratteristiche della condotta e la maggiore gravità del delitto di violenza sessuale.

Il reato di violenza sessuale, infine, non è escluso dal fatto che la coercizione esercitata sulla vittima mediante l’uso di violenza o minacce induca quest’ultima a cooperare con il suo aggressore per consentirgli di compiere l’atto sessuale al fine di evitare ulteriori conseguenze per la sua integrità fisica.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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