Cons. Stato Sez. V, Sent., 29-04-2011, n. 2554 Liste elettorali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

r delega dell’Avv. Ernesto Sticchi Damiani, e Quinto;
Svolgimento del processo

Il T.A.R. Puglia, Sezione di Lecce, I Sezione, con sentenza 23 aprile 2011, n. 732 ha accolto il ricorso proposto dalla sig.ra G. B. per l’annullamento del verbale n. 40 del 16.4.2011 con il quale la Sottocommissione Elettorale Circondariale di Lecce ha deliberato la ricusazione della lista presentata per le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011 del Comune di Cavallino recante il contrassegno "Cerchio a tre fasce di colore rossobiancoverde. In alto scritta "Libera Azione" al centro simbolo di "Io SudUDCPatto per le Libertà". In basso scritta "Per Cavallino e Castromediano"; nonché per l’accertamento del diritto a partecipare alla competizione elettorale sopra detta.

Ha osservato il Tribunale che dalla circostanza che nei fogli contenenti le sottoscrizioni dei presentatori fossero indicati i nominativi dei promotori della sottoscrizione la ricorrente ha fatto derivare la possibilità che i sottoscrittori potessero risalire alla lista e ai candidati nella stessa contenuti.

Tanto è stato ritenuto che costituisse di per sé indizio insufficiente a dimostrare la compiuta formazione della volontà dei sottoscrittori della lista ed alla consapevolezza degli stessi di presentare la lista "Libera Azione" nelle articolazioni costituite dal candidato Sindaco e dai candidati Consiglieri Comunali, tenuto conto che l’iter seguito nella formazione dei modelli riproduce grosso modo quello delineato del modello ministeriale acquisibile via internet.

Il primo Giudice ha tuttavia rilevato che detto indizio è stato corroborato dalla presentazione delle dichiarazioni nelle quali 104 dei 126 sottoscrittori affermano di aver presentato la lista "Libera Azione" costituita dal candidato Sindaco e dai candidati Consiglieri Comunali risultanti dalla prima e seconda pagina dell’allegato n. 1.

Tale elemento è stato ritenuto utile in base alla configurazione del giudizio in materia elettorale, che non sarebbe limitata alla conformazione della pretesa dei cittadini a partecipare alla competizione elettorale data dal provvedimento della Sottocommissione Elettorale ma investe il diritto dei cittadini a partecipare alla competizione in parola, pur nella definizione dello schema normativo.

Poiché la presentazione delle liste deve avvenire nel rispetto delle formalità prescritte dall’art. 28 del D.P.R. n. 570 del 1960, l’esistenza di elementi che costituiscono indizi dell’osservanza di dette formalità, e cioè della coscienza e volontà del prescritto numero di elettori di presentare alla competizione elettorale una lista composta da un determinato candidato Sindaco e da determinati candidati Consiglieri Comunali, è stato quindi ritenuto che potesse essere compiutamente dimostrata attraverso la prova che di essa è stata data in giudizio, con conseguente accoglimento del ricorso.

Gli avvocati M. L. e G. G. hanno chiesto l’annullamento di detta sentenza sostenendo che alla fattispecie è applicabile il principio della forma sostanziale o vincolata, che implica il rigoroso rispetto delle formalità di cui al citato art. 28, che, anche se attenuato secondo alcune decisioni giurisprudenziali, riconosce la possibilità del ricorso a forme equipollenti solo in presenza di specifiche garanzie in ordine alla consapevolezza dei sottoscrittori di aderire ad una determinata coalizione politica.

Anche se potesse essere fatta applicazione del principio della strumentalità delle forme devono essere rispettati i parametri normativi fissati dall’art. 28 della legge n. 570/1960 per valutare la ammissibilità delle liste, quali la unicità documentale e la inequivoca riferibilità delle sottoscrizioni ai candidati, ma, soprattutto, la riconoscibilità di esse.

