Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 29-04-2011, n. 16636 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 20.09.2010, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di: P.M. perchè indagato per il reato di spaccio di stupefacenti; L’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Napoli, con ordinanza del 09.07.2010, respingeva il reclamo, confermando il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione del Tribunale della libertà, ricorre per cassazione il difensore del P., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

– Il ricorrente censura la decisione impugnata per illogicità della motivazione e lamenta che il Tribunale non avrebbe proceduto al vaglio critico delle emergenze processuali che, riguardo al P., si sostanzierebbero in alcune intercettazioni telefoniche intervenute nell’arco di un’unica giornata tra B.G., D.F.R. e L.A., contenenti alcune brevi frasi e nelle quali si sentirebbe, nel sottofondo, la voce del P.;

– il ricorrente lamenta che il significato delle conversazioni non sarebbe chiaro ed univoco e che non vi sarebbero nemmeno elementi per attribuire con certezza all’indagato le frasi del sottofondo; – ugualmente insufficienti gli elementi indiziari provenienti dai collaboratori di giustizia S.P.M. e S. R., che riferiscono circostanze apprese "de relato" e per i quali il Tribunale avrebbe omesso i necessari controlli di credibilità ed attendibilità; CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Il Tribunale ha ampiamente, congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, osservando:

-che il P. era indagato per un episodio di approvvigionamento di stupefacenti in favore del capo clan B.G.;

– che da alcune telefonate – espressamente citate e riportate nell’ordinanza – emergeva che l’indagato aveva svolto un ruolo organizzativo in tale fornitura;

– che l’indagato era chiaramente identificato:

– sia per i soprannomi "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)" cui fa cenno il B. in una delle telefonate e: – sia perchè il medesimo B. per rintracciarlo lo fa cercare da un affiliato abitante nei pressi della salumeria dello stesso P.;

– che nel corso delle conversazioni si ode il P. che parla, nel sottofondo, con uno degli interlocutori, a nome L.A.;

Il Tribunale compie così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti, evidenziando come dalla vicenda emerge con chiarezza che l’intervento del P. in favore del gruppo B. deriva da un collaudato rapporto tra il predetto e gli altri personaggi coinvolti, dimostrativo del suo inserimento nel contesto dell’ambiente malavitoso dello spaccio di droga;

Il ricorrente individua, al contrario, la serie di illogicità riportate nella parte descrittiva del ricorso ma al riguardo si deve rammentare, quanto al vizio di "manifesta illogicità", che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, ancorchè munite, in tesi, di eguale crisma di logicità. A ciò dovendosi aggiungere che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella "evidente", cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi" senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Cassazione penale, sez. 4, 12 giugno 2008, n. 35318.

Quella del Tribunale è una motivazione sufficiente in questa fase cautelare, ove la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice, (Cass. pen. Sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Nè possono accogliersi le censure solevate in questa sede, tendenti all’analitica contestazione dei singoli passaggi delle molteplici dichiarazioni riportate, attesa la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato. (Cassazione penale, sez. 1, 01/04/2010, n. 19517) (Vedi anche: Cass. pen. n. 31454 del 2006).

In senso conforme: Cass. pen., sez. un., 19 gennaio 2006 n. 36267, Cass. pen. n. 11058 del 2010, Cass. pen. n. 35710 del 2006, Cass. pen. n. 22853 del 2006).

Consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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