T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 29-04-2011, n. 3674 concorrenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 10 marzo 2010, depositato il successivo 25 marzo, A.M.S.B. s.p.a. ha domandato l’annullamento del provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato 10 dicembre 2009, n. 20559, successivamente notificato, con il quale, all’esito del relativo procedimento, è stata ritenuta pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20 e 21, comma 1, lettera b), del codice del consumo, una pratica commerciale posta in essere dalla società, vietandone l’ulteriore diffusione e irrogando alla medesima la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 70.000.

La domanda demolitoria è stata estesa alla comunicazione di avvio del procedimento ed alla comunicazione di conclusione della fase istruttoria.

La pratica commerciale in parola consiste nella diffusione, attraverso la stampa ed il sito internet della società, di messaggi pubblicitari relativi all’A.M.S.B., che evidenziano lo sforzo del professionista nella riduzione delle emissioni dannose connesse alla produzione delle bottiglie in PET.

Avverso l’atto impugnato la società ha dedotto le seguenti censure:

1) violazione degli artt. 20 e 21, comma 1, lettera b), del codice del consumo, d. lgs. n. 206/05 – irragionevolezza manifesta – errore nei presupposti di fatto e di diritto – eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità della motivazione- carenza di motivazione – difetto di istruttoria.

Con la prima doglianza la società contesta la correttezza dei passaggi del processo logico che ha condotto l’Autorità, alla luce della motivazione dell’impugnata delibera, che viene comunque ritenuta estremamente carente, a non ritenere veritiere le affermazioni contenute nella pratica pubblicitaria per cui è causa, sia in relazione alla riduzione della materia prima utilizzata per la produzione delle bottiglie, sia in relazione al risparmio energetico così contenuto, laddove esse trovavano, invece, preciso riscontro in dati di sicura valenza oggettiva prodotti dalla società nel corso del procedimento, che però sono stati dall’Autorità obliati o comunque sottovalutati, in raffronto alla decisiva valenza assunta da elementi irrilevanti o non conferenti.

La società lamenta altresì che siffatto percorso decisionale è stato effettuato senza il ricorso all’ausilio di adeguate competenze tecniche, e fa constare che l’Autorità si è discostata anche dal parere di AGCOM, che correttamente ha escluso profili di possibile scorrettezza della pratica, sulla base della rilevata corrispondenza tra le affermazioni pubblicitarie a investimenti attuati dalla società;

2) violazione degli artt. 12 e 13 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette – carenza di motivazione – difetto di istruttoria.

La società sostiene che è del tutto irragionevole ed illogico che il provvedimento impugnato sia frutto esclusivo del convincimento dell’Autorità, laddove la complessità tecnica della questione non poteva non richiedere l’ausilio di dati conoscitivi di organismi tecnici qualificati, anche tenendo conto della circostanza che l’Autorità era priva di specifica documentazione sulla materia, non avendo mai affrontato precedentemente una fattispecie analoga;

3) violazione dell’art. 27, comma 6 del codice del consumo e dell’art. 16, commi 1, 2 e 3 del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette – carenza di motivazione – difetto di istruttoria.

La società fa constare che il parere dell’AGCOM, che ha escluso la sussistenza di profili di possibile scorrettezza della pratica commerciale considerata, è stato acquisito soltanto all’ultima ora del giorno precedente a quello dell’adozione del provvedimento, ciò che vanifica la ratio delle disposizioni che prescrivono l’acquisizione di detto parere, che, vieppiù, rappresentava l’unica valutazione sulla recettività dei messaggi in parola esterna all’amministrazione procedente. La società lamenta inoltre che il provvedimento impugnato non reca alcuna menzione delle motivazioni che supportano la decisione di procedere in difformità dal parere AGCOM;

4) violazione dell’art. 27, commi 9 e 13, del codice del consumo – violazione dell’art. 11 della l. 689/81, nonché dei principi generali vigenti in tema di sanzioni amministrative – carenza di motivazione.

La società sostiene che, nella quantificazione della sanzione irrogata alla società, l’Autorità non ha applicato correttamente i parametri di cui all’art. 11 della l. 689/81.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, costituitasi in resistenza, ha domandato il rigetto del gravame, sostenendone l’infondatezza.

Si è costituita in resistenza anche l’Associazione Avvocati dei Consumatori, soggetto segnalante nei confronti dell’Autorità la presunta scorrettezza della pratica per cui è causa.

