Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-01-2011) 29-04-2011, n. 16731

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 23/3/2009 il Tribunale di Torre Annunziata condannava A.C. per il furto aggravato di gasolio sottratto dal serbatoio dell’Ufficio Postale di (OMISSIS) (acc. in (OMISSIS)).

All’imputato veniva irrogata la pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione ed Euro 750 di multa, con la contestata recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale. Con sentenza del 3/12/2009 la Corte di Appello di Napoli confermava la pronuncia di condanna. Osservava il giudice di merito, in ordine alla affermata penale responsabilità dell’imputato, che:

– in data (OMISSIS) F.A., carabiniere in servizio presso la stazione di (OMISSIS), vedeva un’autobotte parcheggiata all’esterno dei locali dell’ufficio postale, che aveva collegato un tubo con una pompa al serbatoio di gasolio dell’Ufficio Postale;

– nel cortile erano presenti due uomini e la direttrice dell’ufficio M.V.;

– entrato nel cortile, mentre chiedeva informazioni alla direttrice, i due uomini saliti a bordo dell’autocarro cercavano di allontanarsi;

– il carabiniere bloccava il mezzo, ma il conducente riusciva a fuggire, mentre il passeggero veniva fermato;

– il fermato, veniva identificato in N.G. e tratto in arresto (già giudicato con rito direttissimo) per furto aggravato;

– il veicolo risultava intestato ad A.C.;

– la M. riferiva che i due si erano presentati come incaricati dalla Regione Campania per la pulizia del serbatoio (circostanza poi accertata essere falsa);

– non aveva aperto il cancello dell’ufficio, tuttavia i due erano riusciti a collegarsi al serbatoio dell’ufficio attraverso un tubo collegato all’autobotte sulla quale essi viaggiavano; infatti aveva visto un liquido trasparente che passava dal serbatoio alla cisterna dell’autobotte;

– mentre meditava di chiamare le forze dell’ordine, era sopraggiunto il Carabiniere F., al quale aveva narrato l’accaduto.

Osservava il giudice di merito che alla luce di tali fatti era incontestabile la sottrazione del gasolio, per il travaso fattone sull’autobotte dell’ A. e nessun pregio avevano le considerazioni difensive dell’imputato.

Invero questi aveva riferito che era titolare di una ditta specializzata nella pulizia dei serbatoi ed il giorno del fatto, a bordo della sua autobotte ed in compagnia di N.G., aveva attraversato i piccoli comuni della costiera amalfitana, offrendosi di prelevare gratuitamente i liquami dai serbatoi. Così aveva fatto anche presso l’Ufficio Postale. Pertanto il liquido aspirato dal serbatoio dell’ufficio postale era dunque solo un liquame di scarico.

Le operazioni di travaso erano state interrotte a causa di un guasto e non era vero che aveva tentato la fuga.

Osservava il giudice di merito che la tesi difensiva dell’ A. era smentita dalle altre risultanze istruttorie, in particolare dalle concordi dichiarazioni del teste M.V. e del carabiniere F. (il quale dopo il fermo del veicolo, lo fece portare in caserma dello stesso autista).

La direttrice dell’ufficio postale aveva dichiarato che i due uomini le avevano detto di avere ricevuto mandato dalla Regione Campania, per procedere alla pulizia del serbatoio. Sia la direttrice che il Carabiniere avevano inoltre riferito che i due uomini si erano subito allontanati dal luogo del fatto, dopo l’arrivo del F., mentre questi si colloquiava con la M.. In particolare, al momento del fermo del veicolo, l’ A. si era reso irreperibile con la fuga. Sulla base di tali valutazioni veniva confermata la condanna dell’imputato.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato lamentando:

2.1. il travisamento della prova in quanto il giudice di merito aveva fondato la prova della responsabilità dell’ A. su circostanze non emergenti dagli atti (quale l’invito della M. ad interrompere le operazioni), ovvero travisate, quale la fuga dell’ A. e l’affermazione che il camion funzionasse;

2.2. il difetto di motivazione sull’effettivo impossessamento del gasolio di cui non era stata accertata la sottrazione;

