Cons. Stato Sez. IV, Sent., 29-04-2011, n. 2548 Enti locali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società E. s.r.l. impugna la sentenza del TAR Veneto, con cui è stato respinto il suo ricorso diretto avverso il diniego del permesso di costruire, motivato in relazione:

– al fatto che, nella zona E2 oggetto dell’istanza, è ammessa solo la realizzazione di maneggi;

– che la volumetria richiesta sarebbe stata comunque eccessiva;

– che non sarebbero stati sussistenti i presupposti per la deroga di cui all’art. 10, comma 6 della l. n. 104/92, perché la società richiedente non è una struttura di carattere sanitario.

Chiede inoltre il risarcimento del danno in una misura pari a euro 250.000, oltre a spese ed onorari.

L’appello è affidato a tre rubriche di gravame relative all’erronea applicazione dell’articolo 10, comma sei della legge 5 febbraio 1992 104; nonché eccesso di potere per vizio di motivazione, contraddittorietà ed errore sui presupposti di fatto e di diritto.

Si è costituito in giudizio il comune di Rubano, il quale con il proprio controricorso, ha contestato integralmente le argomentazioni di controparte, insistendo per il rigetto dell’appello.

La società ricorrente ha versato in giudizio rispettivamente:

– il "Manuale Operativo Regionale" per la progettazione ed i controlli delle attività assistenziali e terapeutiche con gli animali, ai sensi della legge regionale n. 3 del 3 gennaio 2005, contenente disposizioni in materia di terapie complementari;

– una nota del Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria, con cui si sottolineava che, da un lato, la normativa nazionale in materia di livelli essenziali di assistenza (ed in particolare di assistenza riabilitativa territoriale alle persone con disabilità) non contiene una lista positiva di prestazioni erogabili dal Servizio Sanitario Nazionale; e dall’altro che il Ministero della Salute non ha alcuna competenza a fornire chiarimenti circa l’interpretazione dell’articolo 10, comma sei della legge 104/1992 ai fini dell’approvazione dei progetti edilizi di centri riabilitativi localizzati in aree vincolate o a diversa destinazione urbanistica.

Con memoria in data 18 gennaio 2011, l’appellante ha sottolineato l’utilità e la rilevanza della detta produzione ai fini della conferma dell’esattezza delle proprie tesi.

La difesa del Comune ha eccepito la tardività, e comunque l’inammissibilità della produzione documentali nei sensi dell’articolo 104, comma 2 del c.p.a..

Chiamata all’udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

Deve ricordarsi che il provvedimento di rigetto impugnato, confermato con la sentenza qui appellata, è affidato al duplice rilievo per cui:

– sul piano soggettivo, la società appellante non è né una struttura di carattere sanitario del SSN o con esso convenzionata; né è un centro di riabilitazione e cura, ex art. 7 L. 104/1992 e smi; né è un ambulatorio o un centro di recupero e di rieducazione funzionale;

– sul piano oggettivo, da un lato, l’ippoterapia non è tuttora riconosciuta dal SSN e, dall’altro, vi è manifesta sproporzione tra la superficie dedicata all’attività ippoterapeutica e quella destinata a residenza e attività direzionale.

In linea preliminare deve rilevarsi che, per il medesimo ordine di ragioni introdotte in primo grado dal T.A.R., può nella specie prescindersi dall’esame delle eccezioni del Comune proposte in primo grado ed assorbite dall’appellata sentenza per il rigetto del ricorso, in ragione dell’infondatezza del presente appello, che priva l’appellante dell’interesse alla pronuncia sul punto.

L’appello è infondato.

– 1.Par.. Il primo motivo ed il primo profilo della seconda doglianza attengono ad una censura sostanzialmente identica ed in conseguenza, per evidenti ragioni di economia espositiva, vanno confutati in maniera unitaria.

– 1.1. Con il primo motivo si lamenta che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe frutto di un’errata valutazione dei presupposti normativi in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, l’articolo 10, comma 6 della legge n.104/92 (che prevede la realizzazione di interventi in materia edilizia destinata alla riabilitazione delle persone portatrici di handicap in variante alle disposizioni del PRG) non riguarderebbe solo i soggetti pubblici, ma si applicherebbe anche agli interventi dei privati.

Il terzo comma della predetta norma, che permette agli enti pubblici di contribuire economicamente alla realizzazione di centri socioriabilitativi — se letto in coordinamento con il sesto comma — non autorizzerebbe solo il finanziamento di tali iniziative da parte gli enti pubblici, ma al contempo, consentirebbe anche ai privati di far autonomamente luogo alla realizzazione, in variante, di strutture finalizzate al sostegno dei disabili.

Pertanto, una volta accertato che, nel caso, l’intervento era per i portatori di handicap, questa finalità avrebbe dovuto prevalere sui vincoli urbanistici.