Le parti hanno affidato a memoria lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive.

La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 1° dicembre 2010.
Motivi della decisione

1. Si controverte nel presente giudizio in ordine alla legittimità del provvedimento 10 dicembre 2009, n. 20559 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha sanzionato una pratica commerciale posta in essere dalla A.M.S.B. s.p.a., consistente nella diffusione, attraverso la stampa ed il sito internet della società, di messaggi pubblicitari relativi all’A.M.S.B., che evidenziano lo sforzo del professionista nella riduzione delle emissioni dannose connesse alla produzione delle bottiglie in PET.

In particolare, con il gravato provvedimento l’Autorità ha ritenuto la scorrettezza della pratica in parola, ai sensi degli artt. 20 e 21, comma 1, lettera b), del codice del consumo, ne ha vietato l’ulteriore diffusione e ha irrogato alla società la sanzione amministrativa pecuniaria di Euro 70.000,00.

2. Il primo motivo di ricorso (violazione degli artt. 20 e 21, comma 1, lettera b), del codice del consumo, d. lgs. n. 206/05 – irragionevolezza manifesta – errore nei presupposti di fatto e di diritto – eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità della motivazione- carenza di motivazione – difetto di istruttoria), di carattere assorbente ogni altra censura pure dalla società indirizzata avverso il provvedimento, è fondato.

3. Nella dinamica espositiva e logica delle pratiche commerciali prese in considerazione dall’Autorità della concorrenza e del mercato nel procedimento per cui è causa, assume prioritaria rilevanza l’affermazione della società di aver ridotto progressivamente, nel corso degli anni a partire dal 1983, il peso delle bottiglie contenenti l’A.M.S.B..

Da tale assunto, scaturiscono, infatti, tutti i vanti prestazionali che le pubblicità in parola hanno riferito al prodotto, in relazione alla ecologicità dello stesso, ovvero alla riduzione degli effetti dannosi per l’ambiente determinati dalla produzione delle bottiglie in PET (polietilene tereflatato), e ciò sia sotto il profilo della sua miglior compatibilità ambientale e del minor consumo di energia, sia sotto il profilo delle qualità positive per ciò stesse riferite alla società, e che sono riassunti nelle affermazioni quali "ecofriendly", "S.B., The Energy Saving Company", "meno plastica, più energia e più amore per l’ambiente", "Plastica+Natura", "risultato frutto di costanti investimenti in ricerca che dal 1983 hanno permesso di ridurre almeno del 30% la quantità di plastica impiegata e quindi di contenere il consumo di energia…equivalente alla CO2 fissata da 16.000 ettari di nuovo bosco impiantato" o all’illuminazione di "un paese di 10.000 abitanti per un anno intero".

Ne consegue che, ai fini dello scrutinio di legittimità dell’atto impugnato, primario riguardo deve essere riservato agli elementi in forza dei quali l’Autorità ha escluso che la documentazione prodotta dalla società nel corso del procedimento fosse idonea a dimostrare la vantata progressiva riduzione, nella misura considerata, del peso delle proprie bottiglie.

Sul punto, alla luce dei consueti canoni che regolano la formazione e l’esternazione delle decisioni amministrative, e segnatamente di quelle connesse all’esercizio del potere sanzionatorio, osserva il Collegio che il provvedimento non presenta un sufficiente grado né di chiarezza nè di completezza.

4. Va innanzitutto rilevato che la società ricorrente riferisce di aver prodotto nel corso del procedimento idonea documentazione, proveniente da elaborazioni dei propri uffici tecnici, attestante la veridicità del vanto prestazionale speso nelle pratiche, inerente la riduzione del 30% della quantità di plastica delle bottiglie considerate, e lamenta che l’Autorità ha ignorato tale documentazione, sol perché proveniente dall’interessato, e senza neanche esperire, in proposito, un qualche riscontro istruttorio tecnico, che si rendeva fattibile in considerazione della dimostrabilità oggettiva del dato, di carattere empirico.

La doglianza trova piena conferma nell’atto impugnato.

