Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-03-2011) 29-04-2011, n. 16700

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19 agosto 2010 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza di riesame, proposta da A.G. avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 4 agosto 2010, con il quale era stata emessa nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, siccome gravemente indiziato del delitto di partecipazione ad un’associazione a delinquere di stampo mafioso, denominata ‘ndrangheta, operante nel territorio della provincia di Reggio Calabria, oltre che di quello nazionale ed estero, costituita da molte decine di "locali" o "ndrine", intese come cellule criminose radicate su singoli territori, normalmente composte di circa 50 affiliati, a loro volta articolate in tre mandamenti, ovvero sub strutture di coordinamento, con competenza su specifiche aree, individuate come area ionica, area tirrenica ed area di città e con organo di vertice denominato "Provincia", associazione criminosa che si avvaleva della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne derivava, allo scopo di commettere più delitti in materia di armi ed esplosivi, contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale, in materia di stupefacenti; allo scopo inoltre di acquisire direttamente od indirettamente la gestione ed il controllo di attività economiche nel settore edilizio, nel movimento terra e nella ristorazione; di acquisire appalti pubblici e privati.

2. Il Tribunale, dopo un’articolata introduzione, nel corso della quale ha sottolineato la sussistenza e l’attuale operatività dell’associazione mafiosa anzidetta, della quale il ricorrente è stato ritenuto partecipe, quale componente della cd. società di (OMISSIS) col rilevante ruolo di padrino; dopo aver parlato delle numerose sentenze ormai passate in giudicato che avevano accertato gli elementi anzidetti (operazione "(OMISSIS)"; processo dei "(OMISSIS)"; processo "(OMISSIS)"; processo "(OMISSIS)";

processo "(OMISSIS)"), ha passato in rassegna gli indizi emersi a carico del ricorrente, ritenendoli adeguati ed idonei, per il loro numero e la loro consistenza, a giustificare l’emissione nei suoi confronti dell’ordinanza cautelare in carcere, oggetto della presente impugnazione. Gli indizi emersi a carico del ricorrente sono stati:

– gli esiti di una conversazione ambientale captata il 22 agosto 2009 all’interno della lavanderia "(OMISSIS)" di C.G., intercorsa fra quest’ultimo e l’odierno indagato, titolare della concessionaria auto "Hunday" sita in (OMISSIS), nel corso della quale quest’ultimo si è rivolto al primo affinchè intercedesse con tale CA.Ca., proprietario di uno stabilimento per lo smaltimento di rifiuti nei pressi di (OMISSIS), per l’avvio di un mercato di auto usate in quella zona; nel corso della conversazione intercettata i due avevano altresì parlato di un altro soggetto, tale V.D.A., residente in (OMISSIS); – gli esiti di due conversazioni ambientali, captate pure il 22 agosto 2009 fra C.G. e CA.Ca., nel corso delle quali il primo aveva chiesto al secondo di favorire l’odierno indagato per l’avvio di un flusso di macchine usate fra la Fiat di (OMISSIS) e la concessionaria, del quale l’odierno indagato era titolare; ed in tale conversazione il C. aveva riferito del ruolo significativo ricoperto dal ricorrente nell’associazione mafiosa ed era emerso che il CA. aveva inteso approfittare del favore chiestogli dal C. per propiziare la sua ascesa nella scala di comando dell’organizzazione criminosa, al cui vertice il C. era collocato; – gli esiti di una conversazione ambientale avvenuta il 15.10.2009 fra C.G., G.S.G. e F.M., nel corso della quale il C. aveva comunicato che il giorno seguente si sarebbe recato a (OMISSIS) assieme all’odierno ricorrente;

-gli accertamenti di p.g., dai quali era emerso che, il giorno successivo, C.G. e l’odierno ricorrente si erano effettivamente recati in aereo a (OMISSIS), dove erano stati videoripresi presso il bar "(OMISSIS)", ubicato in quella città, assieme ad altri soggetti;