– 1.1. Erroneamente e contraddittoriamente, per la sentenza nominata, l’applicazione del VI comma della norma in questione "comportail pericolo che venga vanificata o comunque sminuita la strategia e la logica della pianificazione urbanistica del territorio per come posta in essere dall’ente di autonomia locale", mentre al contrario la norma de qua (VI co. appunto) sarebbe stata concepita per legittimare i soggetti privati a proporre interventi in deroga alla pianificazione vigente (primo profilo seconda doglianza).

– 1.3.L’assunto va complessivamente respinto.

L’interpretazione della norma operata dal TAR appare infatti del tutto esatta.

Il comma sesto dello stesso art. 10 della L. n.109/1992 prevede che l’approvazione dei progetti edilizi concernenti immobili da destinare alle comunità alloggio e ai centri socioriabilitativi — ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione — costituisca variante del piano regolatore (fatte solo salve le norme previste in materia di vincoli paesaggistici ed ambientali).

Ciò posto deve, in linea di principio, escludersi che l’eventuale rilascio del permesso di costruire ad un soggetto privato possa costituire una "approvazione" idonea senz’altro ad integrare una variante del piano regolatore ai sensi della norma in questione.

Il primo comma dell’articolo 10 andava ricondotto all’alveo di cui alla legge sulle Autonomie locali n.142/1990 (poi trasfusa nel successivo T.U. n. 267/2000). I Comuni (ma anche i loro consorzi, Province, comunità montane, ASL, etc.) hanno un fondamentale ruolo istituzionale in materia di servizi sociali; e, dunque, a loro spetta ordinariamente la realizzare dei centri socioriabilitativi. In conseguenza, contrariamente a quanto vorrebbe la società appellante, il medesimo 6° comma dell’art. 10 della legge n. 104/92, quando prevede "l’approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunitàalloggio ed ai centri socioriabilitativi" fa un diretto, ed espresso, rinvio, tra l’altro, al comma 3 del medesimo articolo.

Tale richiamo delimita – senza possibilità di equivoci – l’ambito soggettivo dei soggetti privati: possono essere promotori di iniziative in favore dell’handicap gli "…enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali " se, ed in quanto, sono specificamente beneficiari di contributi e sovvenzioni e che qualora vi sia stato il previo parere della regione sulla congruità dell’iniziativa, rispetto ai programmi regionali.

Il corretto inquadramento del comma 6° dell’art.10 deve essere fatto in collegamento con il 1° ed il 3° per cui quindi appare al Collegio evidente che la norma prende in considerazione unicamente:

– enti pubblici e loro organismi che agiscano nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali;

– cooperative e volontari privati iscritti nei registi volontari, ma solo se ed in quanto finanziate in coerenza con la programmazione sanitaria regionale in materia di cura e riabilitazione.

L’ "approvazione del progetto" richiesta dall’art. 10 comma 6 L. 5 febbraio 1992 n. 104 non è del responsabile del procedimento edilizio, ma è quella di competenza del Consiglio comunale.

Sul piano sistematicoistituzionale, la deroga alla normale cogenza degli strumenti urbanistici costituisce una manifestazione dello stesso organo titolare dei poteri di pianificazione territoriale.

Per questo "l’approvazione" di un’iniziativa pubblica o sovvenzionata da parte del Consiglio Comunale può avere, in via di eccezione, il valore e gli effetti propri della variante agli strumenti urbanistici.

In altri termini, al contrario di quanto suggerisce la società ricorrente, l’interpretazione sistematica della norma nell’ambito complessivo delle disposizioni dell’ordinamento che disciplinano la materia dell’assistenza e dell’urbanistica implica che debba negarsi la legittimazione dei privati a pretendere l’applicazione dell’art. 10, comma 6 della L. n.104/1992, proprio perché il ricorso indiscriminato ad edificazioni formalmente collegate con le finalità di cui a detta legge si risolverebbe nella nullificazione di fatto della pianificazione posta in essere dall’Ente Locale, senza alcuna possibilità per lo stesso Ente di contrastare il fenomeno.

Nel caso in esame il progetto promosso dalla società appellante non poteva, in nessun caso, essere ricollegato né ad ente pubblic, né ad un’iniziativa di pubblico interesse, per cui difettava dei requisiti soggettivi per poter beneficiare dell’eccezione alla ordinaria generale vincolatività delle disposizioni di PRG; restando, in conseguenza, del tutto inconferente il vincolo di destinazione ventennale promesso nella sua istanza.