4.1. Al par. 21 del provvedimento sanzionatorio, infatti, l’Autorità espone che nel corso del procedimento la società ha prodotto un documento consistente in una tabella excel in cui è comparato il peso della bottiglia di acqua minerale naturale S.B. nei formati da 2, 1,5 e 0,5 l. dal 1994 in poi, corredata da una lista riportante le specifiche (tra cui il peso) dei diversi formati di bottiglie utilizzate per le varie linee dei prodotti, corredata da una colonna contenente un’elaborazione effettuata dagli uffici per calcolare la riduzione percentuale di peso delle bottiglie.

Orbene, le motivazioni in forza delle quali l’Autorità è pervenuta alla decisone di non conferire rilevanza a tale documentazione non risultano persuasive.

L’Autorità, infatti, rileva sul punto, al par. 22, che le descritte allegazioni difensive sono documenti di provenienza interna, non accompagnati da relazioni, studi od approfondimenti, che spieghino, da un lato, quali dati la società avesse preso in considerazione e per quali ragioni, e, dall’altro, le elaborazioni effettuate e i conseguenti risultati, rilevando in particolare, che nessuna certificazione o verifica da parte di un ente terzo era stata prodotta, come pure richiesto dall’Autorità.

Orbene, siffatta motivazione involve, al contempo, in vari vizi della funzione, rappresentati dall’errore nei presupposti di fatto, dalla carenza di motivazione e dal difetto di istruttoria.

In particolare, le ridette considerazioni formulate dall’Autorità, laddove conferiscono primaria rilevanza alla provenienza della documentazione, rappresentano in realtà non una motivazione inerente la oggettiva insuscettibilità della documentazione stessa ai fini di una valutazione favorevole alla società, bensì esclusivamente una mera presa d’atto di una circostanza che è, invece, neutra, rispetto alla valutazione da operarsi circa l’attendibilità dei dati in essa contenuti.

E’, infatti, di tutta evidenza che l’inattendibilità di un documento non può desumersi, con il grado di certezza richiesto dall’accertamento di una violazione da parte del professionista dei doveri di correttezza da osservarsi nelle pratiche commerciali, dalla sola circostanza che esso provenga dall’interessato, né la sanzione correlata alla scorrettezza di una pratica commerciale, che, come tutte le sanzioni, presuppone l’effettività della violazione, può essere comminata sol perché l’interessato non ha corrisposto compiutamente ad una richiesta dell’amministrazione procedente.

Infatti, se anche è vero che l’accertamento preordinato all’irrogazione della sanzione, ovvero l’integrazione della certezza (rispetto alla fase di avvio del procedimento) in ordine alla valutazione della antigiuridicità del comportamento oggetto di istruttoria, può formarsi anche per effetto di elementi indiziari, di carattere univoco e concludente, e che tra detti elementi può rientrare anche l’atteggiamento serbato dall’interessato nel corrispondere ad una richiesta dell’amministrazione procedente, è altresì vero che il ricorso a siffatto mezzo di prova, oltre a richiedere la sussistenza agli atti di più di un elemento di apprezzamento, ha carattere residuale, e necessita, quindi, che l’amministrazione non abbia alcuna possibilità di acquisire autonomamente elementi oggettivi, mediante il ricorso agli ampi mezzi istruttori di cui dispone.

E ciò soprattutto qualora tali mezzi non si profilino particolarmente complessi, potendo consistere in un ampio ventaglio di acclaramenti istruttori, a partire dalla richiesta di informazioni integrative da rivolgere direttamente all’interessato.

Invero, diversamente opinando, tenendo conto che trattasi dell’accertamento del presupposto di fatto della sanzione, e che detto presupposto consiste in un comportamento commissivo della società, si invererebbe una inammissibile inversione dell’onere della prova,.

L’Autorità ha, invece, ritenuto di non conferire valenza alle dimostrazioni tecniche prodotte dall’interessato, senza neanche esperire al riguardo una qualche autonoma istruttoria, e senza che nessun elemento autorizzi a ritenere che un’istruttoria fosse, nella specie, non disponibile, neanche sotto il profilo di una ulteriore richiesta di chiarimenti nei confronti della società.

Vieppiù, anche l’esame delle ulteriori considerazioni esternate nello stesso paragrafo conforta la conclusione dell’illegittimità di un siffatto percorso logico.

Proseguendo, infatti, nella lettura del par. 22 del provvedimento, è dato rilevare che l’Autorità ha ritenuto che i dati contenuti nei due sopra indicati documenti fossero di non facile lettura e confronto.

