T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 28-04-2011, n. 746 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 29 maggio e depositato il 16 giugno 2009, la F.lli D.F.V. e R. S.n.c., titolare di un’attività di autolavaggio esercitata su di un’area industriale in concessione dal Demanio, proponeva impugnazione avverso gli atti e provvedimenti in epigrafe, mediante i quali il Ministero dell’Ambiente – rilevata la situazione di inquinamento della falda idrica sottostante all’area in questione, inclusa nel sito di interesse nazionale di Massa Carrara -aveva ordinato ad essa ricorrente di adottare immediate misure di messa in sicurezza d’emergenza per le acque di falda, consistenti nel’emungimento delle acque contaminate e nel successivo trattamento delle stesse, onde impedire la diffusione della contaminazione, nonché di presentare entra trenta giorni il progetto di bonifica della falda. La società F.lli D.F. deduceva l’illegittimità delle determinazioni assunte dal Ministero procedente ed affidava le proprie doglianze a quattro motivi in diritto, concludendo per l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensiva.

Costituitosi in giudizio il Ministero dell’Ambiente, unitamente a quelli delle Attività Produttive e della Salute, con ordinanza del 2 – 3 luglio 2009 il collegio accordava la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 3 febbraio 2011, preceduta dal deposito di documenti e memorie difensive.
Motivi della decisione

La società F.lli D.F. impugna il decreto direttoriale del 2 marzo 2009, con cui il Ministero dell’Ambiente, approvando ai sensi dell’art. 14ter co. 6bis e 9 della legge n. 241/90 le prescrizioni stabilite dalla conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio precedente, le ha ordinato di adottare immediate misure di messa in sicurezza di emergenza e di procedere, successivamente, alla presentazione di un progetto di bonifica relativo alle acque di falda sottostanti l’area demaniale ove la predetta ricorrente svolge la propria attività di autolavaggio. Come accennato in narrativa, l’area in questione, ubicata in località Marina di Massa, è compresa all’interno del sito di interesse nazionale (S.I.N.) di Massa Carrara, individuato ai fini della bonifica a norma dell’art. 252 del D.Lgs. n. 152/06; l’ordine di messa in sicurezza e bonifica non è peraltro indirizzato alla sola ricorrente, ma riguarda, contestualmente, i titolari delle diverse attività operanti nella medesima area.

Nel rispetto dell’ordine logico delle questioni, occorre esaminare con priorità le censure di incompetenza dedotte dalla ricorrente con il quarto motivo, assumendo la ricorrente che gli atti impugnati avrebbero dovuto essere adottati non dal Direttore generale del Ministero, bensì dal Ministro dell’Ambiente d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli artt. 242 e 252 co. 4 del citato D.Lgs. n. 152/06.

Il motivo è infondato. La Sezione, in fattispecie del tutto assimilabili alla presente, ha infatti già avuto modo di chiarire che – in applicazione del generale principio della separazione tra attività di governo ed attività di gestione – gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnicogestionale degli organi esecutivi, giacché non contengono elementi di indirizzo politicoamministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Di conseguenza, essi non vanno adottati d’intesa o di concerto con altre autorità (per tutte, cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 19 maggio 2010, n. 1523).

Venendo ai profili di merito del gravame, con il primo motivo la ricorrente, premesso che la normativa europea e statale in materia ambientale fa gravare sui soli soggetti responsabili della contaminazione l’obbligo di dare attuazione alle attività di messa in sicurezza e di bonifica, nega di aver concorso alla contaminazione del sito di proprietà dello Stato e, pertanto, sostiene che l’amministrazione avrebbe errato nel chiamarla ad eseguire coattivamente quelle attività. Con il secondo motivo, è dedotta l’irrazionalità del sistema di contenimento idraulico prescritto dal Ministero, posto che, trattandosi di un’area ubicata all’interno di un più ampio sito interamente inquinato, una serie di interventi parcellizzati non avrebbe alcuna utilità, apparendo necessario, piuttosto, un intervento unitario coinvolgente l’intero S.I.N. nel suo complesso; la tesi sarebbe confermata, del resto, da uno studio elaborato dall’ICRAM su incarico dello stesso Ministero dell’Ambiente, i cui risultati sarebbero anche stati recepiti dalla conferenza di servizi del 10 febbraio 2009. Con il terzo motivo, infine, la ricorrente lamenta che le indagini, da cui è emerso lo stato di inquinamento della falda, sarebbero state condotte dall’A.R.P.A.T. in assenza di contraddittorio con l’interessata.

I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono fondati.