2.3. l’erronea applicazione della legge penale, laddove era stato riconosciuta la sussistenza dell’aggravante del mezzo fraudolento ( art. 625 c.p., n. 2), per non avere il giudice di merito valutato che il consenso della M. al prelievo delle scorie era stato determinato non dal fatto che l’ A. ed il suo complice si erano presentati come incaricati regionali, ma "per pietà", lasciando intendere che non era stata tratta in inganno;

2.4. l’erronea applicazione della legge penale, laddove non era stata riconosciuta la attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, in ragione del breve arco temporale in cui era stato svolto il prelievo del gasolio;

2.5. la mancata applicazione del temperamento sanzionatorio di cui all’art. 63 c.p., comma 4 in relazione alla concorrenza delle aggravanti di cui all’art. 625 c.p., n. 2 e della recidiva reiterata;

2.6. il difetto di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e di una diminuzione della pena.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1. In ordine al primo motivo ed al secondo motivo di censura, va osservato che questa Corte ha più volte ribadito che nel giudizio di cassazione è consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano.

Nel caso di specie, però, l’articolazione dei motivi di ricorso è fondata su estrapolazioni delle dichiarazioni testimoniali della M. e del verbalizzante che, a ben vedere, mirano a dedurre un non consentito "travisamento del fatto", invitando, in modo inammissibile, il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.

Peraltro, come osservato nel provvedimento impugnato e nella sentenza di primo grado, tre circostanze depongono a favore della attendibilità e coerenza della ricostruzione del fatto e quindi della responsabilità dell’imputato (e del suo complice):

l’ A. ebbe a presentarsi al Direttore dell’ufficio Postale allegando una falsa qualità di incaricato della Regione Campania;

effettivamente vi fu il travaso del gasolio, come deposto dalla M., la quale ebbe a vedere il passaggio di un liquido trasparente dalla cisterna all’autobotte; l’ A. si rese irreperibile nella immediatezza dei fatti, tanto vero che ad essere arrestato in flagranza fu solo il complice. Pertanto le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.2. In relazione alla doglianza concernente il riconoscimento dell’aggravante del mezzo fraudolento ( art. 625 c.p., n. 2), il giudice di merito l’ha ritenuta sussistente considerato che l’imputato ed il suo complice si erano presentati alla direttrice M. quali incaricati dalla Regione Campania per la pulizia del serbatoio dai liquidi di scarto.

Vero è che la direttrice ha palesato sospetti sulla inattendibilità del loro accredito, tanto vero che non ebbe ad aprire il cancello, ma la condotta dell’imputato pur sempre ha consentito di insinuare un dubbio, tardivamente sciolto, che ha consentito l’inizio ed il protrarsi dell’operazione di prelievo. Pertanto la censura è manifestamente infondata.

3.3. Quanto al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, con coerente e logica motivazione, insindacabile in sede di legittimità, il giudice di merito ha osservato che essendosi il prelievo protratto per un apprezzabile periodo di tempo, non era possibile ritenere che si fosse maturato un danno patrimoniale di speciale tenuità. 3.4. In relazione al motivo di censura attinente alla lamentata mancata applicazione del temperamento sanzionatorio previsto dall’art. 63 c.p., comma 4, in presenza di due aggravanti ad effetto speciale ( art. 625 c.p., n. 2 ed art. 99 c.p., comma 4), va osservato che il giudice di merito, nel determinare la pena, ha fissato quella base in anni 2 di reclusione ed Euro 450 di multa, pertanto ben al di dentro del perimetro fissato dai limiti edittali di cui all’art. 624 c.p.; successivamente ha effettuato l’aumento per la recidiva.

Pertanto da alcun elemento si rileva che abbia violato il disposto del cit. art. 63. 3.5. Quanto al diniego delle attenuanti generiche ed al complessivo trattamento sanzionatorie la Corte di merito ha valutato la negativa personalità dell’imputato emergente dalla gravità dei fatti e dalla recidiva specifica e reiterata (14 condanne per reati contro il patrimonio ed una per associazione per delinquere). La valutazione della Corte di appello, che rinvia per relationem a quella del Tribunale, in quanto coerente e non manifestamente illogica, è insindacabile in questa sede di legittimità.

Alla inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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