Peraltro, nonostante tale premessa, ha pur tuttavia ritenuto che essi non fossero tra loro coerenti, mettendo in rilievo le contraddizioni rilevate nel prosieguo, e pur riferendo che la "vantata diminuzione di almeno il 30 % della plastica utilizzata (sia, ndr) apparentemente desumibile in base ai dati della tabella 1".

E allora a maggior ragione è condivisibile l’affermazione ricorsuale che l’Autorità è incorsa in un palese errore di metodo quando, senza esperire alcuna ulteriore istruttoria, ha autonomamente desunto, dalla mera mancata trasmissione di documentazione e di studi teorici non provenienti dall’interessato e dalla non immediata comprensibilità di alcuni dati, la non veridicità dell’asserzione della società di aver via via, nel tempo, diminuito il peso delle bottiglie, asserzione che, pure, risultava evidente alla stessa Autorità nell’ambito di parte della documentazione già acquisita in atti.

Al riguardo, non pare superfluo riferire che la ricorrente ha chiarito che la contraddittorietà rilevata dall’Autorità è conseguente alla circostanza che i dati forniti rappresentavano due distinti momenti del processo produttivo (1. dati a consuntivo, con i pesi effettivi delle bottiglie prodotte di anno in anno, che confermano la correttezza del vanto; 2. dati della funzione ricerca e sviluppo, riferiti ai prototipi realizzati prima del rilascio del progetto definitivo, ovvero prove migliorabili nella realizzazione operativa del progetto), e che essa era solo apparente, poiché facilmente superabile laddove l’Autorità avesse ritenuto di formulare richiesta di chiarimenti, al fine di garantire la completezza dell’istruttoria.

4.2. Il Collegio deve convenire con la società ricorrente anche laddove afferma che l’Autorità, nel ritenere incompleti gli stessi dati (par. 24), ha ingiustificatamente valorizzato la circostanza che la società non è stata in grado di fornirli a partire dal 1983.

La società rappresenta, al riguardo, e plausibilmente, che l’omissione è conseguente alla mancata conservazione dei dati risalenti nei propri sistemi informatici, e di aver fatto, tuttavia, riferimento a tale anno nelle pratiche commerciali di cui trattasi, in quanto esso ha rappresentato il momento di inizio di riduzione del peso delle bottiglie, mediante l’acquisto di macchinari produttivi tecnologicamente all’avanguardia, che hanno consentito il perseguimento progressivo dell’obiettivo di riduzione del peso delle bottiglie.

Sul punto, il Collegio può limitarsi a condividere il parere endoprocedimentale espresso con delibera n. 682/09/Cons dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, richiesta di parere stante l’avvenuta diffusione dei messaggi pubblicitari a mezzo stampa, da cui si è immotivatamente discostata l’Autorità precedente, che ha escluso profili di possibile scorrettezza della pratica, anche sulla base della rilevata corrispondenza tra quanto contenuto nelle affermazioni pubblicitarie e gli investimenti attuati dalla società (pag. 5).

E’ bene anche riferire che, nello stesso parere, l’AGCOM sottolineava altresì che l’accreditamento del professionista in parola come "Energy Saving/Service Company", utilizzato in senso atecnico, al solo fine di lasciar intendere la particolare sensibilità ecologica dell’operatore pubblicitario, rispetto alle reali qualifiche del professionista, non risulta mendace o in grado di falsare sensibilmente ovvero sovradimensionare il suo campo di attività, eppertanto non risulta in grado di orientare indebitamente le scelte del consumatore medio.

Infine, deve ancora convenirsi con la ricorrente quando afferma che è del tutto inconferente il richiamo provvedimentale operato dall’Autorità all’invito rivolto dal Consiglio dell’Unione europea agli Stati membri di implementare la direttiva sulle pratiche commerciali scorrette con riguardo ai claim ambientali (par. 47), sollecitazione che non può evidentemente ridondare, nel procedimento di irrogazioni delle sanzioni relative alle pratiche commerciali scorrette, nella recessività delle prerogative difensive dei professionisti ovvero nell’immotivato aggravamento dei loro oneri probatori.

5. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere accolto, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento dell’impugnato provvedimento sanzionatorio n. 20559 del 10 dicembre 2009 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

La novità della questione rende tuttavia equa la compensazione delle spese di lite tra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie, disponendo, per l’effetto, l’annullamento dell’impugnato provvedimento sanzionatorio n. 20559 del 10 dicembre 2009 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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