Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 29-04-2011, n. 16639 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.S. presentava istanza di riesame avverso l’ordinanza custodiale emessa in data 26.06.2010 dal Gip presso il Tribunale di Napoli, per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa ex art. 416 bis, pluriaggravata, e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74;

Il Tribunale del riesame respingeva il reclamo con ordinanza del 15.07.2010;

Ricorre per cassazione B.S. a mezzo del suo Difensore, deducendo:

1)- Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e). per omessa e manifesta illogicità della motivazione nonchè per violazione di legge.

Il ricorrente censura la motivazione impugnata per avere ritenuto la sua partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso, pur in assenza di gravi indizi di colpevolezza;

al riguardo sarebbero insufficienti le dichiarazioni rese dal collaborante D.F. perchè unica fonte di accusa, sprovvista di adeguati riscontri individualizzanti;

– l’ordinanza sarebbe da censurare anche per non avere vagliato adeguatamente la credibilità intrinseca del collaborante, anche alla luce degli elementi indicati a discarico dall’indagato;

– la motivazione sarebbe insufficiente perchè non avrebbe individuato il ruolo rivestito dall’indagato all’interno dell’associazione;

– l’ordinanza sarebbe illogica per avere ritenuto sussistenti i gravi indizi in ordine all’imputazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74;

Per questi motivi il ricorrente conclude per l’annullamento della ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse da ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, lungi dall’essere privo di motivazione, indica compiutamente gli elementi gravemente indiziari emersi a carico dell’indagato, sottolineando:

– che il medesimo, detto "(OMISSIS)", era caratterizzato: – dall’essere il genero di A.P. moglie del boss P. S., – dall’essere molto "vicino" alla medesima A. (che aveva preso il posto del marito dopo il suo arresto) tanto da aver accompagnato la suocera in occasione dei periodici incontri con esponenti del "clan Sarno", finalizzati alla spartizione dei proventi ed alla soluzione dei problemi legati alla gestione delle attività illecite; -che tali circostanze erano state riferite dal collaborante D.F.F. il quale aveva precisato di avere partecipato ad alcune di queste riunioni, aggiungendo che il B. era addetto alla vendita ed alla distribuzione di sostanze stupefacenti, individuandolo anche come componente del gruppo Pagliuca, all’interno del quale gli era stata accordata la percentuale del 20% delle vendite che procurava per conto del medesimo gruppo;

– che il dichiarante era intrinsecamente credibile perchè proveniente dal contesto criminale descritto ed era provvisto di adeguati riscontri individualizzanti rinvenienti dalle lettere intercettate dal carcere, inviate dal boss P.P. al ricorrente (indicato come "(OMISSIS)");

– che, in particolare, in una di esse, il P. si compiaceva per la fedeltà dimostrata dal B. e, in altra, gli forniva istruzioni, incaricandolo di "guardare" P.M., dimostrando fiducia nel suo operato;

-il Tribunale indica come riscontro individualizzante anche il colloquio monitorato in ambientale, intervenuto tra P. P., A.P. e P.S., nel corso del quali i predetti si accordano per affidare la contabilità del settore droga proprio all’odierno ricorrente, ritenuto particolarmente affidabile ed idoneo per tale compito.

Si tratta di valutazioni del giudice di merito congruamente motivate ed esenti da illogicità evidenti, così da risultare incensurabili in questa sede di legittimità.

Le censure del ricorrente sono infondate perchè si fondano sulla negazione di adeguati riscontri alle dichiarazioni del D.F. che, invece, il Tribunale ha indicato in maniera convincente, come sopra ricordato;

in sostanza il ricorrente formula censure che si risolvono in valutazioni alternative delle stesse fonti di prova vagliate dal Tribunale, inammissibili in questa sede, ove, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se il provvedimento di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i "limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento" secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. sez. 4 sent n. 47891 del 28.09.2004 – Cass. sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999; Cass. sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993).

I principi ora ricordati evidenziano l’infondatezza anche dei motivi nei quali si censura come illogica la motivazione per non avere indicato con precisione il ruolo rivestito dall’indagato nell’organizzazione atteso, per un verso, che le condotte ritenute dal Tribunale risultano inquadrabili nell’ambito di un ruolo apicale – come ascritto nell’imputazione – e, per altro verso, si deve ricordare che la misura cautelare si colloca nell’ambito delle indagini preliminari, suscettibili di evoluzione alla luce delle indagini in corso e che la stessa imputazione deve ritenersi provvisoria e suscettibile di modifiche.

Anche riguardo all’imputazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 la motivazione risulta congrua laddove puntualizza l’importanza dell’incarico di gestione della "piazza" per mandato del capo clan P.P., per come emerso nella citata intercettazione ambientale.

Invero, in tema di misura cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (vedi Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Inoltre il giudice di merito, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’imputato, non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi prospettati dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del fatto e delle risultanze processuali, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della adozione del provvedimento cautelare rimanendo implicitamente disattese e superate tutte le altre argomentazioni.

Consegue il rigetto del ricorso.

Ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. il rigetto o la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte privata comportano la condanna di quest’ultima al pagamento delle spese del procedimento. Cassazione penale, sez. 6, 03 giugno 1994.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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