-gli accertamenti di p.g. svolti il successivo 29 ottobre 2009, dai quali era emerso che l’odierno indagato, assieme a C. G. ed ad altri soggetti, avevano partecipato ad un incontro tenutosi presso il ristorante "(OMISSIS)", ubicata in (OMISSIS);

-gli esiti di una conversazione registrata in data 28.1.10, dalla quale era emerso che C.G., avendo avuto notizia che sarebbero stati eseguiti alcuni provvedimenti custodiali verso la fine del mese, aveva deciso di adottare la cautela di non alloggiare nelle ore notturne presso la propria abitazione; e l’interlocutore, da identificare nell’odierno indagato, aveva messo a disposizione del primo un appartamento, onde eludere l’eventuale esecuzione di provvedimenti restrittivi.

3. Da tali elementi il Tribunale di Reggio Calabria ha desunto la sussistenza, a carico di A.G., di gravi indizi riferiti al delitto contestatogli, tenuto conto dell’elevato rapporto fiduciario che lo legava a C.G. e della caratura criminale di quest’ultimo, personaggio di assoluto rilievo criminale, collocato in posizione apicale all’interno dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta.

4. Secondo l’ordinanza impugnata, sussistevano poi a carico del ricorrente esigenze cautelari, legate alla gravità dei fatti contestati ed alle finalità della condotta ascrittagli, essendo l’indagato partecipe di un’organizzazione criminale transnazionale, che si contrapponeva in modo frontale allo Stato, minando le basi della convivenza civile; l’ordinanza ha poi fatto riferimento alla presunzione di esigenze cautelari, di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, tenuto conto del delitto contestatogli ed incombendo sul giudice di merito solo l’obbligo di constatare l’inesistenza di elementi i quali, ictu oculi, consentissero di ritenere superata tale presunzione; e tali ultimi elementi erano da ritenere appunto inesistenti.

5. Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha proposto ricorso per cassazione A.G. per il tramite dei suoi due difensori.

6. Di essi l’avv. Antonio SPEZIALE ha proposto due motivi di ricorso.

Col primo motivo lamenta motivazione apparente ed illogica circa la sussistenza a carico del ricorrente di gravi indizi di colpevolezza, avendo il provvedimento impugnato fondato tali indizi su di una discutibile intercettazione ambientale del 22.8.2009, asseritamente intercorsa fra C.G. e CA.Ca., nel corso della quale il C. avrebbe fatto un’apodittica affermazione di fiducia nei confronti di esso ricorrente; il che era avvenuto in un contesto di conversazioni che avevano rappresentato una situazione pienamente lecita, in quanto esso ricorrente aveva chiesto al C. di rivolgersi a qualcuno che avesse conoscenze nell’ambito della commercializzazione delle auto usate, per avviare in (OMISSIS) un’attività di tal tipo; ed anche l’ospitalità chiesta dal C. ad esso ricorrente non aveva alcuna attitudine indiziaria, in quanto all’epoca il C. non era inseguito da alcun provvedimento di natura giudiziaria.

Anche la conversazione ambientale svoltasi il 22.8.2009 fra il C. ed il CA. non aveva alcuna valenza indiziaria, in quanto la richiesta fatta dal CA. al C. circa la carica ricoperta da esso ricorrente nell’organizzazione criminosa non era in sè idonea a rappresentare un suo organico inserimento nel sodalizio criminoso in esame, anche perchè trattatasi di conversazione fra terzi, alla quale esso ricorrente non aveva preso parte;

pertanto gli elementi utilizzati dal Tribunale non erano tali da raggiungere la soglia della gravità indiziaria, necessaria per emettere il provvedimento cautelare impugnato.

Col secondo motivo lamenta l’insussistenza di esigenze cautelari, avendo il provvedimento impugnato fatto riferimento solo al titolo del reato contestato ed alla presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3; occorreva invero tener presente che, nella specie, si era ben al di sotto della gravità degli indizi di colpevolezza, essendo essi incerti e non gravi, si che, nella specie, non poteva ritenersi sussistente alcun obbligo applicativo della misura coercitiva inframuraria.

