Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 29-04-2011, n. 16628 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.M. presentava appello avverso l’ordinanza in data 14.09.2010 del Tribunale di Brindisi con la quale era stata respinta l’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare in carcere a suo tempo applicata per il delitto di tentata estorsione aggravata contestata al D. in concorso con altri coimputati;

Il Tribunale del riesame respingeva l’istanza con ordinanza del 19.10.2010, osservando che mancavano gli elementi di novità atti ad imporre la revoca o la modifica della misura cautelare;

Ricorre per cassazione il D., a mezzo del suo difensore, deducendo:

1)- Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) in relazione all’art. 299 c.p.p.; per manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente lamenta che il Tribunale del riesame aveva respinto l’istanza di revoca od attenuazione della misura motivando sulla carenza di elementi di novità rispetto alla situazione che aveva determinato l’emissione della misura cautelare senza illogicamente tenere conto del fatto che l’elemento di novità era dato dalla motivazione della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Brindisi, in sede di giudizio, ove la figura ed il ruolo del D. erano risultati fortemente ridimensionati, essendosi riconosciuto dal giudicante che il prevenuto era intervenuto solo nella fase finale della vicenda;

– l’illogicità della motivazione era resa ancora più evidente dalla disparità di trattamento con il principale coimputato B. G., per il quale, nonostante il suo riconosciuto ruolo preminente erano stati accordati gli arresti domiciliari, in contrasto con lo stato di detenzione in carcere mantenuto fermo per l’odierno ricorrente, pur riconoscendosi il suo ruolo minore;

Per questi motivi il ricorrente conclude per l’annullamento della ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, lungi dall’essere affetto dal vizio di illogicità, descrive in maniera chiara l’iter logico-motivazionale con il quale il Tribunale ha respinto l’istanza di revoca od attenuazione della misura cautelare in carcere, adempiendo all’onere di motivare riguardo agli elementi di novità indicati dall’appellante, osservando, del tutto correttamente, che dalla motivazione della sentenza di condanna non emergeva affatto un ruolo secondario del D. bensì, al contrario, un ruolo di primaria importanza, avendo egli rafforzato la condotta estorsiva già posta in essere dai correi, assumendo il ruolo di "responsabile di primissimo piano sia dell’azione estorsiva nel suo complesso che della "protezione" che sarebbe stata assicurata alla Monteco srl nel caso di assoggettamento alle richieste estorsive".

Sulla scorta di tali circostanze, il Tribunale, per un verso evidenzia l’inesistenza di elementi di novità e, per altro verso, con legittimo richiamo alla motivazione del provvedimento cautelare, ritiene del tutto adeguata la misura custodiale in carcere.

Si tratta di una valutazione del giudice di merito congruamente motivata ed esente da illogicità evidenti, sicchè appare incensurabile in questa sede di legittimità. (Cass. sez 4 sent n. 47891 del 28.09.2004 – Cass. sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999;

Cass. sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993).

In proposito va ricordato che, in tema di misura cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto alfine giustificativo del provvedimento, (vedi Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Consegue l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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