Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-03-2011) 29-04-2011, n. 16626

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Decidendo sull’appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Emilia avverso l’ordinanza del gip dello stesso Tribunale che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di L.A. e P.V., per il reato di tentata estorsione in concorso in danno di G.F., il Tribunale del riesame di Bologna, con ordinanza del 23.9.2010, disponeva la misura custodiale.

Secondo l’accusa, il L., divenuto cessionario di cambiali per un importo di Euro 10.000, originariamente rilasciate da G. F. a tale R.M., aveva preteso dal debitore, dopo il mancato pagamento dei titoli alla scadenza del 31.3.2010, il pagamento di interessi nella misura di Euro 4000 entro il 22.6.2010.

Il P. era quindi intervenuto nella vicenda sostenendo le ragioni del coindagato.

Ricorre il difensore di entrambi gli imputati, deducendo anzitutto il vizio di erronea osservanza dell’art. 273 c.p.p. e il difetto e l’illogicità della motivazione del provvedimento in ordine all’affermata sussistenza della gravità indiziaria.

Il Tribunale non avrebbe adeguatamente considerato, specie sotto il profilo dell’elemento psicologico del reato, che la pretesa del L. alla corresponsione di interessi sull’importo delle cambiali cedute, era nata solo successivamente alla cessione, a seguito dell’inadempimento del debitore, che avrebbe costretto l’imputato ad indebitarsi a propria volta ad un tasso di interesse superiore a quello legale.

In ogni caso, per quel che riguarda il P., i giudici territoriali non avrebbero convenientemente spiegato le ragioni per le quali lo stesso dovrebbe ritenersi implicato nella vicenda a titolo di dolo concorsuale, e non come semplice intermediario disinteressato.

Sotto il profilo delle esigenze cautelari, la difesa rileva il vizio di violazione dell’art. 275 c.p.p., riguardo alla valutazione della sussistenza del periculum libertatis.

Nei confronti del P., soggetto incensurato e coinvolto solo marginalmente nel fatto, sarebbe peraltro rilevabile anche l’incompatibilità della misura cautelare con la ragionevole previsione che con la futura sentenza di condanna gli sia concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena; quanto al L., il tribunale avrebbe illogicamente valorizzato un isolato e lontano precedente penale, e il presunto rilievo sintomatico del contenuto di una conversazione telefonica intercettata nemmeno attinente ai fatti in contestazione; entrambi gli indagati, infine, sarebbero "stabilmente inseriti nel tessuto sociale e produttivo".

Rileva il collegio che le valutazioni del tribunale in punto di gravità indiziaria non si prestano a censura alcuna sotto il profilo logico-giuridico.

Indubitabile è l’esosità degli interessi pretesi dal L. sull’importo originario della cambiali (ben 4.000 Euro nell’arco di meno di tre mesi sulla somma di Euro 10.000), e a nulla rileva che il creditore avesse assunto l’iniziativa usuraria solo dopo l’inutile scadenza dei titoli, mentre corrisponde, come bene notano i giudici territoriali, ad una deduzione difensiva del tutto sfornita di concreti riferimenti processuali la presunta necessità dello stesso L. di ricorrere a sua volta a prestiti a non meglio precisate condizioni onerose come conseguenza dell’inadempimento del G..

Quanto all’intervento nella vicenda del P., i giudici del riesame rilevano correttamente che lo stesso non si limitò, nei suoi ripetuti contatti con la persona offesa, al ruolo di nuncius di richieste usurarie del L., ma ne sostenne pretestuosamente il fondamento, con riferimento alle annotazioni delle vicende del rapporto cartolare effettuate dal L., e alla maggiorazione del "debito delle cambiali" con la somma "arrivata sul conto corrente per mancato pagamento".

La condivisione, da parte del P., degli interessi e dei metodi criminali del coimputato, autore di gravissime e ripetute minacce nei confronti della persona offesa, nemmeno contestate dalla difesa nei termini concreti evocati dall’accusa, è peraltro non illogicamente desunta dal tribunale anche dal contenuto della telefonata del 29.6.2010, in occasione della quale il P. fornisce al coimputato indicazioni per rintracciare il G., nonostante avesse appreso delle intenzioni apertamente aggressive del suo interlocutore nei confronti della persona offesa.

In punto di esigenze cautelari, le valutazioni dei giudici territoriali non si prestano a censura alcuna, sotto il profilo logico-giuridico, riguardo alla posizione del L., a proposito del quale nel provvedimento è sottolineata tra l’altro la sua personalità violenta ed aggressiva, rivelata anche dal contenuto della telefonata del 9.7.2010, non certo neutralizzabile nel suo valore sintomatico dalla considerazione difensiva della estraneità del contesto di riferimento alle vicende del presente procedimento, mentre non potrebbe ovviamente ritenersi decisiva l’interessata smentita di entrambi i ricorrenti sull’identificabilità del L. come uno dei due interlocutori, considerando anche la comparabilità delle caratteristiche vocali dei colloquianti con quelle rilevabili nelle conversazioni pacificamente intercorse tra i due ricorrenti.

Quanto al P., invece, i giudici territoriali finiscono per sottolineare contraddittoriamente, nelle valutazioni conclusive sulla sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati, un elemento di pericolosità messo in dubbio in precedenza proprio nel suo fondamento storico-fattuale.

Il tribunale ricorda a pag. 2, che all’esito di una perquisizione effettuata all’interno dell’appartamento in uso al ricorrente, era stata rinvenuta, tra l’altro, una pistola giocattolo, ma riconosce la dubbia riferibilità all’indagato del possesso dell’arma, custodita in una camera occupata da un altro soggetto.

Il possesso dell’arma viene però poi inopinatamente attribuito dai giudici, in termini di certezza, allo stesso P., ai fini della valutazione della sua personalità. Considerando che, in effetti, come rileva la difesa, ma come è sostanzialmente desumibile anche dalla motivazione del provvedimento impugnato, la partecipazione del ricorrente alla vicenda estorsiva in contestazione si sarebbe espressa in termini alquanto "defilati" e mai apertamente e direttamente aggressivi nei confronti della persona offesa, non consentendo di rilevare una specifica e sistematica attitudine dello stesso ricorrente all’uso personale di mezzi violenti e sopraffattori come strumento di perseguimento di interessi criminali, il particolare, che potrebbe apparire secondario, assume invece specifico rilievo per confermare il giudizio di pericolosità sociale del P. almeno in termini tali da postulare necessariamente l’esclusiva idoneità deterrente della più grave misura custodiale.

Sotto questo profilo, appare inoltre alquanto vago il riferimento ai precedenti di polizia del ricorrente contenuto nel provvedimento impugnato.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso del L. va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità; l’ordinanza impugnata va invece annullata nei confronti di P.V. limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di Bologna per nuovo esame sul punto, e con il rigetto, nel resto, del ricorso dello stesso P.. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di L.A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende; annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di P.V. limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di Bologna per nuovo esame sul punto; rigetta nel resto il ricorso di P.V.. Si provveda a norma dell’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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