7 – L’avv. Vincenzo Nico D’ASCOLA, con memoria depositata il 1.3.2011, ha proposto un ulteriore motivo aggiunto, con il quale ha chiesto l’annullamento dei provvedimento impugnato per violazione art. 606, lett. b) ed e) in relazione all’art. 273 c.p.p. e art. 416 bis c.p..

Ha rilevato che non sussistevano a carico del ricorrente i gravi indizi di colpevolezza ipotizzati dal Tribunale del riesame, in quanto non poteva ritenersi che egli rivestisse la carica di padrino all’interno della società di (OMISSIS); neppure poteva ritenersi sussistente l’ipotizzato elevato rapporto fiduciario con C. G., atteso che il cuore dell’accusa elevata nei confronti di esso ricorrente era costituito dalla conversazione intercorsa fra C.G. e CA.Ca. il 22.8.2009; trattavasì quindi di intercettazione avente natura chiaramente etero- accusatoria, in quanto nella conversazione captata esso ricorrente, non presente al colloquio, era stato accusato del delitto associativo di cui all’art. 416 bis c.p.; trattavasi in realtà di mero indizio, che intanto avrebbe potuto essere ritenuto grave in quanto fosse stato accompagnato dall’esposizione di precisi e concreti elementi in grado di comprovare la veridicità di quanto affermato; e tali elementi non erano stati al contrario evidenziati dal provvedimento impugnato, il quale aveva fatto solo riferimento all’elevatissima caratura criminale del C.; all’esistenza di plurime conversazioni fra il C. ed esso ricorrente, dalle quali sarebbe emerso che egli fosse stato soggetto intraneo alla consorteria mafiosa ipotizzata; alla circostanza che non erano emersi elementi dai quali poter ritenere la sussistenza di risvolti di millanteria o calunnia da parte del C..

Invero non erano emerse le plurime intercettazioni alle quali aveva fatto riferimento il provvedimento impugnato; inoltre era del tutto assiomatico ritenere che un soggetto dotato di un determinato spessore criminale, come il C., dovesse ritenersi incondizionatamente credibile. Guardando poi al contenuto ed al tenore globale della conversazione intercorsa fra C.G. e CA.Ca., poteva desumersi il suo carattere millantatorio, escluso invece dal Tribunale in modo del tutto assiomatico, non potendosi invero escludersi che C.G. avesse potuto vantare un determinato prestigio criminale di esso ricorrente, al fine di potere più facilmente coinvolgere il suo interlocutore, CA.Ca. e convincerlo a fornirgli l’appoggio chiesto a (OMISSIS).

Inoltre se esso ricorrente avesse effettivamente rivestito il ruolo apicale di padrino, non si comprendeva perchè esso ricorrente non avesse contattato direttamente il CA.; inoltre era emerso che, quando il C. aveva parlato al CA. di esso ricorrente, quest’ultimo aveva mostrato di non conoscerlo e di non sapere molto sul suo conto.

Quanto poi alla messa a disposizione del C. di un appartamento, essa poteva essere interpretata come una sorta di controprestazione amichevole, che esso ricorrente aveva fatto al C., per ringraziarlo dell’interessamento dal medesimo svolto con il CA.; trattavasi comunque di avvenimento isolato e limitato ad un contatto con un singolo associato, anche perchè, all’epoca, il C. non era destinatario di alcun provvedimento restrittivo; poteva quindi solo parlarsi di un rapporto personale di amicizia, estrinsecatosi in condotte lecite e non idonee a formare un quadro di gravità indiziaria ex art. 273 c.p.p. per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p..
Motivi della decisione

1. Sono infondati il primo motivo di ricorso proposto dall’avv. Antonio SPEZIALE ed il motivo aggiunto, proposto dall’avv. Vincenzo Nico D’ASCOLA, da trattare congiuntamente siccome strettamente correlati fra di loro.

2. Con essi il ricorrente censura l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in quanto non sarebbero emersi a suo carico validi indizi per ritenerlo partecipe di un’associazione criminosa di stampo mafioso, così come ipotizzato nei suoi confronti.

Le censure proposte dal ricorrente innanzi a questa Corte, non sono proponibili nella presente sede di legittimità, concernendo esse il merito.