Il T.A.R. ha escluso ogni utilità al richiamo nei moduli di sottoscrizione ai nominativi del promotore o presentatore, che è stato dedotto in ricorso avrebbe dovuto dimostrare che avrebbe consentito ai sottoscrittori di risalire alla lista e ai candidati nella stessa contenuti, ma ha comunque affermato la surrogabilità delle forme richiesta dalla legge mediante semplici autodichiarazioni di 104 sottoscrittori, così ricostruendo ex post quelle indicazioni che la legge richiede che sia fornita ex ante e scrutinando la legittimità dei provvedimenti impugnati non sulla base dei documenti che la Commissione elettorale era chiamata a controllare e a valutare, ma modificando in base a postume autocertificazioni il quadro documentale offerto agli Uffici elettorali.

Secondo l’appellante neppure sarebbe condivisibile quanto affermato dal T.A.R. circa l’ampiezza dei poteri esercitabili nel giudizio elettorale, trattandosi comunque di un giudizio impugnatorio nell’ambito del quale la legittimità del provvedimento va comunque valutata con riferimento alla situazione in atto al momento della adozione del provvedimento stesso.

Si è costituita in giudizio la signora G. B., che, con successiva memoria, ha innanzi tutto eccepito la inammissibilità dell’appello perché proposto da soggetti non legittimati, atteso che l’art. 129, comma 8, del c.p.a. prevede che il ricorso in appello deve essere notificato direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, e ha poi dedotto che la normativa in materia ha previsto la possibilità di impugnazione di un atto preparatorio di esclusione di una lista o di un candidato solo da parte del delegato di lista, con impossibilità di proporre ricorso contro l’ammissione di una lista o di un candidato e quindi nemmeno proporre appello contro una sentenza che ha disposto tali ammissioni. Ha infine eccepito che comunque solo i delegati delle liste ammesse potrebbero essere legittimati a proporre appello, ma mai i candidati, che comunque non sono controinteressati e comunque non subiscono alcun pregiudizio attuale dalla ammissione.

Nel merito ha dedotto che il principio di vincolatività delle forme è superato dalla più recente giurisprudenza, che ha ritenuto il principio di strumentalità delle forme come quello più rispondente alla fondamentale esigenza di far esprimere appieno il corpo elettorale.

Nel caso di specie sarebbero emersi numerosi elementi che, complessivamente considerati, deporrebbero nel senso della riconducibilità della volontà alla lista di cui trattasi, quali la espressa indicazione dei promotori della lista, la utilizzazione dei moduli predisposti dal Ministero, la dichiarazione resa dal segretario comunale, la autenticazione da parte di un unico autenticatore, la raccolta delle firme nello stesso giorno e in uno stretto arco temporale, la affissione di manifesti murali alle pareti del comitato con deposito della lista sulla scrivania dove si raccoglievano le firme e la circostanza che i moduli integrativi erano stati presentati tenuti insieme da una graffetta e contenuti in una unica cartella.

Il T.A.R. ha dato rilievo alla presentazione in giudizio delle dichiarazioni di 104 sottoscrittori ritenendola valida non a costruire ex post la prova della volontà dei sottoscrittori, quanto invece a ricostruire la loro effettiva volontà attraverso la dichiarazione di circostanze effettivamente preesistenti e riscontrabili anche successivamente.

Ha quindi riproposto la richiesta di prova testimoniale e concluso per la reiezione dell’appello.

Alla pubblica udienza del 29.4.2011 la causa è stata trattenuta in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di udienza.
Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in esame è stata chiesta la riforma della sentenza in epigrafe indicata di accoglimento del ricorso proposto dalla sig.ra G. B. per l’annullamento del verbale n. 40 del 16.4.2011 con il quale la Sottocommissione Elettorale Circondariale di Lecce ha deliberato la ricusazione della lista presentata per le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011 del Comune di Cavallino recante in alto scritta "Libera Azione"; nonché per l’accertamento del diritto a partecipare alla competizione elettorale sopra detta.

2.- Preliminarmente rileva il Collegio che l’appello risulta notificato alla Sottocommissione Elettorale Circondariale Presso la Prefettura di Lecce e alla Prefettura di Lecce anche presso l’Avvocatura Generale dello Stato, a mezzo fax, notificazione la cui regolarità non è stata specificamente contestata in giudizio.