Il sistema delineato dagli artt. 242 e segg. del D.Lgs. n. 152/06, confermando il previgente assetto normativo, pone a carico dell’effettivo responsabile della contaminazione gli obblighi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, obblighi il cui adempimento da parte dei soggetti interessati, ma non responsabili, è configurato come una semplice facoltà, al punto che, nel caso di mancata individuazione del responsabile, la legge stabilisce che le opere di messa in sicurezza e di bonifica non possano venire coattivamente addossate a terzi soggetti pur interessati, ma vadano realizzate dalle amministrazioni competenti; queste ultime sono assistite, per il recupero delle spese sostenute, da un onere reale e da un privilegio speciale sul fondo, che tuttavia – ad ulteriore conferma del collegamento necessario tra responsabilità dell’inquinamento e obbligo di bonifica – sono esercitabili nei confronti del proprietario incolpevole solo a seguito di provvedimento motivato che giustifichi, tra l’altro, l’impossibilità di accertare l’identità del soggetto responsabile, ovvero che giustifichi l’impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto, ovvero la loro infruttuosità.

Tale sistema risponde, com’è noto, al principio "chi inquina paga" di derivazione europea, che consiste nell’imputazione dei costi ambientali al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita (fra le molte, cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2009, n. 3885). Nella fattispecie, al contrario, le indagini circa il superamento dei valori di legge per tetracloroetilene ed ammoniaca nella falda sottostante l’area demaniale su cui insiste l’attività della ricorrente non risultano accompagnate da adeguati approfondimenti in ordine alla effettiva imputabilità della contaminazione alla società F.lli D.F.. Questa opera, d’altro canto, in virtù di autorizzazione allo scarico in fognatura la cui regolarità non è in discussione, di talché non vi sono elementi dai quali inferire, anche in via presuntiva, che l’inquinamento della falda sia riferibile in tutto o in parte al soprastante autolavaggio, tenuto anche conto del fatto che, come detto, l’intera area del S.I.T. – e non soltanto la porzione occupata dalla ricorrente – è interessata dalla presenza degli stessi e di altri inquinanti. Le conclusioni raggiunte dalla conferenza di servizi in punto di accertamento della responsabilità non sono, dunque, suffragate da adeguata istruttoria, e finiscono per risolversi in una inammissibile equazione che dalla detenzione del fondo, passando per l’attività ivi esercitata, fa discendere l’obbligo di bonifica.

Altrettanto viziata risulta la determinazione del Ministero di imporre l’adozione di misure di messa in sicurezza d’emergenza volte ad impedire la diffusione della contaminazione della falda verso l’esterno. La scelta di fare luogo al confinamento della falda frazionato per ciascuno dei lotti ricadenti all’interno del S.I.T. di Massa Carrara contrasta, invero, con i risultati dello studio elaborato dall’ICRAM (ora ISPRA) per conto dello stesso Ministero, secondo il quale, escluso il ricorso ad elementi di confinamento fisico, è possibile individuare per la m.i.s.e. una soluzione unitaria relativamente all’intero sito, attraverso la realizzazione di un unico sistema di confinamento idraulico; e poiché il primo punto all’ordine del giorno della conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio 2009 attiene proprio alla discussione ed alla presa d’atto dei contenuti dello studio eseguito dall’ICRAM, in difetto di motivazione sul punto non è dato comprendere per quale ragione la conferenza abbia poi preferito seguire un’opzione in palese contrasto con le evidenze scientifiche disponibili ed, oltretutto, suscettibile di interferire con la soluzione prospettata come ottimale per l’intero S.I.T..

Si aggiunga che, ancora con riferimento allo studio ICRAM, nessuno dei pozzi che dovrebbero concorrere a formare l’unica barriera idraulica per la messa in sicurezza del S.I.T. cade all’interno dell’area oggetto di concessione alla F.lli D.F., dovendosi perciò escludere che gli obblighi imposti alla ricorrente possano trovare una qualche legittimazione sotto l’aspetto del contributo individuale alla più ampia opera di m.i.s.e. del sito di interesse nazionale.

L’impugnazione è altresì fondata relativamente alle censure con cui la ricorrente si duole di non essere stata messa in condizione di partecipare ai rilievi, dai quali è emersa l’esistenza della situazione di inquinamento della falda.

Per consolidata giurisprudenza, pienamente condivisa dalla Sezione, nei procedimenti in materia di bonifica ambientale ai destinatari dei provvedimenti assunti dall’amministrazione deve essere consentita la preventiva partecipazione al relativo procedimento, ivi compresa l’esecuzione degli accertamenti analitici, da eseguirsi in contraddittorio (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 3 marzo 2010, n. 594; id. 6 maggio 2009, n. 762). D’altra parte, i Ministeri resistenti non hanno dato prova – ai sensi e per gli effetti dell’art. 21octies della legge n. 241/90 – che, se anche la ricorrente avesse partecipato ai rilievi, il contenuto del provvedimento finale non sarebbe concretamente mutato.

In forza di tutto quanto precede, il ricorso va dunque accolto, con conseguente annullamento dell’impugnato ordine di m.i.s.e. e di bonifica, nonché degli atti ad esso presupposti e, segnatamente, del verbale della conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio 2009, nella parte in cui si riferisce alla posizione della società ricorrente.

Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla gli atti e provvedimenti impugnati.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per lege.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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