Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-02-2011) 29-04-2011, n. 16601

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Torino con sentenza del 25.3.2010, in parziale riforma della sentenza emessa il 23 luglio 2009 dal GUP presso il Tribunale di Torino, assolto l’imputato dalla contravvenzione sub c) perchè il fatto non sussiste, rideterminava la pena in anni due, mesi cinque e gg. cinque di reclusione ed Euro 453,00 di multa. Dopo lo smuramento di una cassaforte all’interno di una agenzia di assicurazioni e l’impossessamento di Euro 25,81 da un cassetto unitamente ad un mezzo di chiavi il ricorrente adoperava violenza nei confronti dei verbalizzanti causando lesioni personali al carabiniere V.G..

Veniva assolto dal reato di cui all’art. 651 c.p..

La Corte territoriale riteneva provato che vi fosse stata sottrazione di una somma dalla cassaforte posto che l’imputato fu trovato in possesso di Euro 25,81 e che non poteva rispondere al vero che, come da lui sostenuto, le avesse prelevate al bancomat posto che erano state prelevate solo Euro 20. I responsabili dell’agenzia avevano poi dichiarato che mancava la somma di trenta euro sottratta nella cassaforte.

Ricorre l’imputato che allega la contraddittorietà della sentenza impugnata; le tre ricevute del bancomat esibite dall’imputato erano per Euro 30 e quindi dimostravano la veridicità della tesi sostenuta dall’imputato. Quindi la somma che gli era stata trovata addosso era compatibile con quanto ritirato il giorno prima in Banca ma non corrisponde peraltro con quanto affermato dai responsabili dell’Agenzia.

Con il secondo motivo si deduce che la Corte territoriale nel ritenere più favorevole il cumulo materiale rispetto all’applicazione dell’art. 81 c.p., comma 4, non aveva considerato che gli aumenti irrogati in primo grado erano frutto della rigoroso applicazione della disposizione dell’art. 81 c.p., comma 4 e che quindi si trattava di pene eccessive rispetto alla reale entità dei fatti commessi.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Circa il primo motivo si tratta di deduzioni di fatto che peraltro non dimostrano l’estraneità del ricorrente, posto che il rappresentante dell’Actis ha dichiarato che dal cassetto trovato aperto dell’agenzia mancavano trenta euro precedentemente presenti (ed un portachiavi) e che non emerge o viene allegato alcun motivo per dubitare della credibilità di tali dichiarazioni.

Circa il secondo motivo si tratta di una deduzione che si sostanzia nell’allegazione dell’eccessività della pena comminata per i reati satelliti per la quale non vengono però offerti argomenti specifici.

L’incremento di pena per il reato di lesioni è stato ritenuto equo in misura pari a otto mesi di reclusione e, considerando la personalità del ricorrente, tale pena non appare manifestamente sproporzionata, nè- come detto- vengono offerti in tal senso argomenti di sorta in ricorso. Si tratta quindi di una censura in fatto e del tutto generica.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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