3.- Ancora in via preliminare la Sezione ritiene di non poter condividere la eccezione di inammissibilità dell’appello formulato dalla difesa della sig.ra G. Pascià perché proposto da soggetti non legittimati, atteso che l’art. 129, comma 8, del c.p.a. prevede che il ricorso in appello deve essere notificato direttamente dal ricorrente o dal suo difensore, sicché unica parte legittimata ad appellare la sentenza sarebbe il ricorrente di primo grado e i controinteressati in primo grado potrebbero essere destinatari dell’appello, ma non proponenti. Ha inoltre dedotto che la normativa in materia ha previsto la possibilità di impugnazione di un atto preparatorio di esclusione di una lista o di un candidato solo da parte del delegato di lista, sicché non sarebbe possibile proporre ricorso contro l’ammissione di una lista o di un candidato e quindi nemmeno proporre appello contro una sentenza che abbia disposto tali ammissioni. Ha infine eccepito che comunque solo i delegati delle liste ammesse potrebbero essere legittimati a proporre appello, ma mai i candidati, che comunque non sono controinteressati e comunque non subiscono alcun pregiudizio attuale dalla ammissione.

L’art. 129 del c.p.a., che attiene esclusivamente alle controversie aventi ad oggetto la esclusione di liste o di candidati, prevede invero che esso debba essere notificato agli eventuali controinteressati e che l’affissione di una copia del ricorso da parte dell’Ufficio che ha emanato l’atto ha valore di notifica per pubblici proclami a tutti i controinteressati.

Tanto comporta che in ordine a queste esclusioni esistono controinteressati – i candidati di altre liste che sono quindi legittimati a proporre appello contro la sentenza che ha inciso sul loro interesse a vedere ridotto il numero delle liste concorrenti, che appare attuale e non altrimenti tutelabile, considerato che il successivo art. 130 del c.p.a. stabilisce che, salvo quanto disposto dal citato art. 129, contro tutti gli altri atti del procedimento elettorale è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale.

4.- Nel merito l’appello è fondato e merita accoglimento.

Posto infatti che lo stesso T.A.R. ha dato atto della circostanza che dagli atti acquisiti in giudizio è risultato che, anche se sulla prima pagina del modulo fornito per la presentazione era presente un chiaro riferimento al contrassegno della lista di cui trattasi, non sussiste la certezza che, trattandosi di fogli separati, al momento della firma fossero stati effettivamente mostrati ai presentatori i fogli con l’indicazione della lista, va ritenuto che la mancata alligazione in un unico plico dei fogli recanti le firme in questione non permette di ritenere che i sottoscrittori siano stati adeguatamente posti in grado di risalire alla lista e ai candidati nella stessa contenuti.

Né può concordarsi con il Giudice di prime cure che detta incertezza potesse essere superata mediante produzione in giudizio delle autodichiarazioni della quasi totalità di essi sottoscrittori, essendo impossibile valutare la legittimità dei provvedimenti impugnati non sulla base dei documenti che la Commissione elettorale ha controllato e ha valutato, ma sulla base di autocertificazioni postume estranee al quadro documentale ad essa a suo tempo offerto e sulla base del quale ha espresso le sue determinazioni.

Tanto esclude pure che il giudizio mediante ricorso a dette autocertificazioni sia consentito per la particolare configurazione del giudizio in materia elettorale, che investe il diritto dei cittadini a partecipare alla competizione in parola, trattandosi comunque di un giudizio impugnatorio nell’ambito del quale la legittimità del provvedimento va comunque valutata con riguardo alla situazione esistente all’atto della adozione del provvedimento del quale è dedotta la illegittimità.

In conclusione l’appello deve essere accolto e va respinto il ricorso di primo grado.

5.- Sussistono, comunque, le ragioni di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c., come modificato dall’art. 45, comma 11, legge n. 69 del 2009, per compensare fra la parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) accoglie l’appello e, per l’effetto, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *