Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-03-2011) 29-04-2011, n. 16679

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. C.M., assisto dal difensore di fiducia, con atto del 25.6.2010, proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza resa il 10.02.2010 dal Tribunale di Sassari, in composizione monocratica, con la quale era stato condannato alla pena di Euro 100,00 di ammenda perchè giudicato colpevole della contravvenzione di cui all’art. 651 c.p..

Deduceva in particolare la difesa ricorrente, lamentando violazione della norma incriminatrice ed in sufficienza della motivazione, che il giudicante aveva travisato gli accadimenti, puntualmente riferiti dall’agente di P.G. all’udienza del 22.5.2009 e cioè che l’imputato, raggiunto in casa sua da agenti chiamati dal genitore che si sentiva minacciato dal figlio in stato di ubriachezza, dapprima rispose alla domanda dell’agente dicendogli il nome ed il cognome e, quindi, gli consegnò anche il documento di identità, ancorchè dopo qualche iniziale titubanza.

Lamentava altresì la difesa ricorrente l’erroneità della motivazione illustrata dal giudicante nella parte in cui avrebbe confuso l’elemento oggettivo del reato (indicato nella necessità di non intralciare l’attività dei pubblici ufficiali) con l’interesse tutelato dalla legge attraverso la tipizzata contravvenzione.

2. Il ricorso è fondato.

Con la contestazione in atti si imputa all’imputato di essersi rifiutato di dare indicazioni sulla propria identità personale a pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni (poliziotti chiamati dal padre del prevenuto).

Orbene, gli atti di causa dimostrano in primi luogo che, contrariamente a quanto contestatogli, l’imputato disse immediatamente ai poliziotti quali erano il suo nome ed il suo cognome e che consegnò poi agli stessi il documento di identità.

Tanto ha infatti riferito in dibattimento, deponendo come teste, l’agente di p.s. S.R..

A parte ciò non può non rilevare la Corte che, nella fattispecie, non v’è stata lesione alcuna del bene protetto dalla norma, che è quello di salvaguardare l’esigenza di consentire al pubblico ufficiale una pronta e compiuta identificazione del soggetto, in circostanze di interesse generale, allo scopo precipuo di evitare intralci all’attività di soggetti istituzionalmente preposti all’assolvimento di compiti di prevenzione, di accertamento o repressione dei reati, o di semplice garanzia della quiete pubblica (Cass., Sez. 1^, 27/02/1998, n. 3764). Orbene, nella fattispecie gli agenti di P.S. vennero chiamati dal genitore del C., presso la sua abitazione, per impedire all’imputato di perpetuare la sua condotta di minaccia verso il congiunto, di guisa che il C., al momento dell’intervento dei pubblici ufficiali, era dagli stessi conosciuto finanche nel patronimico.

3. La sentenza di condanna va pertanto cassata senza rinvio, a mente dell’art. 620 c.p.p., perchè il fatto contestato non sussiste.
P.Q.M.

la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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