– 2. Con il secondo profilo del motivo si deduce che erroneamente il TAR Venezia avrebbe affermato la mancanza di una legge che riconosca l’ippoterapia come attività riabilitativa; esso non avrebbe ritenuto sufficiente, a tal fine, la legge regionale Veneto n. 22/2002; ed avrebbe finito per vanificare la valenza scientifica dell’ippoterapia, ancorché la stessa, allo stato, non sia convenzionabile con la regione. L’ufficio legislativo del Ministero della Salute avrebbe, invece, riconosciuto che la norma potrebbe essere interpretata nel senso di riconoscere la facoltà a soggetti privati diversi da quelli richiamati dal comma 3° ed il Direttore Generale della prevenzione avrebbe sottolineato che i LEA non contengono una lista positiva di prestazioni erogabili dal servizio sanitario nazionale. Inoltre, con D. M. del 18 giugno del 2009 sarebbe stato creato il "Centro di referenza nazionale degli interventi assistiti dagli animali" presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, e il centro gestito dalla società ricorrente sarebbe incluso tra le strutture che curano le attività di "Pet Therapy".

L’assunto è inconferente, oltre che infondato.

E’ in conferente, in conseguenza delle precedenti considerazioni relative alla mancanza in capo alla ricorrente del requisito soggettivo necessario per poter beneficare della disposizione di cui all’art. 10 L. n.104/1992 e smi.

E’ comunque giuridicamente privo di pregio, in quanto nel caso di specie mancava anche il requisito di carattere oggettivo relativo alla natura dell’attività di riabilitazione.

Esattamente il Tar ha rilevato che, in assenza di una disposizione normativa o regolamentare ad hoc, l’ippoterapia, in quanto non ricompresa nei LEA e non accreditabile con il servizio sanitario nazionale ai sensi della L.R.Veneto 16 agosto 2011 n. 22, non può essere riconosciuta come attività di cura e di riabilitazione, ma solo come " trattamento di supporto, integrativo e complementare da affiancarsi alle ordinarie cure mediche" (così l’art. 1 della L.R. Veneto 2 gennaio 2005 n. 3).

Né, a mutare tale avviso, vale la creazione di un "Centro di referenza nazionale degli Interventi assistiti dagli animali", che appare un istituto mirato a verificare più che altro il benessere degli animali e non quello dei soggetti utilizzatori, come dimostra la sua sede presso l’Istituto Zooprofilattico!

In sostanza, dunque, nel caso mancava pure il requisito oggettivo della diretta riconducibilità dell’attività sanitaria di recupero funzionale delle persone svantaggiate.

– 3.Par.: Con il terzo profilo di gravame si ripropone il motivo di doglianza relativo alle caratteristiche tipologiche dell’intervento, che non sarebbe stato esaminato in primo grado, e con il quale si era dedotto il difetto di motivazione del provvedimento impugnato in primo grado nella parte in cui riteneva "sostanzialmente ripropositiva dell’originario progetto la variante successivamente proposta — peraltro con la consulenza del Centro di Riabilitazione Equestre dell’Ospedale Niguarda — rispetto alla prima domanda. La società invece: — aveva ampliato gli spazi dedicati all’attività assistenziale terapeutica; – aveva ridotto le aree destinate alla funzione residenziale da 115,02 a 75,86 e direzionale a 69.64 mq; — aveva diminuito la superficie coperta dove poter svolgere attività nel periodo invernale. Le dichiarazioni rese dal sindaco alla stampa locale avevano indotto la società a ritenere che il progetto fosse stato ritenuto di particolare interesse; di qui la contraddittorietà delle affermazioni sul punto.

L’assunto va respinto.

Deve infatti rilevarsi che la motivazione del diniego appare logicamente ineccepibile sopratutto se si tiene conto in concreto della relativa estensione del terreno oggetto dell’intervento in questione (soli mq. 3.070: paragonabili ad un giardino condominale) di cui è proprietaria l’appellante.

Nel contrasto tra le diverse metrature indicate al riguardo negli scritti difensivi delle parti — anche a voler considerare le cifre minori proposte dalla ricorrente — appare ictu oculi evidente che pure nel terzo progetto la consistente cubatura destinata a residenza e direzione assicura logico fondamento alla motivazione del provvedimento del Comune, ancorata all’eccesso di volumi della richiesta, anche nelle minori dimensioni di cui al suddetto ultimo progetto.

Legittimamente il Comune ha respinto un’operazione immobiliare totalmente incompatibile sia con la destinazione della Zona, classificata E2parco rurale, dove è consentito realizzare maneggi senza la realizzazione di consistenti opere in muratura, sia con le stesse finalità dell’ippoterapia che, oltre dell’apporto dei cavalli, necessita per sua natura di un’adeguata cornice naturalistica.

– 4.Par.. In conclusione l’appello è complessivamente infondato e deve essere respinto, unitamente, in conseguenza, alla domanda risarcitoria.

In relazione all’assoluta novità della questione le spese possono tuttavia essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

1. respinge l’appello, come in epigrafe proposto, e la relativa istanza risarcitoria;

1. spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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