T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 28-04-2011, n. 3649 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società ricorrente, che opera nel settore della raccolta e del trasporto dei rifiuti essendo iscritta nel relativo albo nazionale, espone:

– di aver richiesto in data 26.1.2010 presso la Sezione regionale del Lazio dell’Albo Nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti una istanza "di integrazione mezzi per le tipologie di rifiuto cat. 1C, 4C e 5 D", nonché di "cancellazione mezzi ed ampliamento tipologie di rifiuto cat. 1C, 4C":

– che con il provvedimento del 16.4.2010 prot. n. 12942, la sezione regionale dell’Albo ha accolto l’istanza parzialmente, con esclusione delle tipologie di "rifiuto residuale" richieste e identificate con i codici CER 20 01 99 cat. 1C – 4C e CER 03 01 99 – CER 07 01 99 – CER 12 01 99 cat 4 C;

– che con la successiva deliberazione del 17.5.2010, prot. 14810/2010, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, per il tramite della Sezione laziale dell’Albo, ha motivato l’accoglimento solamente parziale dell’istanza in questione assumendo che "i rifiuti urbani sono definiti dall’art. 184 del D. Lgs. n. 152/2006 dal quale si evince che non possono essere prodotti in luoghi diversi da quelli indicati nella sopraccitata norma, mentre dalla documentazione agli atti si evince che tale rifiuto, identificato con il codice residuale 200199, viene prodotto da pulizia di stabilimenti e pertanto non rientrante nella fattispecie dei rifiuti urbani".

Entrambi i suddetti provvedimenti vengono censurati in questa sede, facendo valere diversi profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

2. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, resistendo al ricorso.

3. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 27 gennaio 2011, e quindi trattenuto in decisione.

4. Con il primo motivo parte ricorrente censura come insufficiente la motivazione dell’avvenuta esclusione delle quattro tipologie di rifiuto residuale recanti codice CER 99: in particolare, mentre la motivazione circa il codice 20 01 99 è stata offerta successivamente, quella relativa agli altri tre codici mancherebbe del tutto.

L’Amministrazione sostiene che i codici CER 03 01 99, 07 01 99 e 12 01 99 non sarebbero stati proprio "richiesti dalla ditta istante in quanto non indicati nel foglio notizie di cui si allega copia e pertanto non necessitavano di motivazione in merito all’esclusione"; inoltre essi sarebbero stati identificati nelle perizie presentate dall’istante in maniera generica, e quindi in contrasto con la Dec. Comm. Europea 2000/532/Ce e s.m.i. e la circolare n. 661/Albo/Seg. Del. 19.4.2005.

Il Collegio rileva al riguardo che la circolare in questione:

– precisa che "nel caso di utilizzazione dei codici che terminano con le cifre 99, dovranno essere descritte, nella documentazione a corredo della domanda di iscrizione e/o variazione, le tipologie di rifiuti che l’impresa effettivamente gestisce o intende gestire".

Ora, nell’istanza la parte ha chiesto l’inserimento delle tipologie di cui alle perizie allegate per le categorie 1C e 4C. Non è contestato tra le parti che nella domanda sia presente il codice 20 01 99. Quanto agli altri codici CER 03 01 99, 07 01 99 e 12 01 99, i dati ricavabili dagli atti non sono univoci. Essi non sono presenti nella nota del produttore Refecta s.r.l.; tuttavia essi sono presenti comunque nelle perizie allegate. Nel caso in cui la perizia allegata rinvii a dette tipologie, un’interpretazione ragionevole dell’istanza comporta che gli stessi possano esser fatti rientrare nell’oggetto della medesima, posto che la menzionata circolare contempla la possibilità del rinvio alla documentazione allegata.

Sotto questo profilo, risulta fondata la censura di difetto di motivazione in relazione ad una situazione di fatto che non appare univocamente chiara neppure per relationem agli atti del procedimento, e che non è non suscettibile di integrazione postuma in giudizio (motivazione postuma appena abbozzata nella memoria trasmessa dall’Albo all’Avvocatura generale, con riferimento alla genericità della descrizione dei rifiuti medesimi, con una singola esemplificazione).

5. Va poi esaminato il terzo motivo di ricorso, che attiene al diniego espresso concernente il codice CER 20 10 99 – CAT. 1 C e 4 C)

Secondo l’Amministrazione questo rifiuto risulta, alla stregua della documentazione esibita dalla società istante, dalla pulizia di stabilimenti e quindi non rientra nella fattispecie dei rifiuti urbani, in quanto prodotto in luoghi diversi da quelli indicati nell’art. 184 del D. Lgs. n. 152/2006, il quale dispone al comma 2:

"Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;

e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e)".

Parte ricorrente in sintesi, muove dalla menzionata lettera b), che contempla i rifiuti assimilati agli urbani: in particolare, si tratta dei "rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g)". Essa ricorda altresì che l’allegato D, parte quarta, del D. Lgs. n. 152/06, al cap. 20 include nei rifiuti urbani i rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni, e ne ricava che l’assimilabilità sussiste pure in mancanza di uno specifico provvedimento di assimilazione da parte dell’ente locale, ai sensi dell’art. 198, comma 2, lettera g) del D. Lgs. n. 152/2006. In particolare, i rifiuti in cat. 4C, classificati con codice CER 20 01 99 come "rifiuti misti da pulizia stabilimenti", sarebbero trattabili come rifiuti speciali non pericolosi assimilabili agli urbani; e quanto al codice 1 C, la ricorrente intende far valere la facoltà di partecipare alle gare bandite dai Comuni che abbiano proceduto all’assimilazione.

Il Collegio ritiene fondata la censura sotto il profilo motivazionale, dato che l’Amministrazione avrebbe dovuto motivare sia sulla possibile sussistenza di eventuali condizioni di assimilabilità, sia sui presupposti di un’eventuale differenziazione in relazione alle categorie 1C e 4C.

6. Il ricorso è quindi fondato e va accolto, con assorbimento dei profili non esaminati, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

7. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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