Questa Corte invero, in considerazione della giurisdizione di legittimità svolta, può solo verificare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni, che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario emerso a carico del ricorrente, si da ritenere adeguata la misura cautelare oggetto dell’impugnazione.

Pertanto il metodo di valutazione è quello indicato dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), avendo esso ad oggetto la motivazione dell’atto impugnato, onde accertare che essa, oltre a sussistere in se, non sia nè manifestamente illogica, nè contraddittoria (cfr., in termini, Cass. SS. UU. 22.3.2000 n. 11; Cass. 4 8.6.07 n. 22500).

3.11 provvedimento emesso dal Tribunale del riesame di Reggio Calabria, impugnato nella presente sede, siccome adottato allo stato degli atti, ha al contrario correttamente apprezzato la consistenza degli indizi fino a quel momento emersi a carico del ricorrente e, con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome esente da illogicità e contraddizioni, ha ritenuto detti indizi idonei a fondare l’imputazione a carico del ricorrente di partecipazione ad un’associazione criminale di stampo mafioso, denominata ‘ndrangheta, operante nel territorio della provincia di Reggio Calabria, oltre che di quello nazionale ed estero, costituita da molte decine di "locali" o "ndrine", articolate in tre mandamenti, con competenza su specifiche aree (area ionica, area tirrenica ed area di città) e con organo di vertice denominato "Provincia". I gravi indizi, ravvisati dal Tribunale di Reggio Calabria a carico del ricorrente sono consistiti:

-negli esiti di una conversazione ambientale captata il 22 agosto 2009 all’interno della lavanderia "(OMISSIS)" di C. G., intercorsa fra quest’ultimo e l’odierno indagato, titolare della concessionaria auto "Hunday" sita in (OMISSIS), nel corso della quale quest’ultimo si è rivolto al primo affinchè intercedesse con tale CA.Ca., proprietario di uno stabilimento per lo smaltimento di rifiuti nei pressi di (OMISSIS), per l’avvio di un mercato di auto usate in quella zona;

-negli esiti di due conversazioni ambientali, captate pure il 22 agosto 2009 fra C.G. e CA.Ca., nel corso delle quali il primo aveva chiesto al secondo di favorire l’odierno indagato per l’avvio di un flusso di macchine usate fra la Fiat di (OMISSIS) e la concessionaria, del quale l’odierno indagato era titolare; ed in tale conversazione il C. aveva riferito del ruolo significativo ricoperto dal ricorrente nell’associazione mafiosa ed era emerso che il CA. intendeva approfittare del favore chiestogli dal C. per una sua ascesa nella scala di comando dell’organizzazione criminosa, al cui vertice era collocato il C.;

-negli esiti di una conversazione ambientale avvenuta il 15.10.2009 fra C.G., G.S.G. e F. M., nel corso della quale il C. aveva comunicato che il giorno seguente si sarebbe recato a (OMISSIS) assieme all’odierno ricorrente;

-negli accertamenti di p.g., dai quali era emerso che, il giorno successivo, C.G. e l’odierno ricorrente si erano effettivamente recati in aereo a (OMISSIS), dove erano stati videoripresi presso il bar "(OMISSIS)", ivi ubicato, assieme ad altri soggetti;

-negli accertamenti di p.g. svolti il successivo 29 ottobre 2009, dai quali era emerso che l’odierno indagato, assieme a C. G. ed ad altri soggetti, avevano partecipato ad un incontro tenutosi presso il ristorante "(OMISSIS)", ubicata in (OMISSIS);

-negli esiti di una conversazione registrata in data 28.1.10, dalla quale era emerso che C.G., avendo avuto notizia che sarebbero stati eseguiti alcuni provvedimenti custodiali verso la fine del mese, aveva deciso di adottare la cautela di non alloggiare nelle ore notturne presso la propria abitazione; e l’interlocutore, da identificare nell’odierno indagato, aveva messo a disposizione del primo un appartamento, onde eludere l’eventuale esecuzione di provvedimenti restrittivi.

