Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 24-03-2011) 29-04-2011, n. 16650

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Ancona, con ordinanza in data 1/10/2010, in parziale accoglimento dell’appello del PM avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Ancona che aveva respinto la richiesta di applicazione nei confronti, tra gli altri, di L.A. della misura cautelare della custodia in carcere con riferimento al reato di ricettazione di numerosi oggetti di valore (orologi, macchine fotografiche, gioielli) di provenienza illecita in quanto provenuto di diversi furti in abitazione, disponeva la misura cautelare della custodia in carcere.

Proponeva ricorso per cassazione lo stesso indagato deducendo i seguenti motivi:

a) mancanza e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla scarsa credibilità dell’indagato da parte del Tribunale della libertà che ha ritenuto inverosimile la ricostruzione dei fatti del prevenuto che ha dichiarato di aver trovato una busta con la refurtiva nei pressi dei bidoni della spazzatura, abbandonata da un ragazzo;

b) mancanza di motivazione in ordine al pericolo di fuga che deve essere ancorato a concreti elementi e non a generiche presunzioni;

c) mancanza di motivazione in ordine al pericolo di reiterazione del reato;

d) violazione di legge per omessa applicazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità della misura cautelare, ritenuta eccessivamente afflittiva la misura cautelare della custodia in carcere con riferimento al reato contestato;

e) omessa motivazione sulla possibilità di applicare altre misure cautelari meno afflittive.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

In materia di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Cass. pen., Sez. 2^, 17/12/2004, n. 3240).

Con motivazione non illogica il Tribunale del riesame ha ritenuto inverosimile la versione fornita dall’indagato sulle circostanze "fortuite" di rinvenimento della refurtiva, abbandonata da un ragazzo, in una busta, nei pressi dei cassonetti dell’immondizia, raccolta dall’indagato e portata nell’abitazione dove lo stesso era domiciliato unitamente ad altri tre coindagati.

I giudici del riesame ritengono, con valutazione logica, poco credibile che beni di valore, provento di furto commesso poche ore prima in una località lontana, vengano lasciati, in pieno giorno e in una strada pubblica, con il rischio di essere scoperti o, comunque, di perderne la disponibilità. Inoltre, all’interno dell’appartamento ove sono stati rinvenuti i gioielli si trovavano, lasciati in giro, diversi arnesi e strumenti idonei alla commissione di reati contro il patrimonio quali quanti, cacciaviti, chiavi inglesi e materiale dello stesso tipo è stato trovato nella vettura condotta dal L..

Quanto alla eccepita mancanza del requisito del pericolo di fuga il Tribunale non ha desunto lo stesso solamente dalla condizione di extracomunitario privo di permesso di soggiorno e, quindi, di occupazione lavorativa stabile, ma anche in forza dei precedenti penali e per avere egli dichiarato di essere asseritamente domiciliato presso un non meglio identificato "cugino".

La sussistenza di tale pericolo appare al Collegio motivatamente fondato su elementi concreti, specifichi e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d’allontanamento clandestino da parte del prevenuto. Anche per quanto concerne il pericolo di reiterazione del reato è stato individuato nella pericolosità dei prevenuti desunta dalle stesse modalità di commissione dei reati contestati (ricettazione di beni provenienti da furti in appartamento, accertata poche ore dopo la realizzazione del reato presupposto, con conseguente elevata probabilità di un non occasionale collegamento con gli autori delle illecite sottrazioni), dalla personalità e dalle condizioni di vita dell’indagato".

Sulla correttezza di tali considerazioni del Tribunale è sufficiente richiamare il principio giuridico, più volte ribadito da questa Corte e condiviso dal Collegio, che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione del reato può essere desunto dai criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen., tra i quali sono ricompresi le modalità e la gravità del fatto, sicchè non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica gravità, bensì devono essere valutate – come congruamente è stato operato nel caso di specie – situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità degli indagati.

(Sez. 4, Sentenza n. 34271 del 03/07/2007 Cc. – dep. 10/09/2007 – Rv.

237240).

La motivazione di cui sopra appare, quindi, adeguata a spiegare la scelta della conferma, per tutti gli imputati della misura della custodia cautelare in carcere quale misura idonea a prevenire il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, alla luce dell’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, secondo il quale in tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonchè dalla personalità degli indagati, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie, fanno ragionevolmente ritenere la misura scelta come la più adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo superata e assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle subordinate misure cautelari. (Cass. Sez. 1^ sent. n. 45011 del 26.9.2003 dep. 21.11.2003 rv 227304).

A fronte di ciò i ricorrenti contrappongono solo generiche contestazioni. E’ evidente, quindi, che le censure proposte dai ricorrenti, pur investendo formalmente la motivazione del provvedimento impugnato o la conformità dello stesso ai presupposti giuridici che lo giustificano, in realtà si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. Tali censure sono pertanto improponibili, perchè superano i limiti cognitivi di questa Suprema Corte, che, quale giudice di legittimità, deve far riferimento solo all’eventuale mancanza della motivazione o alla sua illogicità o contraddittorietà. (Si vedano fra le tante: C SU 12/12/1994, De Lorenzo, CED 199391; C 6^ 15/05/2003, P., GD 2003, n. 45,93).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

La cancelleria si farà carico degli adempimenti informativi connessi alla definitività del provvedimento cautelare ed alla sua esecuzione (art. 28 reg. esec. c.p.p.).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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