Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-07-2011, n. 16751 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso depositato il 19 settembre 2006 G.G. e G.R. chiedevano alla Corte di Appello di Salerno il riconoscimento dell’equo indennizzo per l’irragionevole durata di un giudizio promosso il 3 giugno 1999 dinanzi al Tribunale di Cosenza, definito da detto giudice con sentenza del 1 giugno 2006.

Costituitasi l’Amministrazione convenuta, con decreto del 14 dicembre 2006 – 21 giugno 2007 la Corte adita rigettava la domanda, osservando che il periodo di quattro anni eccedente la durata ragionevole del processo non era imputabile all’amministrazione della giustizia, tenuto conto che il periodo intercorso tra il 13 gennaio 2000, data della prima udienza, ed il 28 ottobre 2004 era stato assorbito dalle difficoltà insorte nel procedere al rinnovo della notifica dell’atto di citazione e poi dall’intervallo tra il decesso del difensore e la operata riassunzione.

Condannava pertanto i ricorrenti al pagamento delle spese di lite.

Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per cassazione il G. e la Gr. deducendo due motivi.

Alla precedente udienza del 2 dicembre 2010 questa Corte, rilevato che il ricorso era stato notificato all’Avvocatura Distrettuale di Salerno, ha dato termine per il rinnovo della notifica all’Avvocatura Generale dello Stato. I ricorrenti hanno provveduto all’incombente nel termine concesso ed il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso.

All’esito della camera di consiglio il Collegio ha disposto darsi luogo a motivazione semplificata.

Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e art. 6 p.1 della CEDU, censurano il provvedimento impugnato per aver fatto riferimento, nell’escludere che il ritardo fosse imputabile all’amministrazione, alla data della prima udienza, e non a quella di iscrizione della causa a ruolo, e per aver ascritto interamente alla parte il tempo intercorso tra la data della interruzione e quella della riassunzione. Deducono altresì difetto di motivazione nell’avere ritenuto la semplicità del caso. Va al riguardo precisato che il quesito richiesto dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, posto a corredo del motivo attiene soltanto alla censurata detrazione, ai fini della determinazione del ritardo imputabile all’Ufficio, del periodo di interruzione del processo a seguito del decesso del difensore: tale limitazione del quesito di diritto rende di per sè inammissibile il motivo, in quanto non consente l’esame della legittimità dell’ulteriore detrazione operata dalla Corte di Appello, nell’ambito dei quattro anni globalmente considerati, dell’altro periodo di non attività determinata dalle difficoltà insorte per rinnovare la notifica dell’atto di citazione.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 2, con riferimento alla giurisprudenza della CEDU in tema di non soccombenza e di esclusione della condanna alle spese di lite anche in caso di rigetto del ricorso.

La censura è infondata.

Costituisce orientamento del tutto consolidato di questa Suprema Corte che nei giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo trova applicazione la disciplina generale della responsabilità delle parti e della condanna alle spese processuali, in virtù del richiamo operato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, non ponendosi tale disciplina in contrasto con l’art. 34 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, come modificata dal protocollo n. 11, atteso che l’impegno a non ostacolare l’effettivo esercizio del diritto non postula che la parte, la cui pretesa si sia rivelata priva di fondamento, debba essere sottratta alla statuizione sulle spese processuali (v. per tutte Cass. 2009 n. 16542; 2007 n. 14053; 2004 n. 23789; 2003 n. 18204; 2003 n. 13211).

Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 950,00 per onorario, oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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