Congrua ed adeguata è pertanto la motivazione, con la quale il Tribunale di Palermo ha ritenuto il quadro indiziario emerso a carico del ricorrente così grave da far luogo alla misura cautelare della custodia in carcere.

Invero compito di questa Corte di legittimità è solo quello di verifica re che gli elementi di fatto valorizzati dal giudice di merito abbiano la valenza indiziaria ritenuta da quest’ultimo; il che nella specie può dirsi avvenuto (cfr., in termini, Cass. 6 26.4.06 n. 22256).

4. Le argomentazioni, svolte dal ricorrente per inficiarne la consistenza degli indizi sopra elencati sono meramente assertive e generiche ed inidonee ad incrinare la coerente ed attendibile loro valutazione proposta dai giudici di merito.

Il ricorrente ha in realtà proposto una diversa chiave di lettura degli elementi indiziari, sopra descritti, valorizzati dal Tribunale del riesame, in tal modo ponendo in essere un’operazione che, essendo riferita al merito, è inibita nella presente sede di legittimità, nella quale, come sopra detto, è dato unicamente vagliare la consistenza del tessuto motivazionale del provvedimento impugnato sotto i profili della logica e della non contraddizione; e sotto tale aspetto il provvedimento impugnato appare esente da critiche.

In particolare il ricorrente ha inteso svilire la portata gravemente indiziaria delle dichiarazioni rese da C.G. nella conversazione tenuta con CA.Ca., nel corso della quale il primo aveva parlato di lui come di elemento inserito nella propria associazione criminosa, essendosi trattato di conversazione fra terzi, alla quale egli era rimasto estraneo; va rilevato al riguardo che la tesi del valore meramente miliantatorio delle dichiarazioni fatte dal C., al solo scopo cioè di dare maggiore prestigio alla persona del ricorrente, al fine di indurre il CA. a favorirlo nell’operazione commerciale in (OMISSIS), ha il mero valore di una valutazione alternativa; inoltre il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte, alla stregua della quale la forza indiziante delle propalazioni fatte da un soggetto è direttamente proporzionale alla sua caratura criminale; e, nella specie, le dichiarazioni provenivano da un soggetto, quale il C., il quale, siccome collocato in posizione apicale nell’ambito del clan malavitoso di appartenenza, era da ritenere in possesso di informazioni, che costituivano patrimonio conoscitivo comune acquisito dall’intera organizzazione criminosa, siccome fatti di interesse comune (cfr., ex multis, Cass. Sez. 1 n. 1554 del 13/03/2009 dep. 10/04/2009 imp. Lo Russo, Rv.

243986).

5. E’ altresì infondato il secondo motivo di ricorso proposto dall’avv. Antonio SPEZIALE. L’ordinanza impugnata ha invero adeguatamente motivato anche in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari, ritenute idonee a giustificare la misura cautelare inframuraria adottata.

Il Tribunale del riesame ha fatto invero ampio riferimento alla gravità dei fatti contestati, certamente idonei a suscitare allarme sociale ed alle modalità con cui i fatti si sono svolti (cfr., In termini, Cass. SS.UU. 22.3.2000 n. 11; Cass. 4, 8.6.07 n. 22500).

Occorre poi rilevare che l’art. 275 c.p.p., dettato in tema di criteri di scelta delle misure cautelari da applicare, così come modificato, al D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, art. 2, comma 3 convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38, comprende anche il reato contestato all’odierno ricorrente fra quelli per i quali sussiste la presunzione di adeguatezza della misura cautelare inframuraria, presunzione superabile solo se il ricorrente provi la completa insussistenza di esigenze cautelari nei suoi confronti; il che la ricorrente non ha certamente fatto.

Il criterio fissato dal legislatore è dunque riferito alla completa inesistenza di esigenze cautelari, in tal modo non consentendo all’interprete di graduare diversamente la misura cautelare da irrogare, qualora pure ritenesse le esigenze cautelari in qualche modo ridotte o diminuite.

6. Il ricorso proposto da A.G. va pertanto respinto, con sua condanna, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

7. Dovrà provvedersi all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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