T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 28-04-2011, n. 379 Armi da fuoco e da sparo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ricorso e i relativi motivi aggiunti il ricorrente, titolare di porto di fucile per uso caccia, impugna: 1) il provvedimento con cui il Prefetto di Frosinone gli ha fatto divieto di detenere armi, nel presupposto che: a) da segnalazione del comando della stazione dei Carabinieri di Anagni risulta che egli si è reso responsabile di minacce nei confronti di un terzo ("come documentato da denunciaquerela" del medesimo); b) per questo fatto egli "non dia più massima garanzia di affidamento nella detenzione e nell’uso delle armi"; 2) il provvedimento con cui il Questore di Frosinone, nel presupposto del divieto di detenzione armi, gli ha revocato il porto di fucile per uso caccia.

A fondamento del ricorso e dei motivi aggiunti il ricorrente denuncia l’omissione delle garanzie procedimentali e il difetto di motivazione e d’istruttoria.

2. Con ordinanza n. 118 del 2010 la sezione accoglieva l’istanza di tutela cautelare.

3. L’amministrazione resiste al ricorso con memoria di stile.

4. Il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati e vanno pertanto accolti.

5. Innanzitutto, e in sintesi, ritiene il Collegio che il divieto di detenzione armi sia illegittimo già per l’omissione dell’avviso di procedimento.

Il Collegio è consapevole che, in ordine alla necessità dell’avviso nel caso del provvedimento di detenzione di armi, le opinioni della giurisprudenza non sono concordi dato che si rinvengono precedenti contrastanti (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7 luglio 2008, n. 7141, T.A.R. Basilicata, 3 maggio 2004, n. 310); tuttavia appare più corretta l’opinione più garantista secondo la quale l’avviso può essere omesso solo allorchè vi siano delle ragioni di qualificata urgenza di cui il provvedimento deve dar contezza (nel caso all’esame invece il provvedimento si limita a giustificare l’omissione facendo leva sul carattere cautelativo del provvedimento); del resto, se si tiene conto che, in conseguenza del divieto di detenzione, il ritiro della licenza di porto d’armi è atto vincolato (come del resto si legge nel provvedimento impugnato a mezzo dei motivi aggiunti) appare evidente che è proprio il procedimento preordinato al divieto di detenzione l’unica sede in cui l’interessato può far valere, interloquendo con l’amministrazione, le proprie ragioni con la astratta possibilità di ottenerne un esito per lui favorevole.

La vicenda all’esame dimostra la correttezza di quanto precede; e infatti al ricorrente è stato fatto divieto di detenere le armi senza che gli fosse dato avviso dell’avvio del relativo procedimento; successivamente gli è stata revocata la licenza di porto di fucile nel presupposto del divieto di detenzione delle armi (e infatti è ovvio che colui cui è fatto divieto di detenere armi e munizioni non può essere titolare di licenza di porto di fucile) e previo avviso dell’avvio del relativo procedimento; tuttavia è chiaro che quest’ultimo avviso risulta sostanzialmente inutile se la revoca della licenza in conseguenza del divieto di detenzione armi è un atto vincolato, nel senso che – lo si ribadisce – l’unica sede in cui il ricorrente avrebbe potuto far valere le proprie ragioni, avendo la possibilità di concretamente influire sulle determinazioni dell’amministrazione, sarebbe stato il procedimento culminato nel divieto di detenzione delle armi; ciò spiega perché in questo procedimento sia in generale necessario l’avviso e come la sua omissione vada giustificata in base a reali, oggettive e documentate ragioni di urgenza.

6. Il provvedimento di divieto di detenzione delle armi è oltretutto privo di adeguata istruttoria e motivazione.

Esso infatti si fonda sulla mera circostanza che un terzo (che il ricorrente asserisce essere un debitore della figlia, nei cui confronti quest’ultima, stante la rilevanza del credito, ha agito in sede esecutiva cosicchè la denunciaquerela nei suoi confronti altro non sarebbe che una "ritorsione" di questo soggetto) lo ha denunciato per il reato di minaccia.

Il Collegio condivide gli assunti del ricorrente secondo cui, per quanto ampia sia la discrezionalità dell’amministrazione in questa materia e benchè i provvedimenti di divieto di detenzione d’armi non presuppongano l’accertamento dell’effettivo abuso ma solo un giudizio prognostico in ordine alla sua possibilità, nondimeno questo giudizio prognostico deve essere ancorato a elementi, sia pure indiziari, che concretamente facciano dubitare della piena affidabilità del soggetto; nella fattispecie la semplice denuncia un terzo, non accompagnata da alcun ulteriore accertamento o valutazione in ordine alla personalità del ricorrente (soggetto che afferma, senza che ciò sia stato contestato, di essere incensurato e di aver ottenuto la licenza, poi revocatagli, solo un anno prima) non appare sufficiente a giustificare il giudizio di inaffidabilità su cui si basa il divieto di detenzione armi impugnato.

Questo provvedimento deve quindi essere annullato e stessa sorte subisce, in via d’illegittimità derivata, il provvedimento di revoca della licenza di porto di fucile che sul primo si basa.

7. Il ricorso e i motivi aggiunti vanno quindi accolti e gli atti impugnati annullati. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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